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Vaccini sotto l’albero: virus, la lunga marcia è appena iniziata

 |  Redazione Sconfini

In fatto di pandemia, influenza suina e allarme giustificato si è già detto molto. Pochi sono i dubbi che rimangono insoluti sulle caratteristiche di quest’influenza che si va a sommare con quella stagionale. Sono le imprevedibilità delle mutazioni a cui ogni virus può andare incontro che incrementano le perplessità. Le massime organizzazioni e istituzioni a cui far riferimento sono: Who-Oms o Organizzazione mondiale della sanità, Emea o Agenzia europea per i medicinali, e il Ministero della Salute. Sono le fonti credibili da cui acquisire quelle informazioni su virus e misure efficaci per far fronte alla pandemia, perché ognuno sia informato e consapevole sulle scelte profilattiche proposte e adottabili.


E su questo punto si sono scatenate le polemiche, i dubbi. La vaccinazione proposta, da scelta volontaria ha assunto i contorni della scommessa, del colossale business orchestrato da Big Pharma per realizzare enormi profitti: il vaccino e l’indotto riguardano i sani e come tale sarebbe l’affare del futuro! Ma se del vaccino sono garantiti sicurezza ed efficacia, l’evidenza del rapporto efficacia/rischi deve rendere sereni tutti. Così non è.
Ripercorriamo i fatti: per cercare non di convincere o scoraggiare ma per fornire una traccia per continuare a informarsi. Si parla di pandemia, il che significa rapida diffusione mondiale, non gravità della malattia. L’influenza pandemica si sviluppa sporadicamente ed imprevedibilmente, infatti il quadro clinico è sfumato e non ha le caratteristiche di una malattia grave. È però molto diffusiva e se durante un’epidemia stagionale il tasso di attacco è di 1:10, in corso di pandemia può essere di 4:10.


A partire dal 24 aprile 2009 l’Oms ha segnalato che in diversi Paesi, in particolare Messico e Stati Uniti, si erano verificati numerosi casi di infezione nell’uomo causati da un virus A(H1N1) contenente sequenze geniche di suino. In pochi mesi il livello di allerta è stato portato dal livello 3 a 6 (pandemia), che è il livello massimo possibile. Per questo motivo l’Oms ha, immediatamente, raccomandato a tutti i Paesi di mettere a punto un Piano pandemico e di aggiornarlo costantemente seguendo linee guida concordate. Per fronteggiare questo evento in modo coordinato ed efficace, è stato elaborato anche a livello locale un Piano pandemico del Friuli Venezia Giulia (“Strategie e misure di preparazione e risposta a una pandemia influenzale”) che fornisce le linee guida regionali di risposta a una pandemia e rappresenta il documento di riferimento per la preparazione dei piani operativi aziendali.


Il Ministero della Salute italiano ha adottato come vaccino (dei tre disponibili ed approvati dall’Emea) il Focetria: sono state commissionate, con un accordo firmato ad agosto 2009 dal ministero della Salute e dalla ditta produttrice Novartis, 24 milioni di dosi che saranno fornite entro marzo 2010! Chi si vaccinerà a marzo 2010? La vaccinazione per le categorie a rischio, e poi via via in forma volontaria, è iniziata il 13 novembre 2009. Il picco di contagio era previsto dal 18 dicembre 2009 a gennaio 2010, ma c’è stato un picco a novembre non previsto che ha colto impreparati e ovviamente non vaccinati molti italiani. Le regioni, in particolare, sono state sollecitate a vaccinare con la maggiore rapidità le donne al secondo e terzo trimestre di gravidanza e i soggetti dai 6 mesi ai 64 anni appartenenti alle categorie a rischio per patologie preesistenti, con priorità assoluta per i bambini appartenenti a tali categorie. Altro dato degno di nota: nel contratto di fornitura è omissis il costo della fornitura, ma è ben chiaro che per la ditta produttrice non è previsto nessun addebito se non dovesse fornire nei tempi previsti le dosi di vaccino.


Sull’uso del vaccino contro l’H1N1 si sono formate opposte fazioni che dividono l’opinione pubblica in favorevoli e contrari. A destare le preoccupazioni e le perplessità maggiori è l’uso dell’adiuvante MF59 a base di squalene. «Lo squalene – riporta in una nota il Codacons – è un componente di alcuni adiuvanti che vengono aggiunti ai vaccini al fine di incrementare la risposta immunitaria. L’allarmismo maggiore è destato dalle eventuali e possibili conseguenze e controindicazioni che lo squalene potrebbe provocare soprattutto in chi ipotizza una relazione tra i problemi di salute dei veterani della guerra del Golfo e la possibile presenza di squalene nei vaccini che ai soldati sono stati somministrati. I normali tempi di preparazione di un vaccino prevedono diversi anni di ricerca: bisogna isolare il virus, studiarlo, riprodurlo in laboratorio, mutarlo per ottenere la versione depotenziata, produrre il prototipo di vaccino, testarlo sugli animali e infine sugli uomini. Quello utilizzato in Italia è stato prodotto in soli 4 mesi». Per questo il Codacons ha deciso di chiedere al ministero della Salute e all’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) come abbia fatto l’azienda farmaceutica ad avere il tempo di testarlo adeguatamente, e se il fatto che abbia impiegato immuno-adiuvanti come l’alluminio e lo squalene risponda alla richiesta di una vaccinazione così estesa.


Secondo molto esperti, quando si inietta un vaccino nel corpo e soprattutto quando questo lo si combina ad un immuno-adiuvante come lo squalene, il nostro sistema immunitario IgA viene bypassato e il nostro sistema immunitario va su di giri in risposta alla vaccinazione. La differenza tra “squalene buono” e “squalene cattivo” sarebbe la via attraverso la quale entra nel corpo: l’iniezione è una via di ingresso anormale che incita il sistema immunitario ad attaccare tutto lo squalene nel corpo, non solo quello contenuto nel coadiuvante. Il sistema immunitario quindi tenterà di distruggere la molecola ovunque la trovi, inclusi i luoghi dove è naturalmente e dove è vitale per la salute del sistema nervoso. Perché allora introdurre dello squalene nel vaccino? Perché in Europa si è scelto di formulare un vaccino con lo squalene mentre negli USA no? Se lo squalene non ha questa potente azione di stimolo sul sistema immunitario, come farà il vaccino europeo che contiene 7,5 μg (microgrammi) di antigene virale ad eguagliare le prestazioni del vaccino americano che ne contiene 15 μg?


Cosa fare allora? Parlare col proprio medico di fiducia che conosce la nostra storia clinica, decidere consapevolmente soppesando singolarmente rischi e benefici, informarsi costantemente delle evidenze registrate sia sui vaccinati sia sugli influenzati. Al momento l’evidenza clinica permette un cauto ottimismo: infatti la malattia si risolve in 3-4 giorni con un paio di puntate febbrili oltre i 39 gradi e sintomi caratterizzati da stanchezza, tosse, raffreddore e mal di gola.
Poco si discosta, quindi, dall’influenza stagionale, un’infezione comune in Italia, specialmente nel periodo invernale in cui causa epidemie che colpiscono il 5-10% della popolazione. È una malattia respiratoria acuta con sintomi che colpiscono le vie aeree superiori e/o inferiori e sintomi come la febbre, mal di testa, dolori muscolari e malessere generale. Nei gruppi a rischio (anziani, persone con patologie croniche e/o immunodepresse) l’influenza determina un aumento della morbosità e della mortalità. Infatti il numero medio di morti in eccesso nelle ultime epidemie stagionali in Italia è stato di ben 8.000 casi. L’influenza stagionale è attesa come sempre a fine anno e non dovrebbe essere diversa da quella degli anni precedenti.

Come proteggersi dall’influenza

La trasmissione interumana del virus influenzale si può verificare attraverso le gocce di saliva di chi tossisce o starnutisce, ma anche per via indiretta attraverso il contatto con mani contaminate dalle secrezioni respiratorie. Per questo una buona igiene delle mani e delle secrezioni respiratorie è essenziale nel limitare la diffusione dell’influenza. Sono state valutate le evidenze sulle misure di protezione personali utili per ridurre la trasmissione del virus dell’influenza e sono state raccomandate le seguenti azioni:
- lavarsi frequentemente le mani (in assenza di acqua è opportuno usare gel alcolici);
- attuare una buona igiene respiratoria (coprire bocca e naso quando si tossisce e si starnutisce);
- evitare di portare mani non pulite a contatto con occhi, naso e bocca;
- utilizzare fazzoletti monouso;
- isolamento volontario a casa delle persone con malattie respiratorie febbrili specie in fase iniziale;
- aerare regolarmente le stanze di soggiorno;
- uso di mascherina da parte delle persone con sintomatologia influenzale in ambiente sanitario.
Sono inoltre utili le cosiddette misure di distanziamento sociale nella comunità. Partendo dal principio che il virus influenzale si trasmette attraverso il contatto tra persone, le misure di prevenzione devono concentrarsi anche sulla riduzione dei contatti ravvicinati, perché le occasioni di assembramento favoriscono la diffusione dell’influenza.

MISURE IGIENICHE E COMPORTAMENTALI DA ADOTTARE A SCUOLA

Oltre alle consuete misure igieniche inerenti l’igiene delle mani e la corretta gestione delle secrezioni respiratorie, nelle scuole è inoltre opportuno (circolare Gelmini del 18/09/2009): effettuare una costante pulizia ordinaria, con i normali prodotti comunemente in uso, delle superfici e suppellettili che sono a contatto con le mani (banchi, sedie, lavagne, dispostivi elettronici utilizzati come video-proiettori e computer); non consumare cibi e bevande già assaggiate da altri, o da confezioni non integre; non mangiare utilizzando le posate di altri; non portare alla bocca penne, gomme, matite ed altro materiale di uso scolastico e/o comune; aerare le aule e gli ambienti regolarmente durante l’intervallo e dopo la fine di tutte le attività scolastiche quotidiane.


È importante sottolineare che gli studenti e il personale scolastico che manifestino febbre o una sindrome simil-influenzale debbano responsabilmente rimanere a casa nel proprio ed altrui interesse, ed è consigliabile contattare il proprio medico o pediatra di famiglia, quando i sintomi persistono o si aggravano. I vantaggi di tale misura sono: evitare l’insorgenza di complicanze dell’influenza per la persona che ne è affetta; evitare di contagiare altre persone (tra cui persone che appartengono a categorie a rischio di sviluppare gravi sequele); limitare e/o circoscrivere il diffondersi dell’evento morboso.
La riammissione alla vita di comunità è consigliabile dopo 48 ore, e comunque non prima di 24 ore dalla scomparsa della febbre, salvo diversa indicazione da parte del medico. Tale periodo, tuttavia, varia a seconda del quadro clinico e della scomparsa della febbre. Poiché è stato evidenziato, tramite test di laboratorio, che i bambini in particolare possono eliminare, attraverso le secrezioni respiratorie, il virus influenzale oltre le 24 ore dalla scomparsa della febbre, seppure con frequenza minore rispetto agli individui febbrili, è raccomandata comunque, al ritorno a scuola, la corretta applicazione della gestione delle secrezioni respiratorie e l’igiene delle mani, per limitare il più possibile il contagio di persone appartenenti alle categorie a rischio.

foto: Freestocks


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