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Celiachia: una dieta rigorosa

 |  Redazione Sconfini

 

Poco conosciuta dalla gran parte delle persone, la celiachia, ossia l’intolleranza permanente al glutine, è una malattia che in Italia coinvolge un soggetto ogni 100/150 persone. Secondo

l’Associazione Italiana Celiachia potenzialmente i celiaci nel nostro Paese sarebbero 400.000, anche se al momento sono stati diagnosticati solo 35.000 casi. Ogni anno vengono effettuate 5.000 nuove diagnosi, e sempre ogni anno nascono 2.800 nuovi celiaci, con un incremento del 9%. Per curare la celiachia, attualmente, occorre escludere dalla dieta alcuni degli alimenti più comuni, quali pane, pasta, biscotti, pizza e birra, ma anche eliminare le più piccole tracce di farina da ogni piatto poiché il glutine è una sostanza proteica presente in avena, frumento, farro, kamut, orzo, segale, spelta e triticale. Ciò implica un forte impegno d’educazione alimentare. La dieta senza glutine, condotta con rigore, è l’unica terapia che garantisce al celiaco un perfetto stato di salute. Per approfondire l’argomento abbiamo incontrato Rossella Paniccià Calzi, presidente regionale dell’Associazione Italiana Celiachia – Friuli Venezia Giulia.

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Cosa comporta l’essere affetto da celiachia nella vita di tutti i giorni?

"La celiachia non comporta fisicamente nulla, nel senso che un celiaco a dieta è comunque una persona normale sotto tutti i punti di vista. I problemi della celiachia nel quotidiano sono dovuti alle difficoltà che si possono creare nel dover seguire una dieta diversa da quella degli altri. Inoltre, non c’è molta conoscenza sulla celiachia e non esiste un’educazione sull’alimentazione senza glutine. Vi è a tal proposito molta confusione: spesso viene confuso il “senza glutine” con il “senza latte”, o l’allergia con l’intolleranza; questo, quindi, può creare delle difficoltà ad uno che va in un ristorante e dice di voler mangiare senza glutine. Pensiamo ai bambini che vanno a scuola e mangiano nelle mense scolastiche, ma anche agli adulti che per necessità devono mangiare fuori casa nelle mense aziendali od in quelle dell’università: su questo non c’è molta tutela e molta conoscenza. Tutto è lasciato alla libertà di scelta degli Enti locali, e spesso chi gestisce la ristorazione collettiva può scegliere se servire il “senza glutine” o meno. Generalmente i Comuni inseriscono nei capitolati l’obbligo di servire il “senza glutine”, in particolare per quanto riguarda la scuola dell’obbligo; ma è diverso per le mense universitarie e quelle aziendali, dove non c’è nessun tipo di tutela".

 

Per dare un’idea pratica delle difficoltà che si possono incontrare, anche la Comunione può risultare problematica per un celiaco?

"Anche l’ostia crea dei problemi perché, comunque, deve essere fatta con una minima parte di amido di frumento. Esiste però, e su questo si è già attivata la Chiesa, un tipo di ostia, proveniente dalla Germania, fatta con una bassissima percentuale di amido di frumento. Attenzione, queste ostie non sono senza glutine, ma il contenuto di glutine è veramente molto basso; e degli esami fatti hanno dimostrato che tale quantità può essere tollerata da un celiaco. Le parrocchie sono state informate in modo che il sacerdote sappia che può distribuire queste ostie, le quali però devono essere tenute in un ciborio a parte".

 

È vero che la celiachia si può palesare in diverse forme?

"Sì, e per questo non sempre vengono fatte delle giuste diagnosi. La celiachia, generalmente, è una patologia a carattere intestinale, nel senso che quando il glutine viene riconosciuto dalle cellule dell’intestino come una cellula estranea al nostro sistema immunitario, quest’ultimo attacca non solo il glutine ma anche le cellule dell’intestino ed i villi intestinali vengono rasati; questa mucosa, quindi, diventa piatta ed il danno principale si ha a livello intestinale. Si ha di conseguenza la diarrea, il mal di pancia, un male assorbimento. In realtà, però, questo è più tipico nel bambino. Generalmente, nell’adulto si può manifestare in modo totalmente diverso e si possono avere dei problemi correlati al mal assorbimento. Una persona che non assorbe, ad esempio, ha l’anemia; ha l’osteoporosi perché non assorbe il calcio; non cresce in altezza ed in peso perché non ha i nutrienti sufficienti; una donna può avere problemi a rimanere incinta, e quindi nella gravidanza o semplicemente nell’età fertile non riesce ad avere bambini perché l’organismo non riuscirebbe a supportare un’altra vita oltre alla propria. Altri problemi possono essere di carattere immunitario. La celiachia, infatti, per definizione è un’intolleranza al glutine geneticamente trasmessa, è una malattia autoimmune in cui l’organismo riconosce come estranee delle cellule e quindi stimola il sistema immunitario; a lungo andare può anche portare ad altre patologie autoimmuni come le tiroiditi ed il diabete".

 

La celiachia, quindi, può manifestarsi in diverse fasce d’età?

"Uno nasce con la celiachia, si tratta di un problema genetico; in seguito, per dei motivi che ancora non sono noti, ad un certo punto la celiachia si palesa. Può manifestarsi nei bambini in maniera brutale (ricordiamoci le crisi celiache in cui uno dimagrisce, ha la diarrea e non cresce), ma può anche manifestarsi in maniera subdola nell’arco di tutta la vita; pertanto, una persona può arrivare a 60-70 anni prima che gli venga diagnosticata la celiachia".

 

In età adulta, quindi, i dottori possono pensare che non si tratti di celiachia, mentre nei bambini si è più propensi a valutare anche questa possibilità…

"Questa è una delle grandi difficoltà. Nei bambini la celiachia viene cercata e considerata, mentre nell’adulto è più difficile che venga valutata perché si pensa che tutto sommato sia una malattia prettamente infantile o che in ogni modo debba avere dei sintomi intestinali. Invece, le casistiche attuali dimostrano che nell’adulto si manifesta in sintomi che sono paraintestinali o extraintestinali. In definitiva, la celiachia non viene considerata nel caso dell’adulto che vive male, che ha l’osteoporosi, che è depresso; spesso questi sintomi sono letti come una cosa dovuta alla stanchezza ed all’età, e non viene valutata come quello che è, cioè una patologia".

 

Quali sono le metodologie che vengono utilizzate per diagnosticare la celiachia?

"Il primo passo per la diagnosi consiste nel valutare gli anticorpi antiendomisio e antitransglutaminasi (diagnosi sierologica). Trovare positivi questi significa certamente essere affetti da celiachia. Il protocollo di adesso per la diagnosi definitiva prevede la biopsia dell’intestino, quindi in endoscopia si preleva una parte dell’intestino tenue, vengono valutati i villi intestinali, si considera che l’intestino sia piatto ma non solo (può essere anche particolarmente infiammato, ci possono essere dei segni tipici della celiachia nell’intestino). È vero anche che ci sono delle diagnosi atipiche: ci possono essere dei casi in cui gli esami sierologici non risultano positivi, ma in realtà la biopsia indica la presenza di un danno alla mucosa intestinale".

 

All’interno di una famiglia ci possono essere più persone soggette alla celiachia?

"La celiachia è una malattia familiare, e quindi all’interno dello stesso gruppo familiare è più facile che ci siano delle persone affette da celiachia. Il gene della celiachia, purtroppo, non è stato ancora riconosciuto. Quando viene fatta una diagnosi di celiachia ad una persona, i familiari sono sottoposti ad uno screening, e se vengono trovati con la genetica della celiachia vengono mantenuti sotto controllo, ossia ogni due anni viene fatto loro l’esame sierologico; se, invece, vengono trovati con la genetica negativa si dice che possono restare tranquilli, a meno che non si manifestino dei sintomi palesi".

 

I celiaci sono tutelati dal Servizio Sanitario?

"Abbiamo diritto all’erogazione di un quantitativo mensile in denaro in base all’età. Fatta la diagnosi, ogni anno andiamo presso la nostra ASL d’appartenenza dove ci vengono rilasciate dodici ricette sulle quali è riportato il quantitativo mensile in denaro che possiamo ottenere; poi andiamo dal farmacista, al quale lasciamo le ricette, e prendiamo i prodotti entro quel limite di spesa".

 

Come si adopera invece l’Associazione?

"L’Associazione Italiana Celiachia del Friuli Venezia Giulia è una onlus, quindi è composta da volontari che operano a sostegno delle persone che affrontano la celiachia. Come abbiamo già detto, vivere con la celiachia non sempre è facile perché è una malattia che non tocca una persona tanto dal punto di vista fisico quanto da quello sociale. Noi cerchiamo di rendere le cose che sembrano socialmente difficili in cose fattibili. Distribuiamo del materiale come libri e giornali, e cerchiamo di fornire sostegno specialmente nel momento della prima diagnosi perché cambiare il proprio stile di vita da un giorno all’altro, con una scarsa conoscenza della celiachia, può risultare traumatico. Ci adoperiamo, inoltre, insieme all’Associazione nazionale, per fare cultura sulla celiachia. Uno dei progetti importanti, per esempio, è quello sulla ristorazione, e consiste nel creare una catena di ristoranti informati sul “senza glutine”: questi sono dei ristoranti, monitorati dai volontari dell’Associazione, che collaborano con noi dando la propria disponibilità ad essere informati sulle problematiche della celiachia".

 

 

Concludendo, possiamo affermare che con la celiachia si può vivere in maniera normale?

"Sono del parere che con la celiachia si possa vivere bene e che i problemi contingenti possono essere superati. La celiachia non è un dramma, sicuramente è un cambio di vita, è un cambio di gestione del quotidiano; però, si può continuare a vivere come prima, come gli altri".

Elena Miserocchi

 

 

 

 

 

 In collaborazione con Help!

 

 


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