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L’estrazione dell’olio

 |  Redazione Sconfini

Nello scorso numero di Help! abbiamo visto quali sono le operazioni che gli olivicoltori devono eseguire per raccogliere correttamente le olive. Esse non devono toccare terra, devono essere riposte in cassette areate e non devono essere schiacciate: queste sono le tre regole principali nella fase di raccolta. Terminata la raccolta, il prodotto viene portato nell’olivaio, uno spazio arieggiato e non troppo caldo per evitare una precoce ossidazione delle olive o l’avvio di processi di fermentazione in grado di guastare il gusto e l’odore del futuro olio. Ma poi che succede? Naturalmente si provvede alla cosiddetta estrazione dell’olio.

 

> La pressatura

 

Dalla storia antica dell’agricoltura troviamo il metodo tradizionale, quasi l’unico fino ai primi decenni del XX secolo: la pressatura. Da sempre l’uomo, infatti, sfruttando la forza degli animali e alcune leggi della fisica che saranno teorizzate secoli dopo, ha utilizzato questo complesso metodo di estrazione detto “discontinuo” per il fatto che l’agricoltore è protagonista del procedimento molte volte.

 

La prima fase che s’incontra è quella della defogliazione, un’attività che libera i frutti dell’olivo dalle foglie, dai rametti e dalla terra eventualmente depositatasi sull’oliva. Poi si passa ad un accurato lavaggio sotto acqua potabile. Le olive a questo punto vengono scaricate nel frantoio, all’interno del quale sono schiacciate dalle pesanti macine (o molazze), delle ruote di pietra azionate una volta da muli ed oggi (da coloro, sempre meno, che usano questo procedimento) da motori elettrici. Si badi bene che il motore non deve essere a scoppio poiché il prodotto in questa fase è molto “sensibile” all’assorbimento di odori.

 

Ciò che esce dal frantoio è la cosiddetta pasta delle olive, un composto di olio, noccioli triturati e bucce di oliva. A questo punto l’agricoltore è tenuto a riversare la pasta nei fiscoli, dei sacchi fatti di fibra di cocco dalle maglie molto strette. Ciò perché questi sacchi vengono poi adagiati sotto le presse dalla base a doghe. Il peso della pressa schiaccia la pasta e le maglie strette dei fiscoli impediscono la fuoriuscita di ciò che non è una goccia d’olio o d’acqua. In questo modo si ottiene una prima separazione tra succo di oliva e resto del frutto. Ciò che ne esce è un’emulsione di acqua e olio.

 

Le due sostanze devono allora essere separate. Il metodo antico prevedeva l’inserimento dell’emulsione in un cono trasparente all’interno del quale, a causa del diverso peso specifico, l’acqua più pesante finiva sul fondo, mentre l’olio restava sul livello più alto; un’apposita apertura sul fondo permetteva all’acqua di defluire. Al giorno d’oggi l’emulsione viene inserita in una centrifuga che utilizza sempre gli stessi principi (peso specifico) e che allontana l’acqua (espellendola) dall’olio.

 

> L’estrazione

 

Il sempre più diffuso metodo moderno non prevede molti passaggi in meno, ma l’intera procedura è automatizzata e più rapida. Ciò garantisce un prodotto finale migliore (perché meno ossidato e fermentato). Poiché a seconda della tecnologia utilizzata l’agricoltore interviene nella procedura una o al massimo due volte, questo sistema è definito “continuo”.

 

Defogliazione e lavaggio restano tappe obbligate anche per l’estrazione. Poi, però, s’incontra una prima differenza: anziché sotto le macine, le olive vengono schiacciate e triturate sotto i dischi metallici e dentati di moderni mulini metallici. I pesanti dischi assolvono la loro funzione ruotando in senso opposto. A questo punto si ottiene la pasta di olive, che automaticamente viene versata nella gramola, un estrattore centrifugo cilindrico che gira molto velocemente facendo uscire da una parte l’olio e dall’altra la cosiddetta “salsa” (la pasta priva dell’olio che viene poi sparsa nei campi per assolvere la funzione di apporto nutrizionale organico delle piante).

 

> Ed infine…

 

A questo punto, sia che si utilizzi la pressatura tradizionale che l’estrazione, l’olio va nei separatori, che servono a pulire il liquido dalle piccole impurità e dalle ultime goccioline d’acqua. Poi l’olio ripulito riposa per qualche settimana (dai 10 ai 30 giorni), periodo in cui sedimentano le particelle più pesanti: lo scopo è quello di rendere cristallino l’olio. In questa fase la temperatura non deve essere troppo bassa (sotto i 15°C) per evitare la cristallizzazione, ma neppure troppo alta (sopra i 19°C) per evitare la fermentazione. Terminata la sedimentazione, l’olio viene filtrato per eliminare il sedimento ed infine imbottigliato, pronto per essere distribuito nei punti vendita.

 

> L’olio del mese

 

Nel nostro viaggio tra gli oli del Friuli Venezia Giulia ci fermiamo nell’Azienda agricola Sancin di Dolina, in provincia di Trieste: qui viene prodotto un ottimo olio extravergine d’oliva sui terrazzamenti che si trovano sulle colline giuliane a 150 metri s.l.m., proprio secondo la moderna procedura di estrazione. Il suo nome è Celo e proviene da diversi tipi di olivaggio secondo il sistema d’allevamento monocono. Il sapore è profondo, pulito con sentore speziato di erbe fini, finocchio e con richiami al cardo e al carciofo.

G.M.

 


In collaborazione con Help! 

 

 


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