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Biotestamento: quali novità?

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Ho sentito parlare molto spesso, nei recenti dibattiti concernenti il tema “della fine della vita e del diritto a morire con dignità”, del cosiddetto testamento biologico.

Esiste nel nostro Paese la possibilità di decidere in via anticipata a quali trattamenti sanitari si desidera essere sottoposti e, in caso di risposta affermativa, qual è lo strumento per manifestare la propria volontà?

Sul tema della bioetica e, in particolar modo, sulla problematica del “diritto a morire con dignità”, si è sviluppato, nel nostro come in altri Paesi, un intenso dibattito dottrinario, giurisprudenziale e legislativo che ha visto e vede contrapporsi, da un lato, i sostenitori del valore della vita intesa come bene inalienabile ed indisponibile e, dall’altro, coloro che, in nome dei principi dell’autonomia e dell’autodeterminazione della persona, rivendicano il diritto alle proprie scelte anche nel delicatissimo momento della fine della vita, per il caso che il paziente non sia più in grado di esprimere la propria volontà e di opporsi a determinati trattamenti. In gioco vi sono, in entrambe le ipotesi, beni ed interessi che trovano fondamento e tutela negli articoli 2, 3, 13 e 32 della Costituzione (diritto alla vita, diritto alla salute, diritto alla autodeterminazione della persona, diritto alla dignità personale, diritto al rispetto della persona umana, diritto di rifiutare trattamenti sanitari non voluti) ed il cui bilanciamento è certamente di non facile attuazione. Nel nostro ordinamento attualmente non esiste ancora una legge sul cosiddetto testamento biologico, in quanto le diverse proposte di legge presentate sino ad ora, unificate in un unico testo, non sono ancora state approvate dal Parlamento. Nell’ottobre 2008, infatti, il Senato ha avviato l’esame, concluso in prima lettura il 26 marzo 2009, del testo unificato di varie proposte di legge recante disposizioni sul consenso informato e sulle dichiarazioni anticipate di trattamento. Il provvedimento è stato successivamente esaminato, in sede referente, dalla XII Commissione Affari sociali della Camera che ne ha concluso l’esame il 1° marzo 2011. Il 12 luglio 2011 l’Assemblea della Camera ha approvato con numerose modifiche il testo del disegno di legge (n. 2350), ora nuovamente trasmesso all’altro ramo del Parlamento. Il progetto attualmente all’esame del Senato sancisce in via preliminare, all’art. 1, i principi della tutela della vita umana e della dignità della persona, del divieto dell’eutanasia, di ogni forma di assistenza o di aiuto al suicidio e dell’accanimento terapeutico nonché del consenso informato quale presupposto di ogni trattamento sanitario. In particolare, viene ribadito il carattere indisponibile ed inviolabile del bene “vita”, che deve essere garantito anche nella fase terminale dell’esistenza e nell’ipotesi in cui la persona non sia più in grado di intendere e di volere. Dopo aver dettato una disciplina generale del cosiddetto consenso informato, il disegno di legge prevede, all’art. 3, la possibilità, per i soggetti in stato di piena capacità di intendere e di volere, di predisporre una dichiarazione anticipata di trattamento in cui, previa compiuta informazione medico-clinica, è possibile esprimere orientamenti e informazioni utili per il medico circa l’attivazione di trattamenti terapeutici con riguardo ad un’eventuale futura perdita permanente della capacità di intendere e di volere. Con la dichiarazione anticipata è possibile, tuttavia, esplicitare la rinuncia solo a particolari trattamenti terapeutici di carattere sproporzionato o sperimentale, mentre non è possibile inserire nella stessa indicazioni che integrino le fattispecie di cui agli articoli 575, 579 e 580 del Codice penale (omicidio, omicidio del consenziente, istigazione o aiuto al suicidio) ovvero rifiutare l’alimentazione e l’idratazione, le quali non possono pertanto formare oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento. La dichiarazione, cui viene riconosciuta una validità di cinque anni salva la possibilità di rinnovo, revoca e modifica in ogni momento, deve essere redatta in forma scritta con atto avente data certa e firma autografa e può essere sottoscritta solo da soggetti maggiorenni in piena capacità di intendere e di volere. Unico soggetto legittimato a riceverla è il medico di medicina generale, il quale è tenuto contestualmente a sottoscriverla. In base al progetto di legge, alcun valore viene riconosciuto ad eventuali dichiarazioni di intenti o orientamenti espressi al di fuori delle forme e dei modi previsti né tali indicazioni possono essere utilizzate ai fini della ricostruzione della volontà del soggetto. La possibilità di esprimere in modo anticipato le proprie indicazioni – seppure nel rispetto dei ristretti limiti previsti dal disegno di legge – viene, tuttavia, svuotata di significato poiché la disciplina, all’art. 7, sancisce la non obbligatorietà per il medico di seguire gli orientamenti espressi dal paziente. Attualmente, nelle more dell’iter legislativo, l’unico strumento che, sulla base della vigente normativa, può essere utilizzato per la gestione, da parte di un singolo individuo, della propria futura incapacità, anche o soprattutto al fine di esprimere la propria volontà in ordine a trattamenti sanitari cui essere sottoposti o meno, è l’atto di designazione di amministratore di sostegno previsto dall’art. 408 del Codice civile, il quale sancisce la possibilità di designare, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, la persona che si desidera ricopra tale incarico in caso di necessità. Pur mancando una disciplina analitica di tale atto, si ritiene che lo stesso possa contenere, oltre all’individuazione del proprio futuro amministratore di sostegno, anche ulteriori contenuti in termini di vere e proprie direttive anticipate da seguire in ordine al consenso ad eventuali trattamenti terapeutici. Anche in questo caso, tuttavia, rimane il limite del carattere non vincolante della designazione (e del suo contenuto ulteriore), in quanto il potere di nominare l’amministratore di sostegno è una prerogativa assoluta dell’autorità giudiziaria, che potrà decidere anche in merito alle indicazioni di carattere oggettivo espresse dal designante. Si può, pertanto, affermare che non esiste ancora, nel nostro ordinamento, la possibilità per il singolo individuo di redigere un vero e proprio testamento biologico, stante la mancanza di una chiara e compiuta disciplina legislativa in merito. Paola Nodari, avvocato


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