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Vino: invecchiato o novello, assaggiarlo è un piacere

 |  Redazione Sconfini

Il vino è una bevanda alcolica ottenuta esclusivamente dalla fermentazione (totale o parziale) di uva, pigiata o no, oppure di mosto d’uva. Il vino si ottiene da qualità di uve appartenenti alla specie Vitis vinifera o provenienti da un incrocio tra questa specie e altre specie del genere Vitis, come ad esempio la Vitis labrusca (vite americana) e la Vitis rupestris. In Italia, per la produzione di vino possono essere usate solo uve appartenenti alla specie Vitis vinifera.

 

> La classificazione

 

La classificazione dei vini può essere fatta in base al vitigno (varietà di vite utilizzata per la produzione) e alla zona di produzione. Nel nostro Paese i vitigni più diffusi sono: tra i rossi il Barbera, il Sangiovese, il Nero d’Avola, il Nebbiolo, il Primitivo e il Montepulciano; tra i bianchi il Trebbiano, il Vermentino, la Vernaccia e il Moscato. Le zone di produzione più rinomate in Italia sono in Sicilia (Marsala), Piemonte (Barolo, Barbaresco), Toscana (Chianti, Montalcino), Umbria (Montefalco), Veneto (Valpolicella), solo per fare qualche esempio.

 

In realtà, esiste una classificazione ufficiale fornita dai Regolamenti della Comunità europea e dalle relative norme nazionali di applicazione. Secondo la legislazione comunitaria, i vini sono suddivisi in due categorie: i vini da tavola, prodotti nella Comunità Europea utilizzando le uve autorizzate e non sottoposti ad un particolare disciplinare di produzione; i vini di qualità prodotti in regioni determinate (VQPRD), prodotti nella Comunità europea rispettando uno specifico disciplinare di produzione dove vengono indicati tipologia e quantità di uva da utilizzare, la zona di produzione, il grado alcolico del vino, la durata dell’invecchiamento ed altri parametri. I VQPRD includono le seguenti sottocategorie: i vini liquorosi di qualità prodotti in regioni determinate (VLQPRD), i vini spumanti di qualità prodotti in regioni determinate (VSQPRD) e i vini frizzanti di qualità prodotti in regioni determinate (VFQPRD).

 

In base alla Legge n. 164 del 1992 la classificazione dei vini italiani è la seguente:

 

• VINI DA TAVOLA. Sono prodotti con uve autorizzate senza rispettare particolari disciplinari di produzione; solitamente sono prodotti di qualità più modesta. Per essi si riporta in etichetta solo l’indicazione “Vino da tavola” e il nome dell’imbottigliatore, e facoltativamente si può riportare l’indicazione del colore (bianco, rosato, rosso), ma non il vitigno o i vitigni utilizzati e l’anno di produzione.

 

• VINI DA TAVOLA CON INDICAZIONE GEOGRAFICA TIPICA (IGT). Si tratta di vini da tavola prodotti in determinate regioni o aree geografiche (autorizzate per legge), talvolta secondo un generico disciplinare di produzione (il vino viene designato con il nome geografico della zona). In etichetta, oltre al colore, è possibile specificare anche il vitigno o i vitigni utilizzati e l’annata di raccolta delle uve. Generalmente in questa categoria rientrano i vini da tavola di qualità più elevata. Comunque, la collocazione di un vino nella categoria “da tavola” o “IGT” è spesso legata a strategie commerciali oppure all’impossibilità, per la composizione o per i vitigni utilizzati, di rientrare in un disciplinare di produzione.

 

• VINI DI QUALITÀ PRODOTTI IN REGIONI DETERMINATE (VQPRD). Le DOCG e le DOC sono le designazioni specifiche utilizzate dall’Italia per i VQPRD. I disciplinari dei vini DOC e DOCG stabiliscono le condizioni che devono essere necessariamente rispettate affinché il vino rientri nella specifica categoria che è garanzia di un maggiore livello qualitativo. Nel disciplinare si indica: denominazione di origine, terreni di produzione dell’uva, resa massima per ettaro, titolo alcolometrico minimo, caratteristiche fìsico-chimiche.

 

– VINI A DENOMINAZIONE DI ORIGINE CONTROLLATA (DOC). Il nome geografico di una zona viticola particolarmente vocata viene utilizzato per designare un prodotto di qualità. Sono vini prodotti in specifiche zone geografiche rispettando uno specifico disciplinare di produzione e sottoposti ad analisi chimico-fisiche ed organolettiche. Il primo vino italiano ad avere il riconoscimento della DOC è stato il vino Marsala (1963).

 

– VINI A DENOMINAZIONE DI ORIGINE CONTROLLATA E GARANTITA (DOCG). Tale dicitura è riservata a vini riconosciuti DOC da almeno cinque anni e ritenuti di particolare pregio, che si riconduce a tre componenti: caratteristiche qualitative; fattori naturali, umani e storici; rinomanza e valorizzazione commerciale a livello nazionale ed internazionale. Anche i vini DOCG, prima di essere messi in commercio, devono essere sottoposti ad analisi chimico-fisica ed esame organolettico che certifichi il rispetto dei requisiti previsti dal disciplinare; quest’ultimo, inoltre, deve essere ripetuto, partita per partita, anche nella fase dell’imbottigliamento. Per tali vini, infine, è prevista anche un’analisi sensoriale.

 

Per alcuni vini, in etichetta viene messa la dicitura “Classico”, “Riserva” o “Superiore” per indicare rispettivamente un vino prodotto in una zona di origine più antica nell’ambito della stessa DOCG o DOC, un vino sottoposto ad un periodo di invecchiamento maggiore rispetto a quello previsto dal disciplinare e un vino con una gradazione alcolica più elevata rispetto a quella prevista dal disciplinare.

 

È possibile poi classificare i vini anche in base al sistema di vinificazione (vini normali e speciali), alle proprietà organolettiche (colore, profumo, gusto e retrogusto) e ad altri parametri che concorrono a definire le caratteristiche di un vino (alcool, acidità, sapidità, sensazione di astringenza). In particolare, i vini normali sono quelli che hanno subito solo il processo di vinificazione e nessun altro intervento tecnico, mentre i vini speciali dopo il processo di vinificazione e prima di essere immessi al consumo vengono sottoposti ad ulteriori interventi tecnici o all’aggiunta di altri componenti. I vini speciali sono:

 

– vino spumante. La vinificazione è quella fatta tradizionalmente per un vino bianco, con l’aggiunta di zuccheri al fine di provocare una rifermentazione che può avvenire in bottiglia (metodo Champenois o tradizionale) o in autoclave (metodo Charmat o Martinotti).

 

– vino liquoroso (o fortificato). È prodotto addizionando a un vino base (di gradazione alcolica non inferiore al 12%) una mistella (mosto al quale è stata bloccata la fermentazione mediante aggiunta di alcool), alcool, acquavite di vino o mosto concentrato (mosto parzialmente disidratato), al fine di aumentarne la gradazione alcolica. In origine, la fortificazione serviva come metodo di conservazione, per conservare i vini. Tra i vini liquorosi più conosciuti ricordiamo: il Porto (si aggiunge brandy al mosto), il Marsala (si aggiunge alcool al vino), il Madeira (prodotto nell’omonima isola, aggiungendo al vino alcool di canna da zucchero) e lo Sherry o Jerez o Xeres (analogo al Marsala, da non confondere con lo Cherry Brandy, liquore dolce a base di ciliegia).

 

– vino aromatizzato. È un vino speciale di gradazione alcolica non inferiore al 16% e non superiore al 21% in volume. Si parte da un vino, addizionato o no di alcol e saccarosio, con l’aggiunta di sostanze autorizzate. L’aromatizzazione dei vini è un procedimento molto antico, finalizzato a conservare i vini, ma anche a migliorare il gusto di vini di qualità mediocre.

 

– vino passito. Si ottiene a partire da uve che hanno subito un appassimento e lavorate in normale vinificazione. L’appassimento può avvenire sulla pianta o in apposite tettoie.

 

> I trattamenti sul vino

 

Il vino può subire numerosi trattamenti o “correzioni” finalizzati a migliorarne le caratteristiche commerciali. Vediamone alcuni.

- Taglio: mescolanza di due o più vini con diverse caratteristiche per migliorare alcune proprietà (per esempio aumentare la gradazione alcolica).

- Rifermentazione: consiste nel rifermentare il vino che contiene ancora zuccheri, aggiungendo vinaccia fresca o colture microbiche selezionate.

- Concentrazione: si porta il vino a temperatura di congelamento e si separa la parte acquosa solida (assieme al taglio, è l’unico sistema ammesso in Italia per aumentare la gradazione alcolica).

- Correzione dell’acidità: con aggiunta di acidi o aggiunta di basi (per diminuirla).

- Aumento del colore: si taglia il vino con vini più colorati oppure lo si chiarifica con l’uso di carboni vegetali.

- Chiarificazione: effettuata con filtrazione.

- Centrifugazione: effettuata dopo la torchiatura per allontanare i lieviti.

- Refrigerazione: consiste nel mantenere il vino a temperature di poco superiori a quella di congelamento (da -4 a -8 gradi centigradi) per almeno 5-6 giorni; in questo modo si ottiene la solubilizzazione dell’anidride carbonica eventualmente aggiunta, l’aumento della gradazione alcolica, la precipitazione di sostanze indesiderate, la diminuzione della carica microbica e si accelerano i processi di invecchiamento.

- Pastorizzazione: accelera la maturazione del vino e distrugge i microrganismi in esso presenti (pratica poco attuata).

 

> L’anidride solforosa in enologia

 

L’anidride solforosa è una sostanza irritante, dal sapore sgradevole, che può causare mal di testa e altri disturbi. La sua azione principale è quella antisettica selettiva: usata a concentrazioni di 5-30 g/100 litri di mosto inibisce la crescita dei microrganismi indesiderati, ma non quella dei lieviti. A dosi superiori (130-180 g/hl) rende il mosto infermentescibile (mosto muto). Essa inoltre rende solubili le sostanze coloranti, determinando vini più colorati e brillanti (ma dosi eccessive hanno un’azione decolorante), e possiede azione acidificante e antiossidante (che aiuta ad evitare l’intorbidimento del vino).

 

L’anidride solforosa viene utilizzata in diversi momenti: dalla conservazione dei vasi vinari al trattamento delle uve, dalla solfitazione del mosto a quella del vino. Al momento della immissione al consumo, la dose massima consentita è pari a 160 mg/l per i vini rossi e a 200 mg/l per quelli bianchi e rosati.

 

La legge prevede la possibilità di usare acido sorbico (max 200 mg/l) come antimicrobico, che però non può sostituire l’anidride solforosa. È consentito anche l’uso di acido ascorbico, antiossidante che favorisce lo sviluppo dell’aroma.

 

> I parametri per degustare un vino

 

1- Il colore del vino è dovuto alla presenza di antociani e, per i vini rossi, di tannini. La quantità di questi composti dipende dal vitigno, dallo stato di conservazione delle uve, dal clima e dalla tecnica di vinificazione. Nella valutazione del colore si considera anche la limpidezza.

 

2- L’aroma: esistono gli aromi primari, tipici del vitigno, i secondari che si formano durante il processo fermentativo ed i terziari che sono legati al periodo di invecchiamento e completano il bouquet del vino.

 

3- Il sapore di un vino è legato alle componenti che donano morbidezza (zuccheri, glicerina e alcuni alcoli), vivacità (dovuta agli acidi), astringenza (polifenoli e tannini) e sapidità (sali che non vengono distintamente percepiti, ma se fossero assenti il vino risulterebbe scipito). La presenza di anidride carbonica (bollicine) condiziona le caratteristiche organolettiche del vino, che può essere fermo o frizzante.

 

> Il vino e la salute

 

L’effetto dell’abuso di vino è discusso da tempo. Il vino non è solo alcool (etanolo), ma anche altri 250 elementi che svolgono vari effetti sull’organismo umano. Il vino non apporta nutrienti (i principi nutritivi sono contenuti solamente in tracce) ed il suo valore nutritivo è legato unicamente alla quantità di alcool (7 calorie/g) e degli eventuali zuccheri presenti. Le calorie fornite dall’alcool non sono direttamente utilizzabili per il lavoro muscolare ma solo per il metabolismo basale. Gli altri componenti del vino producono effetti positivi e benefici sull’organismo, alcuni noti da tempo, altri scoperti recentemente come l’effetto antiossidante di antociani e polifenoli. Non bisogna dimenticare, comunque, che il costituente principale è l’alcool, quindi è consigliato un uso moderato.

 

> Il vino in Friuli Venezia Giulia

 

In Italia, nella vendemmia 2006 sono stati prodotti oltre 52 milioni di ettolitri di vino. Il Friuli Venezia Giulia rappresenta circa il 3% della produzione vinicola italiana, con 20.000 ettari prevalentemente concentrati nelle province di Udine e Pordenone. La viticoltura è un settore in decisa crescita, tanto che negli ultimi 4 anni la superficie vitata è salita del 7% circa.

Angelica Pellarini

con la collaborazione della dottoressa Sabrina Di Santolo, tecnologa alimentare

 


In collaborazione con Help! 

 

 


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