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L'incontinenza urinaria

 |  Redazione Sconfini

L’incontinenza urinaria, ovvero la perdita involontaria di urine, è un problema sociale molto diffuso che colpisce indistintamente uomini e donne, creando in alcuni casi anche seri problemi psicologici: questa patologia, infatti, incide su molti settori della vita quotidiana di ciascuno di noi.

Ssiracusano professore incontinenza uomini e donne medicina salute urinai tratta di un fenomeno che colpisce soprattutto la donna ed in minor misura l’uomo. Da uno studio epidemiologico eseguito dal professor Salvatore Siracusano della Clinica Urologica di Trieste, con la collaborazione della A.PRO.CON. (Associazione Progetto Continenza), in merito alla prevalenza dell’incontinenza urinaria femminile della donna in età fertile (dai 19 ai 45 anni) nella città di Trieste è emerso che su 3.850 donne il 20% riferisce almeno uno o più episodi d’incontinenza urinaria nell’arco di un anno. Questo significa che anche in età cosiddetta giovane due su dieci presentano questo tipo di patologia.

Donne

Nelle donne, secondo quanto ci ha spiegato il professor Siracusano, l’incontinenza può essere di due tipi: da urgenza o da sforzo. Nel primo caso, quando cioè lo stimolo minzionale viene avvertito con un’impellenza tale da non riuscire a controllarlo e con la conseguente minzione prima di raggiungere la toilette, la patologia insorge in concomitanza con la caduta di ormoni femminili che avviene in menopausa. Il problema aumenta, quindi, con l’età e raggiunge un picco massimo attorno ai 60-70 anni.

Nel secondo caso, quello cioè da sforzo, l’incontinenza è caratterizzata dalla perdita di urina attraverso l’uretra in occasione di un incremento della pressione intraddominale (colpo di tosse, starnuto, sforzo). In questo caso, la prevalenza è causata da più fattori e tra questi il numero dei parti eseguiti per via vaginale, il peso corporeo e il tipo di lavoro svolto (lavori pesanti con conseguente frequente impiego della pressione intraddominale). In particolare, l’elevato numero di parti determinerebbe, a causa del passaggio del feto attraverso il canale cervicale, uno stiramento delle strutture di sospensione del collo vescicale che con il tempo non sarebbero più in grado di occluderlo al contestuale aumento della pressione intraddominale.

Come si cura?

L’incontinenza femminile ha diverse possibilità di soluzione. Per l’urgenza minzionale e la conseguente incontinenza esistono oggi sul mercato dei farmaci che riducono la contrattilità vescicale e che al contempo, innalzando la soglia di sensibilità al riempimento vescicale, consentono di aumentare la capacità vescicale (farmaci antimuscarinici). Sono compresse orali che hanno un effetto positivo sulla riduzione del problema. In alternativa, frequentemente, viene anche consigliata dagli esperti una terapia di tipo comportamentale relativa alle modificazioni dello stile di vita come, ad esempio, la riduzione dell’introduzione di liquidi che sono causa di urgenza minzionale (tè o caffè).

Diverse le cure, invece, per l’incontinenza da sforzo: secondo quanto riferito dal professor Siracusano, in assenza di evidenti prolassi e quando il problema non è costituito da un’insufficienza sfinterica, si procede al trattamento riabilitativo del piano perineale che consiste in un rinforzo dei muscoli dell’area pelvica, quelli cioè che sostengono gli organi interni. Il trattamento consiste nel compimento di alcuni esercizi fisici, o in alternativa nell’impiego di elettrostimolazioni effettuate a carico del piano perineale.

In caso di un prolasso modesto, invece, oggi la medicina permette di usufruire di una chirurgia vaginale mininvasiva che, grazie all’impiego di recenti tecniche con mini sling applicate con la tecnica del T.O.T. (Trans Obturator Tape) o mediante l’utilizzo del T.V.T. (Tension free Vaginal Tape), consente l’ottenimento di una rapida guarigione dal problema con una dimissione dall’ospedale del paziente il giorno successivo all’intervento stesso.

Diverso, invece, è l’atteggiamento terapeutico quando ci si trova di fronte ad un’incontinenza da insufficienza sfinterica: in questi casi diviene indicato l’uso di sostanze volumizzanti che, iniettate per via endoscopica nell’uretra sfinterica, consentono di recuperare la funzione occludente dello sfintere stesso a riposo.

Recentemente, infine, è stato immesso nel mercato un nuovo farmaco (Duloxetina) che consente una riduzione, se non la guarigione, dell’incontinenza urinaria grazie ad un aumento del tono muscolare del piano perineale. Questo è un farmaco, già disponibile in Italia, che va assunto con cautela e solo dietro stretta prescrizione specialistica.

Uomini

L’uomo per sua conformazione anatomica non è predisposto all’incontinenza urinaria e quindi la patologia è esclusivamente di tipo iatrogeno, ovvero provocata dall’atto chirurgico. Più frequentemente l’incontinenza maschile può insorgere in seguito alla prostatectomia radicale, che si effettua per la presenza di un tumore a livello della ghiandola prostatica con la conseguente asportazione della stessa. In questi casi l’incontinenza, che può essere da sforzo o da urgenza, varia tra il 3% e il 15% con una riduzione della stessa al sesto mese dall’intervento sino ad una percentuale del 3% ad un anno dall’intervento stesso.

Come si cura?

Secondo quanto riferito dal professor Siracusano, l’incontinenza maschile si cura mediante l’impiego della riabilitazione perineale oppure, quando quest’ultima non risulta efficace, mediante l’uso di sostanze volumizzanti che vengono iniettate all’interno dell’uretra sfinterica per via endoscopica (un’operazione fortunatamente non dolorosa); oppure, in ultima analisi, mediante l’utilizzazione dello sfintere artificiale.

Silvia Stern

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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