Senza generalizzare, per carità, ma a Trieste sembra prevalere la constatazione che, vuoi l’utenza prevalentemente anziana, vuoi linguaggi amministrativi spesso poco comprensibili, chi esce da un ufficio pubblico se ne torna a casa spesso col mal di testa e senza aver concluso nulla.
Friuli Venezia Giulia
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Giostra di storie: i tassisti e la quotidianità dei triestini
I tassisti sono la spia di una città, dal proprio taxi, una sorta di porto franco degli umori e dei pensieri della gente, vivono storie raccontate in maniera diretta, senza filtri.
Il precariato che uccide: la struggente lettera di Michele, l'udinese che si è tolto la vita
Su espressa volontà dei genitori ("nostro figlio ucciso dal precariato") pubblichiamo anche noi qui di seguito la versione integrale della lettera di Michele, il trentenne di Udine che si è suicidato alla fine di gennaio.
Disponibilità, umiltà, serietà: il mestiere del Vigile del Fuoco
A Trieste operano circa 250 Vigili del Fuoco. Loro la paura non la conoscono, dinnanzi ad un incendio o a situazioni di pericolo estremo sanno solo che devono agire con coraggio e determinazione per mettere in salvo chi sta rischiando la vita.
Trasporto pubblico a Trieste: il rapporto tra passeggeri e autisti
Partiamo innanzitutto con il dire che per un conducente della Trieste Trasporti il passeggero modello è colui che sale sull’autobus munito di biglietto, diligentemente obliterato, o di abbonamento nelle sue diverse tipologie. Questo il primo importante requisito, seguito dal senso civico che in ognuno di noi dovrebbe sempre regnare sovrano. Un conducente di autobus spera di non doversi mai imbattere in un passeggero che danneggia i finestrini piuttosto che i sedili imbrattandoli con scritte colorate che potrebbero sporcare gli abiti del malcapitato di turno. In questo caso il regolamento di vettura parla chiaro: il passeggero colto in flagrante dal conducente o dal controllore, si vedrà addebitare il danno previa chiamata al centro radio che in casi estremi può far intervenire anche le forze dell’ordine.
Tra le primissime regole di un passeggero modello vi è il rispetto delle porte adibite all’ingresso e all’uscita, anche perché “salire dall’uscita e scendere dall’entrata”, cattiva abitudine diventata ormai prassi a Trieste, comporterebbe una sanzione amministrativa che, causa il fenomeno incontrollabile, non viene praticamente mai inflitta. “Ma – spiega il capo controllore Fulvio Capparotto – a Trieste si tratta di un vero pericolo specie per gli anziani. In questo i triestini sono molto indisciplinati: apri le porte ed è il marasma. Non rispettando entrate ed uscite le persone si intralciano a vicenda rischiando di cadere, tuttavia il problema è troppo vasto per tenerlo sotto controllo. Esiste a questo proposito una sanzione che va da 15 a 50 euro, ma salvo rarissimi casi in cui non era stato nemmeno timbrato il biglietto, non è mai stata inflitta”.
Il passeggero che ogni controllore e conducente sogna è quello che non trasporta bagagli sopra i limiti previsti, oggetti contundenti o ingombranti che possono infastidire gli altri passeggeri, un utente possibilmente tranquillo e non attaccabrighe, che non indossa abiti imbrattati e che trasporta il proprio animale nell’apposita gabbietta. “È molto pericoloso per noi – spiega il conducente Claudio Schina – se sul bus sale qualcuno con un cane di grossa taglia senza museruola o guinzaglio. È assolutamente vietato ma in quel caso non dobbiamo porci in maniera competitiva, anzi seguire sempre il buon senso”. “Approccio utile – prosegue – anche quando davanti ci troviamo una persona brilla o che da facilmente in escandescenze”. “Tuttavia – ammette il capo controllore – i passeggeri triestini sono abbastanza ligi a bordo del bus”.
Bocconi amari da digerire ogni giorno per i conducenti sono gli stalli occupati dalle macchine. “Serve più controllo da parte della polizia municipale – sottolinea Capparotto – anche se ci rendiamo conto che le fermate sono troppe per essere presidiate tutte”. “Ci capita poi che l’utenza chieda di scendere o salire fuori dallo stallo, magari in prossimità di un semaforo, ma è assolutamente vietato aprire la porte al di fuori della fermata. Il conducente può essere perseguito disciplinarmente perché, anche se solo per fare una cortesia, non tutela la sicurezza dell’utente che rischia di venire investito da un motorino o da una macchina”.
Talvolta un conducente di linea diventa il bersaglio più facile dei malumori dell’utenza, sia dei giovani che degli anziani. “A volte – si giustifica Schina – non capiscono che se parti con qualche minuto di ritardo è solo perché per tre ore di fila non sei riuscito ad andare al bagno o a bere un caffè. Inoltre la gente è subito pronta a puntarti il dito contro, lamentandosi, se il bus non si ferma esattamente davanti alla fermata senza capire che spesso ci manca lo spazio necessario. Mi è capitato di essere in sovrappensiero e di saltare una fermata… me le sono sentite dire di tutti i colori. Non voglio però lamentarmi della clientela triestina. È solo questione di come uno fa il proprio lavoro tornando a casa la sera con la coscienza a posto”. “Certo – aggiunge – non mancano gli utenti stravaganti che sbagliano numero di autobus e se la prendono con noi, ma ogni giorno il conducente deve fare i conti anche con il traffico cittadino, con i pedoni che attraversano selvaggiamente e deve avere mille occhi. Non trasportiamo patate ma persone”.
“C’è pure – rivela l’autista – chi ti attacca bottone parlando per mezz’ora del tempo che fa e noi per cortesia annuiamo”, ma Capparotto incalza dicendo che “sarebbe però vostro dovere rispondere che è vietato parlare al conducente, il quale diventa passibile di una sanzione disciplinare se si mette a chiacchierare mentre è alla guida”. “Ogni conducente – riprende Schina – ha il suo carattere, c’è chi ha più pazienza e chi meno, così come certi cittadini che si svegliano con il piede sbagliato e decidono di prendersela con il conducente del bus. Comunque la sera torno a casa tranquillo perché so che riuscire a far finta di niente in certe situazioni ti salva dagli impicci… tanto delle lamentele se ne occupano uffici appositi della Trieste Trasporti”. Molto ovviamente dipende dal modo con cui un utente si pone. “Se un passeggero – conferma Schina – mi si rivolge educatamente per avere delle informazioni sul tragitto, io rispondo sempre in maniera altrettanto educata. Se il tono è arrogante, invece, vedo di chiudere in fretta la conversazione”.
Qual è il lato più sgradevole del lavoro? “Sgradevole – risponde il conducente – fino ad un certo punto… alzarsi alle 4 del mattino. Non è così semplice ma sai che a mezzogiorno finirai il turno. Non è male bere il primo caffè alle 5 del mattino, ha un sapore diverso da tutti gli altri. Per il resto non posso lamentarmi, ormai gli autobus sono climatizzati e non soffriamo più il caldo d’estate o il freddo in inverno. Riusciamo a berci il nostro caffè e ad andare in bagno durante la pausa al capolinea anche se i tempi sono ristretti e bisogna fare presto per cercare di partire sempre in orario”. “Resta il fatto – conclude Schina – che al di là dell’atteggiamento dei passeggeri a bordo noi abbiamo una responsabilità nei confronti di tutti loro e in caso di tamponamenti o incidenti più gravi, rispondiamo in prima persona rischiando pure di restare senza patente, e questo implica non solo non poter fare il nostro lavoro ma anche non poter guidare nemmeno l’auto privata dal momento che non è prevista per la nostra categoria una patente professionale”.
Elisabetta Batic
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Olio d’oliva: la qualità sotto casa
La produzione locale di olio extravergine di oliva, di antica tradizione, negli ultimi anni sembra esser stata riscoperta, tanto che sempre più coltivatori stanno sostituendo la vite con piantagioni di ulivo. “Tra i motivi, anche se questo – commenta un produttore – è solo un mio modesto parere, vi è pure il fatto che negli ultimi anni è stata riscontrata una graduale diminuzione del consumo di vino, anche a causa delle restrizioni del Codice della strada. L’olio invece è un prodotto sano e lo usano tutti. Tuttavia, diversamente dalla vite, comporta un gran rischio: la pianta infatti è più delicata, e condizioni climatiche sfavorevoli possono danneggiare l’intero raccolto”.
Olio di qualità e, in molti casi, quasi biologico (anche se per esser dichiarato tale deve essere certificato). “Il fatto che quest’anno non si sia presentato il problema della mosca dell’oliva – riferiscono alcuni olivicoltori – implica che non sono stati utilizzati prodotti per contrastarla; di conseguenza si può dire che gran parte delle piante è stata coltivata in modo pressoché naturale”.
I comuni di Trieste, Muggia e San Dorligo della Valle sono le aree del nostro territorio dove si concentra la maggior parte degli ulivi, per un totale di 120 ettari e, secondo i più recenti dati disponibili, una produzione pari a 4.500 quintali di olive all’anno, quindi circa oltre 56mila litri d’olio. “Anche se – spiega Paolo Parmegiani, agronomo – un nuovo censimento dell’agricoltura è appena partito, e quindi i dati aggiornati saranno disponibili solo in un secondo momento”.
I rimanenti 280 ettari coltivati a olivo del Friuli Venezia Giulia sono spartiti soprattutto tra le aree del cividalese e del pordenonese. “In Friuli – afferma Parmegiani – questo tipo di coltivazione è ancora molto giovane. Quindi, considerando che la pianta comincia a rendere appena dopo i primi dieci anni e che alcuni impianti sono nuovi, si prevede che in futuro la produzione dell’olio friulano sarà nettamente superiore a quella della provincia di Trieste”. “A testimoniare la costante crescita dell’olivicoltura – racconta Gioacchino Fior Rosso, che gestisce assieme alla moglie un oliveto ad Aquilinia – è pure il numero di frantoi presenti sul territorio messi a disposizione dei singoli produttori per la spremitura. Accanto a quelli di Bagnoli della Rosandra e via Travnik ne sono stati aperti altri due: uno nella località di San Bartolomeo e uno a Cerei”.
Bianchera è la principale varietà di olivo coltivata dalle nostre parti. Si tratta di una pianta autoctona, oggi sfruttata pure nel resto della regione accanto ad alcune varietà toscane o, in alcuni casi, pugliesi. A contraddistinguerla, oltre alle foglie lunghe e ad elica che consentono alla bora di attraversare i rami senza strapparli, anche l’olio che se ne ricava, dal gusto forte, piuttosto amaro e piccante, perché ricco di polifenoli.
Ma come nasce l’olio? Siamo andati alla Società cooperativa Agricola di Trieste – Tržaska Kmetijska Zadruga, in via Travnik, a dare un’occhiata. Originariamente ubicato a Bagnoli della Rosandra, il frantoio venne spostato tra gli anni ’80-’90 nella sede attuale, dotandolo delle apparecchiature necessarie per la spremitura a freddo, che deve avvenire rigorosamente al di sotto dei 27 °C. Dopo esser state lavate e sfogliate, le olive vengono macinate (molitura); la pasta risultante finisce in una vasca all’interno della quale ruotano delle pale elicoidali. Siamo alla gramolatura, fase durante la quale le particelle dell’olio vengono separate da quelle d’acqua. Dopo la gramolatura c’è la centrifuga, che serve a separare la fase liquida (il cosiddetto mosto d’olio, composto da olio più acqua) da quella solida, cioè la sansa, formata dai residui solidi delle bucce, della polpa, dei semi e dai frammenti dei noccioli. Curiosità: in un secondo momento la sansa può essere utilizzata sia come concime organico sia come combustibile al pari di pellet e simili. Ultima fase del ciclo è rappresentata dal filtraggio a mosto, dove l’acqua viene definitivamente separata, regalando il prodotto finale: l’olio pronto per essere assaggiato. O acquistato sul posto.
“Negli ultimi anni – racconta uno dei gestori della cooperativa Agricola – la cittadinanza ha imparato ad apprezzare l’olio di qualità e a considerarlo un prodotto di pregio cosicché alcuni hanno iniziato a venire da noi o presso altri produttori per comperare dell’olio sfuso da imbottigliare in contenitori sfiziosi da regalare, per esempio, in occasione delle festività natalizie”. Quanto deve costare un buon olio extravergine d’oliva? La risposta accomuna tutti gli esperti: “Non meno di 9 euro al litro sfuso e non meno di 12 euro al litro in bottiglia”.
Corinna Opara
Il caso dell'Ape...ritivo e di una legge scritta male e interpretata in modo ondivago dalle Autorità
Paese che vai, usanze che trovi si suol dire. Ma se sei in Italia l'usanza in cui prima o poi di certo di imbatterai è quella legata a bizantinismi burocratici e leggi scritte con ogni parte del corpo fuorché quelle preposte.