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Donne “manipolate”: è ora di rompere il silenzio!

 |  Redazione Sconfini

Un brivido scuote veramente gli animi (privati) e le coscienze (private e collettive) dei presenti alla recente iniziativa “Donne, politica, stereotipi, identità” organizzata e coordinata da Elisabetta Vezzosi dell’Università di Trieste, solo dopo la proiezione delle immagini in serie e di grandissimo impatto visivo del documentario “Il corpo delle donne” di Lorella Zanardo. L’emozione si fonde e si confonde con l’amara consapevolezza che si è oltrepassato il limite e che il silenzio deve essere rotto. Convenute al Teatro Miela di Trieste, molte donne (e alcuni uomini) si sono interrogate sul perché del silenzio “assordante” collettivo e privato che impedisce di denunciare la quotidiana offesa alla dignità delle donne e alla loro presenza pubblica arrecata dai linguaggi della politica, della pubblicità, dell’uso e abuso del corpo femminile perpetuato e reiterato.


“Il corpo delle donne” è un documentario sull’uso del corpo della donna in tv. Le donne, le donne vere, stanno scomparendo dalla tv e sono state sostituite da una rappresentazione grottesca, volgare e umiliante. Un’urgenza, quindi, è lo start-up per non soggiacere inerti alla trivialità di cui è permeata gran parte della scena pubblica, cosi pervasa da un’idea di donna che era lecito sperare superata da tempo. Idea illusoria. La perdita è ed appare enorme: la cancellazione dell’identità delle donne sta avvenendo sotto lo sguardo di tutti ma senza che vi sia un’adeguata reazione, nemmeno da parte delle donne medesime.


L’idea di selezionare le immagini televisive che avessero in comune l’utilizzo manipolatorio del corpo delle donne per raccontare quanto sta avvenendo non solo a chi non guarda mai la tv ma specialmente a chi la guarda ma “non vede”, è indovinata soprattutto perché il 60% del pubblico televisivo è femminile! L’obbiettivo è interrogarci e interrogare sulle ragioni di questa cancellazione, un vero e proprio “progetto” di demolizione e distruzione di cui si è tutti spettatori silenziosi.


Il lavoro della Zanardo dà particolare risalto alla cancellazione dei volti adulti in tv, al ricorso alla chirurgia estetica per cancellare qualsiasi segno di passaggio del tempo e alle conseguenze sociali di questa rimozione. Sul corpo e sul volto delle sole donne. E il commento dell’autrice si inserisce non a margine del problema e dell’argomento ma lo arricchisce di elementi. L’immagine è specchio preciso dei comportamenti collettivi e quella televisiva, essendo la più accessibile e immediata, è la più efficace per indurre comportamenti condizionati. L’immagine è specchio che nasconde oltre che rivelare quando usa il volto femminile, i volti delle donne, omologati, cancellati, liftati. Bocche rifatte, seni gonfiati, tratti del viso omologati per annullare l’unicità della donna, del carattere. Lifting del viso per nascondere la qualità della personalità, la professionalità, la competenza: prerogative essenzialmente maschili. Donne di “quantità” invece che di “qualità” anche quando raggiungono, nel mondo dell’immagine e non solo, il potere. Quel potere che ancora così male sanno interpretare: adeguandosi ai peggiori stereotipi maschili, gestendolo sopra anziché con.


La faccia e l’espressività data da molti dei nostri 45 muscoli facciali, sono nella loro dignitosa “nudità” il segno della personale vulnerabilità e insieme il massimo del fascino del volto. L’attrice Anna Magnani al truccatore sul set chiese di non nascondere col trucco le rughe del suo ineguagliabile viso perché aveva speso una vita per averle. Lifting del viso per produrre lifting delle idee. Lifting del viso per contrastare l’unicità femminile perché l’unicità è sapere riconoscere i propri desideri e bisogni. E come allora non saper cogliere, finalmente svelata, la curiosa corrispondenza fra lifting facciale e velo integrale, burka o altro strumento di negazione, o occultamento di genere?


Ma allora chi siamo noi donne? Cosa vogliamo? Perché tutte non scendiamo in piazza a protestare? Di che cosa abbiamo paura? Domande poste dalla Zanardo e fatte proprie dall’uditorio, ma che non hanno avuto – ed era quasi scontato – risposte esaustive ed efficaci. “Servono idee forti che ispirino progetti e proposte importanti”, ha suggerito una giovanissima studentessa laureanda con una tesi sulla storia delle battaglie femminili e femministe che hanno faticosamente contribuito a migliorare la condizione della donna nel mondo contemporaneo. Forte è stato anche il richiamo – e la necessità – alla responsabilità della politica: il silenzio delle ministre della Repubblica che tacciono su tutto questo è assordante e fa eco a quello trasversale in Parlamento. Soprattutto sul degrado dei metodi della politica stessa, sui meccanismi di selezione di una certa classe politica e dirigente che offende o quanto meno non rende giustizia a quelle numerose donne (e uomini) che vi si dedicano con passione, autorevolezza, competenza.


La Società italiana delle storiche, tra le promotrici della sopraccitata iniziativa, ha proposto la sottoscrizione di un documento che si conclude con un appello, appassionatamente proposto dalla professoressa Vezzosi, secondo cui è necessario dire con forza: «che è urgente porre mano a una vera e propria rifondazione democratica della cultura politica italiana; che il tema della parità e dignità delle donne non può non costituire un tratto fondamentale; che di tale processo vogliamo e dobbiamo essere protagoniste non estemporanee».

foto: Kristina Flour

Ignazia Zanzi

 


In collaborazione con Help!

 


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