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Il trattamento dei calcoli

 |  Redazione Sconfini

Una condizione patologica di comune osservazione in urologia è la calcolosi urinaria o urolitiasi. Essendo al primo posto tra le diagnosi di ammissione nei reparti urologici, influisce significativamente sui costi sanitari.

L'epidemiologia della calcolosi differisce a seconda delle aree geografiche e del periodo storico.

 

"Nei paesi industrializzati - spiega il dottor Diego Marega, urologo - è in costante aumento la calcolosi urinaria, che può essere considerata una malattia metabolica legata all'aumento del benessere (per aumentato apporto di proteine), come il diabete o l'aterosclerosi. Il mutamento delle condizioni socio-economiche nel tempo ha generato ampie variazioni nell'incidenza e nella composizione chimica dei calcoli. Da sempre si registra minore incidenza durante i periodi bellici, mentre un fattore correlato è l'obesità. La calcolosi è presente soprattutto nella popolazione maschile (fino al 20%) e in percentuale inferiore in quella femminile. Alla calcolosi reno-ureterale ossalica-fosfatica dell'adulto, maggiormente presente nei paesi industrializzati, si contrappone una calcolosi vescicale "primitiva" ammonica-uratica dell'età giovanile, presente in diversi paesi meno sviluppati e per carenze dietetiche".

 

Che cos'è un calcolo e come si forma?

"Il calcolo è un aggregato policristallino composto da cristalloidi e da una matrice organica in quantità variabili, e deriva dall'alterazione della composizione dell'urina e dalla conseguente precipitazione dei cristalli. I costituenti principali sono i sali di calcio (ossalato e fosfato), l'acido urico, la cistina, la struvite (fosfato di ammonio-magnesio). La formazione dei calcoli dipende da complessi fattori biochimici e fisici, solo in parte conosciuti. Il fenomeno di base è, come detto, la formazione, ritenzione e accrescimento dei cristalli attorno ad una matrice, con le dinamiche simili all'accrescimento di una perla all'interno dell'ostrica. Le urine sono una soluzione molto complessa: perché i soluti precipitino e formino cristalli è necessaria una molteplicità di fattori (nonostante i naturali inibitori della cristallizzazione che agiscono sia in soluzione che nella sede di accrescimento); il che spiega la sensibilità individuale nei confronti dei fattori di rischio".

 

Quali sono i fattori di rischio dell'urolitiasi?

"Fra gli aspetti ascrivibili a fattori di rischio rilevanti sono da ricordare, oltre a una predisposizione ereditaria, l'alterato scarico della vescica, le alterazioni anatomiche congenite, la familiarità, l'età di insorgenza, il sesso, l'obesità, l'uso di farmaci (litio, vitamina D e C in dosi elevate, alcali, silicati) che precipitano e creano il "nucleo" del calcolo. Importanza rilevante hanno anche la provenienza geografica da paesi a clima caldo (la patologia è diffusa fra arabi e israeliani) e il lavoro in ambienti surriscaldati (la disidratazione può incrementare del 350% la presenza di calcolosi). Inoltre, ci sono anche alcune particolari disfunzioni neurologiche che possono provocare una calcolosi vescicale da alterato svuotamento, il diabete, l'iperparatiroidismo, che comporta maggiore riassorbimento osseo e assorbimento intestinale di calcio e successiva escrezione urinaria abnorme".

 

Quali sono i sintomi provocati dal calcolo?

"Molti calcoli, anche di grandi dimensioni, possono essere silenti e vengono diagnosticati incidentalmente con imaging per altra patologia. Solitamente un dolore acuto, ad esordio improvviso, di tipo crampiforme e intermittente, seguito da ematuria (presenza di sangue nelle urine) visibile o microscopica, è accompagnato da nausea, vomito, tachicardia. La colica renale provocata dall'ostacolo costituito dal calcolo, a cui può accompagnarsi edema parietale, è tra le sindromi dolorose più note e intense in medicina; qualora l'ostruzione sia completa, il paziente lamenta dolore continuo. Il passaggio del calcolo nel tratto pre-vescicale provoca sintomi irritativi e un'irradiazione dolorosa tale da simulare una patologia flogistica (cistite, uretrite, prostatite)".

 

Come si diagnostica la calcolosi?

"Dopo un episodio doloroso o un'ematuria, l'urologo affronta, oltre alla terapia che agisca a vari livelli nella catena fisiopatologica della colica, la diagnosi con ecotomografia addominale, eventualmente associata a Tac con tecnica spirale oppure a radiografia diretta dell'addome nei centri dove la Tac non è disponibile".

 

Una volta diagnosticata la calcolosi, quali terapie si possono seguire?

"Diagnosticato e localizzato il calcolo, si affronta il trattamento del dolore e la risoluzione dell'ostruzione, allo scopo di preservare la funzione renale. L'atteggiamento terapeutico degli urologi nei confronti della calcolosi è cambiato profondamente negli ultimi 25 anni, grazie all'introduzione di numerose innovazioni tecnologiche e all'integrazione dei percorsi  terapeutici. L'introduzione della ureteroscopia (URS), sia diagnostica che operativa, nonché della nefroscopia percutanea - dapprima con estrazione diretta e quindi con la frammentazione (nefrolitotrissia percutanea) dei calcoli di maggiori dimensioni - aveva permesso l'affrancamento dalle tecniche chirurgiche più invasive a cielo aperto. Nei primi anni '80 è stata introdotta la litotrissia extracorporea con onde d'urto (ESWL): la sua efficacia e la scarsa invasività hanno favorito una sua rapida diffusione, togliendo spazio alla terapia chirurgica tradizionale, ma anche alle tecniche appena menzionate. La litotrissia è stata utilizzata in tutte le sedi e per tutte le dimensioni dei calcoli, ma con le possibilità si sono rivelati nel tempo anche i limiti. Attualmente sono individuabili dei percorsi terapeutici ottimali a seconda della localizzazione, dimensione e composizione dei calcoli, e sono disponibili linee guida per la scelta del trattamento che possa offrire ai pazienti massima percentuale di guarigione, rispetto del parenchima renale, profilassi delle recidive".

 

Sono possibili delle recidive?

"Le recidive sono frequenti quando persistono problematiche endocrine o metaboliche. Alcuni concetti cardinali nella prevenzione delle recidive emergono dalle cause promotrici della malattia litiasica. Se una restrizione severa della dieta appare ingiustificata e sostanzialmente inefficace, soprattutto poiché è spesso disattesa, il consiglio è quello di normalizzare il peso corporeo con una nutrizione bilanciata a ridotto contenuto di sodio e proteine (carne e salumi) ed elevato apporto di potassio, fibre e alcali (frutta e verdura). Praticare un'adeguata attività fisica e introdurre liquidi a sufficienza, sembra essere efficace nella prevenzione dell'85% delle recidive, mentre nel restante 15% possono essere richieste misure specifiche, adeguate alla personale situazione metabolica".

  

NOTIZIE UTILI

RENI: dalla funzione all'insufficienza

 

I reni sono due organi simmetrici che svolgono diverse funzioni necessarie al mantenimento della vita e del benessere: eliminano attivamente le sostanze derivanti dal metabolismo e non più utili o tossiche per l'organismo (urea, acido urico, creatinina, farmaci), regolano la quantità d'acqua e di elettroliti nel sangue, mantengono costante la pressione sanguigna, contribuiscono all'equilibrio del calcio e del fosforo e alla formazione dei globuli rossi. La capacità di depurazione di alcune sostanze come urea o creatinina, detta "clearance", si verifica confrontando la quantità di queste sostanze nel sangue e quella eliminata con le urine nell'intervallo di 24 ore. I reni provvedono anche alla secrezione di ormoni: renina, angiotensina, prostaglandina (attive nella regolazione della circolazione generale e renale), eritropoietina (che partecipa alla produzione di globuli rossi), calcitriolo (che regola il metabolismo di fosforo e calcio). I reni sono indispensabili alla vita perché regolano la composizione chimica del sangue e il bilancio dei liquidi corporei, intervengono nella regolazione della pressione arteriosa, stimolano la produzione di globuli rossi e sovrintendono al metabolismo osseo.

 

Il malfunzionamento dei reni, dovuto a malformazioni congenite come la malattia policistica, patologie infettive come le pielonefriti, patologie infiammatorie o immunitarie come le glomerulonefriti, può colpire adulti e bambini ma, secondo dati epidemiologici, maggiormente le persone al di sopra dei 60 anni. Quando la funzione renale si altera, si produce un'insufficienza renale che può essere acuta e improvvisa (blocco renale) o cronica (perdita permanente della funzione renale). Anche i tumori urologici possono provocare insufficienza renale per distruzione delle vie secretrici. Anche se l'asportazione di un rene è compatibile con una buona qualità di vita per il paziente, attualmente si cerca di risparmiare il parenchima renale con tecniche conservative o a "risparmio dei nefroni".

 

Molto spesso i reni si ammalano senza dare disturbi importanti. Altre volte sono presenti sintomi che possono suggerire la presenza di una condizione patologica renale: aumento della pressione arteriosa, necessità di urinare spesso specie la notte, stanchezza immotivata, comparsa di edemi (gonfiore alle caviglie e al volto). In presenza di questi sintomi e se vi sono alterazioni negli esami delle urine o del sangue, si deve ricorrere alla valutazione e alla diagnosi da parte dello specialista nefrologo.

 

Nel caso di insufficienza renale acuta la terapia è rappresentata dall'eliminazione della causa che l'ha provocata, dal ripristino della diuresi e degli equilibri idroelettrolitici, dal trattamento delle infezioni. Nella forma cronica si dovrà incoraggiare la moderazione nella dieta (alimentazione povera di sodio, proteine e fosfati) e una terapia farmacologica che corregga gli squilibri interni. Nel caso di pazienti ormai giunti all'uremia (condizione tossica in cui si ha accumulo nel sangue di metaboliti delle proteine e dell'urea), le possibilità sono rappresentate dalla dialisi e dal trapianto renale.

Ignazia Zanzi

 

 

 

 

 


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