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L’attesa è finita. Bisogna agire, ovvero cedere…

 |  Redazione Sconfini

Avere paura di uscire da sole. Che ci sia la luce del giorno o che siano ormai calate le ombre della sera. Questo è ormai lo stato mentale nel quale molte donne vivono. Sempre più di frequente sulle pagine dei quotidiani vengono registrati cruenti fatti di cronaca dove le donne sono vittime di aggressioni improvvise sulle strade del nostro Bel Paese.

 

La paura condiziona la vita quotidiana, riducendo di fatto la conquista più importante e sancita, come diritto, dalla Costituzione, cioè la libertà personale. Una cosa è certa: non è giusto rassegnarsi a questo clima. E, parimenti, non è giusto attendere che si realizzi una società ideale dove grazie a un’auspicata tolleranza zero, il crimine, in qualsiasi forma esso venga perpetrato, sparisca o quantomeno sia in misura molto forte ridotto.

 

È risaputo che noi non possiamo agire sull’altro, non possiamo imporgli cambiamenti. Almeno quando si considera il campo di azione individuale. Certo altre sono le considerazioni che si devono fare quando si opera all’interno delle istituzioni preposte a legiferare o, e forse basterebbe, a fare rispettare le leggi già in vigore. Quello che a noi rimane è la possibilità di osservare noi stessi e di provare a comprendere quali sono i nostri limiti e su essi operare piccoli ma abbordabili cambiamenti. Lasciamo quindi da parte la cronaca e concentriamoci per un momento su noi stessi.

 

La paura si diceva, condiziona e ci spinge ad autolimitarci. E questo vale sia quando temiamo aggressioni fisiche, sia quando siamo terrorizzati dalle reazioni altrui provocate anche dall’esprimere un nostro pensiero. Siamo nel campo della nostra psiche. Un terreno che possiamo coltivare con buoni risultati. A confermare questa opportunità, concessa a chiunque abbia buona volontà, è Arduino de Candussio, maestro di judo e di difesa personale: “Quando una donna mi chiede: anch’io posso difendermi? La mia risposta è sì. Perché la tutela della propria incolumità fisica non richiede né abilità atletiche eccezionali né forza straordinaria. Si tratta infatti principalmente di una questione di testa”. Così afferma chi da più di trent’anni si è impegnato su questo fronte.

 

A pensarci è quasi ovvio: il nostro corpo agisce su impulso della mente. Allora è bene che la mente si eserciti, affinché il corpo sia pronto. O, ribaltando il concetto: la mente deve essere pronta e il corpo sarà esercitato a corrispondere ai comandi che dal nostro cervello giungeranno. “In particolare – sottolinea de Candussio – si pensi che proprio le donne, e molte non lo sanno, grazie alla loro sensibilità, sono le persone che più facilmente percepiscono il momento. Vale a dire hanno antenne che le rendono istintivamente capaci di essere pronte a reagire di fronte all’inaspettato”. Bene. Già questo ci rincuora.

 

Non si deve puntare a non aver paura. Questa emozione è, di fatto, un’arma potente di difesa perché permette ad ogni essere vivente di percepire il pericolo e di cercare la via di scampo (si pensi al mondo animale, fatto di prede e predatori). Si tratta piuttosto di imparare a gestire la paura sfruttando le armi che si hanno a disposizione. “Mantenere la lucidità ed evitare di diventare vittime oltre che dell’aggressore anche del nostro panico – spiega il maestro di judo, titolare della palestra A&R di Trieste – è il primo obiettivo verso il quale deve dirigersi il nostro allenamento".

 

Ma il segreto principale per affrontare un pericolo sta nell’imparare a creare il vuoto da una situazione di equilibrio. “La celebre disciplina orientale – prosegue de Candussio – è, di fatto, l’arte della cedevolezza: se cedi prevali. E con cedere non si intende la fuga dissennata dal pericolo. Scappare ha senso quando è effettivamente possibile. Cedere vuol dire creare il vuoto. Ovvero da una nostra posizione di equilibrio, la nostra vera forza, indurre l’avversario a trovarsi in disequilibrio. Come? Semplicemente imparando a spostarsi e far mancare l’appoggio all’altro che finirà in nostra balia, ribaltando la situazione di dominato e dominante”.

 

L’equilibrio deve essere fisico, ma prima ancora mentale. Lo shitzen tai, la posizione di partenza del judo, diventa allora metafora di una stabilità interiore. “Dall’equilibrio della mente e del corpo – evidenzia de Candussio – nasce la difesa vincente”. Dammi un punto di appoggio e solleverò il mondo, disse Archimede, quando studiava le leve. E poiché nel mondo tout se tien ecco che “imparando a far leva sulle articolazioni del corpo – conclude il maestro di judo – solleveremo, annichilendolo, il nostro aggressore”. Provare per credere. Ma speriamo non ce ne sia mai bisogno.

Tiziana Benedetti

 

 In collaborazione con Help!

 

 


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