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Napolitano in stato confusionale. Ecco come poteva bloccare lo scudo fiscale

 |  Redazione Sconfini

napolitanoscudofiscalevideo"Nella Costituzione sta scritto che il Presidente promulga le leggi e, se io non firmo oggi, e il Parlamento vota ancora una volta quella legge c'è scritto che io sono obbligato a (firmare ndr)." Con questa imbarazzante esternazione (visibile a questo link), il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha liquidato decine di migliaia di firme di cittadini indignati per lo scudo fiscale e si è infervorato contro un uomo che gli chiedeva di non firmare l'amnistia fiscale proposta dal Governo Berlusconi.

Premesso che il presidente Napolitano dice il vero, formalmente, è veramente "strano" il fatto che non capisca o faccia finta di non capire il segnale che avrebbe potuto mandare al Parlamento e al Governo rifiutandosi di firmare (tra l'altro a tempo di record) il dl sullo scudo fiscale.

Il Presidente sarebbe stato costretto a firmare la legge solo se la seconda volta gli fosse stata ripresentata uguale, ma pur di non firmarla avrebbe addirittura potuto dimettersi. Insomma, se non avesse firmato subito la legge avrebbe almeno guadagnato qualche settimana dal momento che il dl doveva ripassare dai due rami del Parlamento per essere rivotato (e chissà, magari questa volta l'opposizione si sarebbe presentata per far cadere il Governo, dal momento che sullo scudo fiscale pende il diktat della fiducia).

In seconda battuta, avrebbe potuto dimostrare il suo totale disaccordo al ritorno di capitali sporchi e mafiosi in Italia protetti dall'anonimato rassegnando le dimissioni. Gli italiani onesti lo avrebbero ringraziato per sempre, poiché in questo modo i tempi per rivotare lo scudo si sarebbero dilatati al punto che possiamo essere certi che il Governo Berlusconi sarebbe solo un brutto ricordo.

Dal suo comportamento si evince quindi che Napolitano è daccordo con lo scudo. Bene, che lo dica.

Tra qualche mese, però, quando un fiume di nuove attività di ristorazione, industriali, alberghiere, saranno aperte sopratutto al Nord da personaggi poco limpidi, improvvisamente divenuti ricchissimi grazie a questa amnistia ma non perseguibili per tutti i reati finanziari e non di cui si sono macchiati negli anni precedenti, non ci si potrà dimenticare di chi poteva fare qualcosa e invece non l'ha fatto.

Pensiamo al compianto presidente Sandro Pertini (di cui abbiamo già parlato qualche tempo fa confrontando la sua attività con quella di Napolitano), che per ben due volte rifiutà l'emanazione di decreti legge:

- Con una lettera del 24 giugno 1980, il Presidente Pertini rifiutò l'emanazione di un decreto-legge a lui sottoposto per la firma in materia di verifica delle sottoscrizioni delle richieste di referendum abrogativo;
- Il 3 giugno 1981, chiamato a sottoscrivere un provvedimento di urgenza, richiese al Presidente del Consiglio di riconsiderare la congruità dell'emanazione per decreto-legge di norme per la disciplina delle prestazioni di cura erogate dal Servizio Sanitario Nazionale. Nel caso specifico, uno degli argomenti addotti dal Capo dello Stato consisteva nel rilievo della contraddizione tra la disciplina del decreto-legge emanando e "un indirizzo giurisprudenziale in via di definizione".

Secondo voi non sapeva che il Parlamento poteva obbligarlo a firmare ripresentando immutata la norma? Altri tempi, altri presidenti, altri uomini.


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