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Pensione o non pensione? Questo è il problema!

 |  Redazione Sconfini

Di riforma delle pensioni ogni governo parla, propone, progetta. Probabilmente proprio perché si percepisce la materia come qualcosa in costante divenire e dalla non chiara fisionomia, nasce qualche timore, non del tutto ingiustificato. Sulla base di queste incertezze le assicurazioni hanno realizzato prodotti che vanno sotto il nome di previdenze integrative.

 

Il panorama è vasto e sapersi destreggiare tra le numerose offerte non è facile, ma capire di che cosa si sta parlando è importante perché, se si opta per l’accensione di una polizza di questo genere, ne va davvero del nostro futuro, più o meno prossimo, a seconda dell’età e delle scelte che compiamo. Ci facciamo accompagnare in questo breve viaggio panoramico da Cristiano Pascolo, ispettore capo all’acquisizione e promotore finanziario di Alleanza Assicurazioni.

 

Innanzitutto il prodotto che va per la maggiore è quello che prevede una polizza integrativa della pensione maturata sul posto di lavoro, accompagnata da una polizza di protezione (ovvero un capitale che viene dato alla persona indicata dal contraente nel caso in cui egli deceda prima del termine del contratto, cioè prima di aver effettuato tutti versamenti).

 

Ma le variabili sono davvero molte a partire da quella relativa alla modalità di riscossione dell’investimento. Si può, infatti, chiedere che il capitale venga emesso in un’unica soluzione oppure in rate menaltsili (praticamente o come un trattamento di fine rapporto o come la classica pensione).

 

Un’altra decisione che il contraente deve prendere è quella della scelta del grado di rischio. Per i più cauti è consigliabile la cosiddetta gestione separata, in base alla quale solo una parte del premio assicurativo viene investita in fondi, obbligazioni e azioni, mentre il rimanente garantisce al contraente un rendimento minimo del 2% annuo composto (ogni anno il capitale versato viene rivalutato del 2% e, ogni anno, la rivalutazione viene calcolata sul capitale accresciuto nel corso degli anni).

 

Ma attenzione: quando si parla di cifre, di capitali e di rendimenti la domanda più importante è quella che il professionista corretto e affidabile deve prevenire, cioè a quanto ammontano i costi di gestione. Non tutto ciò che l’assicurato versa va, di fatto, investito perché necessariamente una parte del premio viene utilizzata per coprire le spese vive e per retribuire colui che si occupa della nostra polizza.

 

Pertanto, se si sceglie un profilo ad alto rischio che prevede una maggior attività da parte dell’assicuratore, in quanto effettua frequenti spostamenti di capitale, per esempio, da un fondo azionario ad un altro, è chiaro che il costo di gestione aumenta a fronte della possibilità di ottenere un rendimento più alto; mentre se il profilo preferito è quello con un rischio inferiore, quindi dove il movimento dei capitali è minore (in sostanza l’assicurazione lavora di meno per il cliente), il costo di gestione diminuisce.

 

Sempre in termini di rendimento, un fattore determinante è la durata del contratto. Qualora si punti su un prodotto azionario (a rischio alto) sono necessari almeno 6-7 anni di durata del contratto per avere un rendimento interessante. Più aumenta la durata del contratto, maggiore è il tempo in cui il costo di gestione viene spalmato, incidendo così in misura minore sulla rendita finale.

 

Per quanto riguarda il fattore età, le assicurazioni consigliano di valutare l’idea di stipulare una polizza integrativa sin da giovani, magari con versamenti minimi. Vero è che questi prodotti assicurativi hanno, al di là di quelli che possono essere gli effettivi rendimenti (diffidare di chi garantisce guadagni strabilianti), un indubbio vantaggio, cioè quello di coadiuvare l’intestatario della polizza ad organizzare il proprio risparmio, sostegno da non sottovalutare considerando la compulsività che caratterizza la nostra società.

 

Certo quando ci s’impegna a versare una quota fissa o variabile per venti, trenta o più anni non si può non temere di non riuscire a onorare l’impegno. È bene allora sapere che con le polizze stipulate dopo il 2001 si può interrompere il versamento dopo tre anni (mentre prima si dovevano versare almeno cinque annualità). Quando si decide di riprendere a pagare il premio, si aprono più strade: o si versano gli arretrati, oppure si posticipa la data del termine del contratto, in modo da non mutare i rendimenti. O, ancora, si può lasciare in giacenza quanto versato e riscuotere il capitale alla scadenza naturale del contratto, con rendimenti inferiori a quelli previsti quando si è stipulata la polizza. Dal punto di vista della convenienza è invece assolutamente sconsigliato riscattare il capitale anticipatamente in quanto fortemente penalizzante. Infine, ma ancora molto ci sarebbe da dire, dopo alcuni anni di versamenti (i termini sono uguali a quelli relativi alla possibilità di interruzione), si ha la facoltà di chiedere un prestito all’assicurazione, i cui interessi vengono calcolati in base al tipo di contratto stipulato.

Tiziana Benedetti

 


In collaborazione con Help!

 

 


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