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Prima di tutto, controllare l’umidità

 |  Redazione Sconfini

Approfondiamo in quest'occasione il discorso sui pavimenti in legno, sempre in compagnia della signora Gabriella, esperta nel settore e titolare del negozio Cerame a Trieste.

 

Quali e quanti sono i tipi di pavimenti in legno?

“I pavimenti in legno si dividono sostanzialmente in due tipologie: i prefiniti e quelli tradizionali. Questo, ed è importante sottolinearlo, per quanto riguarda appunto i pavimenti in legno. Dopo esistono anche i cosiddetti laminati che, però, sono tutta un’altra cosa… al contrario di quanto crede molta gente che li considera simili ad un pavimento in legno. In realtà il laminato è un semplice pavimento in plastica che con il legno non ha nulla a che vedere. Per definire un pavimento in legno vi deve essere uno strato di almeno 3 millimetri di legno “vero e proprio” che, in caso di bisogno, dia la possibilità di un’ulteriore raschiatura. Entrando poi nel dettaglio, i prefiniti sono prodotti che arrivano già verniciati e a loro volta si dividono in due fasce: a due e a tre strati”.

 

Qual è la differenza tra queste due fasce di prefiniti e come vengono poi messi a terra?

“I primi sono formati da una parte superiore in legno che può variare dai 3 ai 4 millimetri (la misura dipende dalla singola azienda) ed una struttura inferiore che li rende stabili e incollabili; hanno uno spessore da 1 a 1,4 cm con dimensioni variabili che vanno dai 5 ai 9 cm di larghezza e dagli 80 cm fino al metro e mezzo di lunghezza. La seconda fascia di prefiniti è quella a tre strati: in pratica c’è sempre una parte nobile sopra, poi uno strato in mezzo che permette la cosiddetta “lavorazione di maschio e femmina”, e infine un contro-bilanciamento inferiore con un ulteriore strato – che nei prodotti migliori è fatto dello stesso legno della parte superiore – che consentono dimensioni di addirittura 2 o 3 metri di lunghezza e 15-25 centimetri di larghealtzza. I prefiniti a due strati vanno rigorosamente incollati, mentre quelli a tre strati possono essere posati anche “flottanti”, cioè con un materassino di polietilene su cui si fissano. Entrambi i tipi si possono attaccare su qualsiasi tipo di pavimento vecchio, di marmo, piastrelle o legno, basta che sia dritto. In genere, se siamo in presenza di sottofondi fatti di materiali non assorbenti (come appunto il marmo o le piastrelle) il tipo di collante che viene usato è quello poliuretanico, cioè privo d’acqua. Al contrario su un vecchio pavimento in legno si possono usare anche delle colle ad acqua”.

 

E se il sottofondo è invece di cemento?

“In questo caso l’importante è che la base su cui poseremo il nostro nuovo pavimento sia ben asciutta. Questo avviene spesso, ad esempio, in presenza di case ristrutturate dove viene fatta la gettata di cemento e dopo viene incollato sopra il pavimento in legno. Il risultato finale della posa dipende dalla capacità di chi fa i lavori. Oggigiorno, nel caso della ristrutturazione di vecchie abitazioni, i sottofondi sono fatti in mille modi diversi. Un tempo si usava semplicemente la sabbia e il cemento che avevano un loro ciclo standard di asciugatura (circa 1 cm al mese), mentre adesso si trovano sottofondi alleggeriti, argille espanse, polistirolo, praticamente un po’ di tutto. Per questo motivo bisogna stare molto attenti prima della posa del pavimento, perché il tempo di asciugatura con questi particolari sottofondi è molto lungo. Un modo per prevenire eventuali rischi in questo senso è quello di intervenire con delle barriere isolanti prima di incollarci sopra il legno”.

 

Ma come fa allora il consumatore a tutelarsi per avere un buon risultato finale?

“Deve fare molta attenzione, affidando i lavori a ditte competenti che conoscano tutti i rischi a cui si può andare incontro. Molte volte, infatti, non viene nemmeno usato l’accorgimento banale di mettere un semplice foglio di nylon (dal costo quasi nullo) sotto l’ultima gettata di cemento, prima degli ultimi 3-4 cm. Purtroppo, sembra che pochi lo usino. Inoltre i posatori stessi, se lavorano con una certa professionalità, dovrebbero verificare prima con degli appositi strumenti, gli idrometri, il livello di umidità del sottofondo. Gli idrometri sono di due tipi diversi. C’è quello a conduzione elettrica, usato fino a qualche anno fa, che va benissimo per i sottofondi tradizionali, ma che non funziona invece con i sistemi alleggeriti. In questo caso il posatore dovrebbe usare l’idrometro a carburo. Un parquettista serio, quindi, prima di incominciare la posa del pavimento, dovrebbe controllare l’umidità del sottofondo con lo strumento più adatto. Per tutti questi aspetti, bisogna assicurarsi della professionalità della ditta che fa i lavori perché dopo aver posato un pavimento in legno sull’acqua… il danno è fatto, e non si può più rimediare in alcuna maniera”.

 

Dopo la posa, quali sono le fasi successive di lavorazione?

“C’è la raschiatura e infine la verniciatura o l’oliatura. Non si può però pensare di posare un pavimento in legno oggi, raschiarlo domani e verniciarlo dopodomani, perché anche in questo caso i problemi sarebbero assicurati. Bisogna infatti aspettare che il pavimento si assesti; quindi, appena dopo 15-20 giorni si può passare alla fase della raschiatura, seguita poi dalla verniciatura od oliatura. In questo momento si preferisce di gran lunga l’oliatura anche per i pavimenti prefiniti. L’oliatura dà un aspetto più naturale al pavimento perché si esalta la venatura del legno. È necessaria certamente una maggiore manutenzione: per lavare i pavimenti sono indispensabili dei prodotti particolari da aggiungere all’acqua, ma si ha il grande vantaggio che gli eventuali graffi o segni vengono rimediati. Consigliamo comunque, almeno una volta all’anno, di passare una mano d’olio, non solo per un fatto estetico, ma soprattutto per nutrire il legno del nostro pavimento. Di contro la verniciatura comporta molta meno manutenzione, perché basta usare solo uno straccio umido, ma in questo caso i segni, se presenti, purtroppo restano e non si possono più eliminare”.

 

Molti sollevano delle obiezioni sui pavimenti prefiniti…

“Bisogna sfatare certi pregiudizi sui prefiniti. Le obiezioni più frequenti sono che i 3-4 millimetri di legno sono pochi per eventuali raschiature. In realtà, se un cliente, su un pavimento ad esempio di 50 mq, ha due tavolette particolarmente rovinate, col prefinito queste ultime possono essere facilmente tolte e sostituite senza fare ricorso alla raschiatura. D’altra parte anche un’ulteriore raschiatura porterebbe comunque via pochissimi decimi di millimetro, praticamente solo la vernice sopra il legno. Tutto questo comporta, a conti fatti, che la durata di un prefinito sia addirittura superiore a quella di un pavimento tradizionale. Se poi invece abbiamo un parquet tradizionale, quello ad esempio con le tavolette più piccole (i classici 5-5,5 cm di larghezza per 25-30 cm di lunghezza), la soluzione in caso di danno sarà prima la raschiatura e poi la lucidatura. In tutte le aziende, la lavorazione di queste tavolette è fatta leggermente a coda di rondine, cioè la parte che viene incollata è un po’ più stretta della parte superiore. Con questo tipo di struttura, quindi, in caso di danneggiamento, si potrà raschiare molto meno rispetto ad un prefinito. Ecco perché, contrariamente a quello che molti pensano, il pavimento in legno prefinito ha una durata uguale se non perfino maggiore di uno in legno tradizionale”.

Claudio Bisiani

 


In collaborazione con Help!

 

 


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