Così com'è, il processo breve è incostituzionale
“Il processo breve serve a difendere Berlusconi contro i processi ad personam”. Paolo Bonaiuti, intervenuto l'altra sera da Bruno Vespa
“A Milano c’è una giustizia contra personam”. Maurizio Gasparri, a difesa del processo breve, con riferimento al premier Berlusconi.
Queste due fantastiche e originalissime tesi i nostri pongono una questione molto seria, che evidentemente la Giustizia di tutto il mondo non ha mai tenuto in debita considerazione: i processi penali sono intentati contro persone!
Ma certo, hanno ragione. Non è possibile ed è pericolosamente eversivo processare una persona. Cioè, se Pinco Pallino ruba in una gioielleria mica può essere processato. Sarebbe evidentemente un accanimento, un processo ad personam o contra personam a seconda che si sposi la linea Bonaiuti o quella di Gasparri.
In attesa che i due esponenti di maggioranza spieghino se possono esistere processi non ad personam (o ad personas se c'è più di un imputato), rileviamo come sia una grande fortuna che l'Italia si possa fregiare di questi illuminati giureconsulti i quali, lo speriamo veramente, riescano a far capire questa ovvietà al resto del mondo che insipiegabilmente li guarda allibiti.
Nel frattempo emergono degli evidenti profili di incostituzionalità per quanto riguarda il processo breve. La Corte Costituzionale si è già espressa fin dal 2005 su un tema che viene troppo sbadatamente "dimenticato" dai sostenitori del DDL 1880: il concetto di ragionevolezza.
Il tema è complesso ma cerchiamo di semplificarlo in sintesi. Stando all'art. 3 della Costituzione si stabilisce che a situazioni uguali va riservato un uguale trattamento, e che il legislatore deve eliminare ogni impedimento affinché tutti i cittadini siano trattati allo stesso modo. Attenzione, lo dice la Costituzione, quindi la norma non può essere aggirata, sennò finisce come con il lodo Alfano.
Prima una premessa: la legge sul processo breve approvata in Senato prevede una durata massima obbligatoria dei tempi processuali, sulla base di tre categorie: reati con pena inferiore ai dieci anni, con pena superiore ai dieci anni, e reati di mafia e terrorismo. Ognuna di queste categorie ha un termine massimo diverso per l’arrivo a sentenza, altrimenti viene immediatamente cancellato.
L’articolo 9 della legge, la “norma transitoria”, stabilisce che la legge si applica anche ai processi in corso, ma solo se la pena massima è di dieci anni. Ed è proprio questo punto ad essere incostituzionale: il legislatore divide i processi in tre “tipi” diversi, ma poi applica una certa disposizione solo ad uno di essi, senza ulteriori giustificazioni.
Quindi: Situazione uguale (un processo in corso), trattamento diverso (applicabilità immediata solo ad alcuni processi).
Per la Corte, in virtù di quanto più volte affermato, questo dispositivo sarebbe irragionevole e quindi incostituzionale.
Occorre quindi che alla Camera si riveda il testo (come già anticipato da Gianfranco Fini), giustificando in modo convincente cosa spinge ad applicare "due pesi e due misure" ai processi in corso.
In caso contrario, il presidente Napolitano, dopo aver già firmato una legge incostituzionale (il lodo Alfano) firmerà (perché firmerà) un'altra legge incostituzionale che sarà nuovamente incenerita dalla Consulta scatenando un nuovo putiferio istituzionale.
Forse per una volta sarebbe meglio ascoltare chi già diceva (inascoltato) che il lodo Alfano era incostituzionale, invece di riportare nel baratro della "guerra civile fredda" la nazione.
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Nella foto, Maurizio Gasparri (da Wikimedia Commons)