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Gli ultimi travasi prima dell’assaggio

 |  Redazione Sconfini

Seguendo il lungo percorso annuale dei viticoltori, alle prese con la preparazione del terreno e la scelta del tipo di allevamento, con la potatura secca e quella verde, con i trattamenti fitosanitari e la vendemmia, siamo arrivati alla fine del percorso. In questo numero di Help! studieremo come il semplice succo d’uva, terminato il periodo della fermentazione alcolica, diventa il familiare vino che quotidianamente troviamo su gran parte delle tavole italiane.

 

> I travasi

 

Come appena accennato, terminata la fermentazione alcolica, ovvero quella serie di trasformazioni biochimiche che modificano lo zucchero presente nel mosto in alcol, otteniamo il cosiddetto vino nuovo. Esso, stando alle parole dei viticoltori esperti come il signor Sancin, che produce diverse varietà di vini sulle sue tenute di Dolina, in provincia di Trieste, è come un neonato che ha bisogno di grande attenzione e particolari cure. Assumono allora particolare attenzione i cosiddetti travasi. Entro venti giorni dalla fine della fermentazione alcolica deve essere effettuato il primo travaso. Con questa operazione si versa il vino nuovo in botti rigorosamente “pulite”, ovvero nuove oppure lavate, ma che in precedenza hanno contenuto esclusivamente vino.

 

Perché si fa questa operazione? Il vino nuovo è ben lontano dall’essere completamente liquido, e infatti sul fondo delle botti si accumulano fecce e lieviti. Il vino, se entra in contatto troppo prolungato con questi sedimenti, modifica il suo sapore, che si guasterebbe irreparabilmente diventando sgradevole (uovo marcio nel peggiore dei casi). Un’altra importantissima precauzione: durante il travaso, il vino non deve enalttrare in contatto con l’ossigeno, considerato uno dei peggiori nemici del vino, soprattutto bianco, che assorbe biochimicamente quasi qualsiasi sostanza con cui entra in contatto.

 

Dopo alcuni mesi di riposo bisogna effettuare il secondo travaso dal momento che nel frattempo alcuni piccolissimi lieviti, molto più leggeri dei precedenti, non sono stati interamente eliminati con il primo travaso e si sono sedimentati sul fondo delle botti.

 

> L’affinamento

 

Una volta che il vino è stato reimmesso in botti nuove, di legno o acciaio, serve un ulteriore periodo di tempo (dai due mesi per il “novello” ai due anni o più a seconda del tipo di vino) affinché il nettare assuma il suo colore definitivo e le sue caratteristiche gusto-olfattive. Soprattutto se riposa in botti di legno, attraverso i pori del legno avvengono una serie di lente ossidazioni che stabilizzano il colore del vino, favoriscono il suo illimpidimento e ne esaltano il gusto stesso. Questa fase, che come abbiamo visto può essere anche molto lunga, è definita anche maturazione.

 

> Imbottigliamento ed etichettatura

 

Terminata la fase della maturazione, si passa all’ultima fase prevalentemente enologica: l’imbottigliamento. Anche questa fase, a dirla tutta, possiede un non marginale elemento prettamente commerciale. Pensiamo ad esempio alle tante forme di bottiglie di vetro esistenti (le più famose sono le borgognotte, le renane e le bordolesi), oppure ai brick in tetrapak e infine alla volumetria del contenitore. In questo caso la più diffusa è la bottiglia da 0,75 litri, ma come possiamo facilmente scoprire visitando qualsiasi supermercato o le enoteche specializzate non sono affatto rari anche altri “formati”, come il litro, il litro e mezzo, i due litri, ma anche il mezzo litro.

 

Ad effettuare materialmente questa operazione ci pensa la macchina imbottigliatrice, che prima filtra il liquido per separare anche gli ultimi sedimenti eventualmente presenti nel vino e poi effettua l’ultimo travaso (prima di quello che porta il vino a scorrere nel bicchiere del consumatore finale), sempre stando attenti a non fare entrare il vino in contatto con l’ossigeno. Solitamente, poi, le bottiglie scorrono su un nastro trasportatore che le accompagna ad un’altra fase ormai completamente automatizzata che viene eseguita dalla tappatrice. Il tappo che viene inserito nella bottiglia può essere di sughero o “tecnologico”, cioè di materiale sintetico come la plastica o il silicone.

 

A questo punto ogni fase enologica sta via via concludendosi e si passa sempre più a quelle maggiormente commerciali. Lo step successivo è la capsulazione, con l’applicazione di una pellicola semimetallica o sintetica attorno al collo della bottiglia. Questa capsula svolge anche il ruolo di protezione del tappo, che potrebbe essere oggetto di attacchi da agenti esogeni. Alla fine, tocca all’etichettatura (obbligatoria) che ha ovviamente anche un ruolo estetico. Sull’etichetta sono presenti per obbligo dati relativi a: colore, tipo di vino, grado alcolico, notizie del produttore. Spesso troviamo anche l’indicazione dell’annata, comunque non tassativa. Ora il prodotto è pronto, e viene messo nei cartoni, che poi saranno lasciati a riposare alcune settimane nei magazzini perché il vino, al momento del filtraggio, subisce un forte stress e deve recuperare le caratteristiche maturate durante l’affinamento.

G.M.

 


In collaborazione con Help! 

 

 


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