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La potatura delle viti

 |  Redazione Sconfini

Un mestiere sempre più aperto all’innovazione, alla tecnologia e a nuove intuizioni, ma che resta sempre e comunque soggetto alla natura, che comanda il “gioco” a suo piacimento. Stiamo parlando della nobile arte del viticoltore. Venti troppo tesi e grandine, che rovinano o staccano dai tralci buona parte dei grappoli d’uva, il troppo freddo, che rende i frutti aspri, il troppo caldo, che aumenta la concentrazione di zuccheri ma ne abbassa l’acidità, e le eccessive piogge, che non permettono all’uva di maturare al meglio, sono solo alcuni dei principali esempi di come la natura possa inficiare in modo più o meno pesante sull’attività del viticoltore.

 

Tra le attività che impegnano principalmente viticoltori e maestranze, e che riveste un’importanza straordinaria nel ciclo annuale di lavoro tra le viti, vi è senza dubbio la potatura. Ma perché vengono tagliati alcuni rami e come vengono tagliati? E quando avviene la potatura? Sono queste le domande cui bisogna rispondere per capire più a fondo l’importanza di questa operazione.

 

In alcuni periodi dell’anno gli operatori viticoli si recano tra i vigneti e “sacrificano” una buona parte dei rami delle viti perché in questo modo si favorisce lo sviluppo del vigneto. Togliere i rami secchi che hanno fruttificatalto l’anno prima significa creare nuovo spazio ai futuri rami che cresceranno a partire dalle gemme che si trovano lungo i tralci “superstiti”. Inoltre, essendo la vite una pianta della famiglia delle liane, è assolutamente necessario che si eviti un affascinante, ma soffocante ed inestricabile, groviglio di rami e viticci.

 

Decisivo per stabilire la qualità e la quantità (caratteristiche inversamente proporzionali tra loro) del vino che sarà prodotto l’anno successivo, è il taglio con cui avviene la potatura. Tra i vari metodi di allevamento esistenti ne citiamo tre. Il primo è l’allevamento “a pergola”: con questo metodo la potatura è poco radicale e permette di conservare quattro o più tralci della vendemmia dell’anno precedente; chiaramente l’allevamento a pergola produce molti frutti l’anno successivo, ma la qualità del vino sarà modesta. Il secondo tipo di allevamento è quello a doppio (o triplo) tralcio che permette di risparmiare due (o tre) tralci al momento della potatura: si tratta di una diffusa soluzione intermedia tra la produzione di massa e la produzione di qualità. Il terzo tipo di allevamento è il metodo Guyot unilaterale, il più utilizzato tra i produttori di vini di qualità, che a differenza degli altri salva solo il tralcio migliore e più sano di ciascun vitigno, che viene piegato su un lato sui fili che sostengono la vite, preservando dalle quattro alle sette gemme; con questo metodo si ottiene il massimo della resa a livello qualitativo.

 

La potatura che abbiamo fin qui sottinteso è quella che viene eseguita il tardo autunno o in inverno, comunque dopo la caduta del fogliame, e che viene definita potatura secca o principale. Avviene in questo periodo perché il legno è maturo, la traslocazione della linfa lungo i rami scorre molto lentamente o quasi si arresta e quindi il taglio non crea danni alla pianta. Si dice, infatti, che la pianta è in fase dormiente. Il secondo periodo della potatura, definita verde, cade nel periodo vegetativo (mesi estivi) quando la pianta è in crescita: serve ad eliminare i tralci che non producono o che potrebbero ombreggiare l’altra uva non favorendone la maturazione. Il terzo tipo di potatura è legata non alla produzione ma alla salvaguardia dello stato fitosanitario del vigneto: quando una pianta è colpita da una malattia va estirpata, e subito dopo i tralci malati vengono bruciati per motivi di sicurezza.

 

Tra i tanti vitigni presenti nel Friuli Venezia Giulia, tra i maestri del metodo Guyot segnaliamo l’Azienda agricola Sancin che in provincia di Trieste, sulle colline tra Aquilinia e Dolina, coltiva quasi 30.000 viti su terrazzamenti esposti a Sudest e Sudovest. L’attività di quest’azienda, come si evince chiaramente dal metodo usato, è tutta votata al vino di grande qualità. In tutto 25.000 bottiglie all’anno circa, distribuite fra tre tipi principali di prodotto.

 

Il primo è il vino bianco Glera, nettare di colore giallo paglierino vivace, con eleganti ed intensi profumi fruttati e floreali e con deciso sfondo minerale; in bocca si presenta con calda morbidezza, equilibrato nel corpo complesso. Il secondo è il Malvasia Sancin, che si presenta con una leggera tonalità paglierina vivace, con sentori di frutta e fiori delicati e suadenti, e dalla struttura rustica. Il terzo è il Rosso Sancin, composto per l’80% da Merlot e per il 20% da Refosco: è un vino di colore rosso rubino profondo, con profumi fruttati di ciliegie cotte e frutti di bosco, accompagnati da sentori speziati di cannella e chiodi di garofano; di caldo equilibrio con toni di tannini evoluti.

G.M.

 

 
In collaborazione con Help!

 

 


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