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Fibrosi cistica: la diagnosi e le cure praticate

 |  Redazione Sconfini

La fibrosi cistica è una grave malattia ereditaria ed evolutiva che colpisce indifferentemente i maschi e le femmine. La malattia è presente sin dalla nascita, anche se i sintomi possono mancare, non si contrae in seguito (non è quindi contagiosa), né si trasmette da un individuo ad un altro.


Considerata una malattia multiorgano, le manifestazioni più frequenti sono a carico dell’apparato digerente, con un quadro di malassorbimento che può coinvolgere l’accrescimento e lo stato nutrizionale, e dell’apparato respiratorio con l’instaurarsi nel tempo di una broncopneumopatia cronica ostruttiva che solitamente condiziona la prognosi. Tuttavia sono possibili coinvolgimenti anche a livello epatico e del pancreas esocrino (diabete).
Nelle persone affette da fibrosi cistica le secrezioni delle ghiandole esocrine (cioè i liquidi biologici come il muco, il sudore, la saliva, lo sperma, i succhi gastrici) sono molto più dense e viscose del normale. I problemi più gravi sono a carico dei polmoni, dove il muco estremamente denso può causare problemi respiratori ed infezioni. Anche i succhi pancreatici sono più densi del normale, causando problemi digestivi. I sintomi e la gravità della malattia variano notevolmente da una persona all’altra: ogni paziente è colpito in modo diverso.
I primi segni di fibrosi cistica possono manifestarsi in qualsiasi momento ma si osservano solitamente nei primi due anni di vita del bambino. Si potrebbe sospettarne la presenza osservando questi segni: tosse frequente e per periodi protratti, anche con produzione di muco denso; frequenti malattie simili alla polmonite o alla bronchite; mancanza di crescita o diminuzione di peso nonostante un appetito normale (o anche aumentato); problemi intestinali (diarrea, feci voluminose o con unto, addome voluminoso e dolente); blocco intestinale nel neonato. Una minoranza di pazienti (circa il 17%) manifesta entro le prime 24 ore di vita un’ostruzione intestinale (detta ileo da meconio) caratterizzata da iperdistensione addominale e vomito. Un’altra caratteristica dei bambini affetti da fibrosi cistica è il loro sudore, che è molto salato: anche il sudore normale è salato, ma quello dei bambini con fibrosi cistica lo è in modo particolare. I genitori spesso se ne accorgono baciando il bambino o notando cristalli bianchi di sale sulla pelle.
I sintomi respiratori sono una costante in tutti i pazienti affetti da tale malattia e sono quelli che provocano le conseguenze più gravi. Il primo sintomo è la tosse, che diventa persistente e può causare un espettorato viscoso, purulento, che spesso assume un colorito verdastro se sussiste sovrainfezione da Pseudomonas. A periodi di stabilità clinica si alternano periodi di peggioramento, con aumento della tosse, perdita di peso e deficit della funzione polmonare. Le infezioni polmonari sono la principale causa di decesso nei pazienti affetti da fibrosi cistica. Oltre all’ileo da meconio neonatale, le conseguenze più gravi sono l’insufficienza pancreatica (nell’80-90% dei casi), il malassorbimento delle proteine e dei grassi e, in alcuni casi, danni al fegato con fibrosi o accumulo di grassi (steatosi). Questo quadro è causato dall’eccessiva densità dei succhi digestivi secreti dal pancreas (che è una grossa ghiandola) e della bile (prodotta dal fegato). L’eccessiva densità di questi liquidi non di rado causa l’ostruzione dei dotti che dal pancreas o dal fegato arrivano all’intestino. Nei due sessi è comune un inizio ritardato della pubertà, spesso in conseguenza ai problemi polmonari ed al malassorbimento degli alimenti. Infine, i pazienti affetti sono scarsamente fertili, a causa dell’eccessiva densità del liquido spermatico e delle secrezioni vaginali. La fibrosi cistica però non influisce sulle capacità intellettive.
Per il momento, per questa malattia non esiste una cura radicale, cioè che elimini la malattia stessa, ma vi sono cure efficaci per contenerne le manifestazioni, controllando le infezioni polmonari, fornendo un’alimentazione adeguata e prevenendo l’ostruzione intestinale. Le cure praticate, che variano da soggetto a soggetto, si possono riassumere in: manovre capaci di stimolare la rimozione delle secrezioni bronchiali (fisioterapia respiratoria); antibiotici per curare le infezioni respiratorie; somministrazione di enzimi pancreatici per favorire la digestione e l’assorbimento dei cibi in quei pazienti che hanno un coinvolgimento del pancreas. Le cure prolungano notevolmente l’aspettativa di vita e ne migliorano la qualità (ad esse si deve aggiungere oggi anche la possibilità del trapianto di polmoni), anche perché la pratica dello screening neonatale e la possibilità di identificare le mutazioni del gene CFTR hanno permesso di individuare forme cliniche a scarsa sintomatologia e a prognosi migliore, fino a forme quasi asintomatiche.
Una terapia importante è la fisioterapia respiratoria (Physical Chest Therapy, PCT), che facilita la rimozione del muco dai bronchi e può essere praticata anche dai genitori dei bambini, opportunamente addestrati. Il controllo delle infezioni polmonari si basa principalmente sull’uso di antibiotici e antinfiammatori, mentre l’insufficienza pancreatica e il malassorbimento vengono trattati somministrando estratti pancreatici e vitamine liposolubili. Generalmente, ai pazienti si consiglia una dieta ipercalorica per sopperire al malassorbimento degli alimenti. Nei casi più gravi si ricorre al trapianto di polmoni, che però, oltre alla carenza di organi disponibili, è ben lontano da costituire una soluzione a lungo termine.


 I test per la diagnosi

L’insufficienza pancreatica può essere evidenziata alla nascita analizzando la quantità di un enzima (lattasi) presente nelle prime feci emesse (meconio). La lattasi è un enzima digestivo normalmente prodotto dal pancreas e generalmente è presente in quantità notevolmente ridotta nei lattanti affetti da fibrosi cistica.
Un altro esame, che si effettua sul sangue, è quello che rileva la presenza di tripsina, un altro enzima digestivo prodotto dal pancreas. In questo caso, la presenza di tripsina nel sangue indica un danno pancreatico e può portare a sospettare la fibrosi cistica. In alcune regioni italiane questi due esami vengono eseguiti di routine su tutti i neonati.
Per bambini ed adulti il test più usato è il test del sudore, che viene anche usato per confermare la diagnosi nel caso di positività al test neonatale. Si tratta di una procedura che viene effettuata nei centri specializzati: consente di porre la diagnosi di fibrosi cistica attraverso la misurazione del cloro e del sodio presenti nel sudore, sempre elevati nei pazienti con fibrosi cistica. L’esame dura circa 40 minuti, è indolore, non richiede alcuna preparazione e può essere effettuato a partire dal 40° giorno di vita.
Un altro test è l’analisi genetica, che permette di evidenziare l’eventuale alterazione del Dna, ed offre un’accuratezza diagnostica pari a circa l’85%.

BOX: La genetica della fibrosi cistica

La malattia si riscontra nei soggetti che hanno ereditato due geni della fibrosi cistica, uno da ciascun genitore. Coloro che presentano solo una copia del gene sono detti “portatori del gene fibrosi cistica” e sono perfettamente sani. Un bambino affetto da fibrosi cistica può nascere solo quando entrambi i genitori sono “portatori” di un gene della fibrosi cistica.
Il gene responsabile della malattia è stato identificato ed è localizzato sul cromosoma 7. Il gene codifica per una proteina chiamata CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane Regulator). La proteina CFTR ha un ruolo importante nel regolare la quantità di cloro che viene secreto insieme ai liquidi biologici. Nei pazienti affetti da fibrosi cistica il gene della CFTR è alterato, in genere a causa di mutazioni puntiformi. Queste alterazioni fanno sì che la proteina non venga più prodotta, o che sia prodotta ma in una forma non funzionale. A causa del deficit della proteina, le secrezioni contengono una scarsa quantità di acqua e di sali, che ne modifica drasticamente le proprietà.
Attualmente sono state descritte circa 720 diverse mutazioni nei pazienti affetti da fibrosi cistica. Alcune di queste mutazioni sono più comuni, altre più rare ma negli individui malati entrambe le copie del gene per la CFTR sono alterate. Il paziente con fibrosi cistica eredita da entrambi i genitori, portatori sani, le rispettive mutazioni. In ogni portatore è presente una sola mutazione. Gli individui che possiedono una copia del gene alterato ed una copia normale sono privi di ogni sintomo, ma sono portatori sani. I bambini malati di fibrosi cistica potranno nascere solo se entrambi i genitori sono portatori sani: due genitori portatori sani avranno ad ogni gravidanza una probabilità del 25% di avere figli affetti da tale patologia, una probabilità del 50% di avere figli portatori sani, una probabilità del 25% di avere figli sani non portatori.
L’unico modo per identificare i portatori sani è di effettuare un’analisi del Dna alla ricerca di mutazioni nel gene del CFTR. L’analisi però è complicata dal fatto che esistono almeno 720 diverse mutazioni che causano la fibrosi cistica, e oggi è impossibile eseguire un test per ognuna di esse. Generalmente quindi il test viene eseguito tenendo conto di 10-30 mutazioni, scelte fra le più frequenti nell’area geografica in questione e che nel complesso permettono di identificare fra l’85% ed il 90% dei portatori. Chi risulta negativo al test deve quindi sapere che ha una certa probabilità (il 10-15%) di essere comunque un portatore. Nelle famiglie a rischio, cioè tra i consanguinei dei pazienti affetti dalla fibrosi cistica, si può anche esaminare la presenza di geni che vengono ereditati insieme al gene CFTR, e che permettono di identificare i portatori in modo accurato, spesso con una probabilità del 100%.


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