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Fallimenti: una sentenza innovativa

 |  Redazione Sconfini

All’inizio della scorsa primavera ho sottoscritto un preliminare di compravendita per l’acquisto di un appartamento. La data per la stipula del rogito definitivo è stata fissata per il gennaio di quest’anno. Purtroppo nel corso di questi mesi il promesso acquirente è stato dichiarato fallito, ed in conseguenza di ciò non si è potuto procedere secondo quanto pattuito. Confesso di essere molto preoccupato per quanto riguarda il destino dell’appartamento che ritenevo a breve di mia proprietà, in quanto al momento mi trovo ad aver subito un danno, da un lato rappresentato dall’anticipo versato al promesso acquirente, e dall’altro dalla estrema incertezza su quello che mi attende. Pertanto, per salvaguardare il mio diritto all’acquisto, mi sono rivolto al Tribunale: la causa è attualmente pendente. Con l’iniziativa intrapresa vi sono prospettive concrete di vittoria per me?

Lettera firmata

 

Al lettore innanzitutto chiarisco che fino a poco tempo fa le prospettive per potersi vedere riconosciuto un diritto acquisito alla futura vendita dell’appartamento a proprio favore, in caso di fallimento del promesso venditore, potevano essere considerate estremamente scarse, posto che la normativa in vigore preferenziava in maniera palese ed incontrovertibile il diritto di subentro del fallimento in qualunque rapporto riguardante il fallito (compresi quindi anche eventuali preliminari di vendita sottoscritti) prevalente su quelli da riconoscersi in capo a soggetti che si fossero impegnati a qualunque titolo con il fallito stesso.

Sulla base di una siffatta situazione al lettore non sarebbe rimasto che inserire allo stato passivo del fallimento (ed intendendosi con questo termine l’elenco delle passività a carico del fallito) il proprio credito rappresentato dall’anticipo versato al momento della stipula del preliminare di vendita: nulla di più.

Un tanto giacché sicuramente il curatore fallimentare (che rappresenta il fallito) avrebbe avuto diritto di revocare il preliminare considerando – si ripete – il suo diritto di acquisire più attivo possibile alla massa fallimentare prevalente sul diritto del lettore.

Attualmente (oserei dire finalmente) la Giurisprudenza della Suprema Corte con un’innovativa sentenza del luglio 2004 ha determinato una vera e propria inversione di tendenza con riferimento ai poteri del curatore fallimentare, e sulla possibilità che il bene, già del fallito, possa rimanere nell’attivo del fallimento per essere liquidato in funzione della soddisfazione dei crediti ammessi al passivo.

Infatti, se la trascrizione della domanda è avvenuta prima della dichiarazione di fallimento, il curatore non può esercitare la facoltà di sciogliersi dal contratto preliminare, ovvero, se si ritiene che tale facoltà sia comunque esercitabile, l’efficacia della scelta compiuta in corso di causa (eventualmente intrapresa dal lettore per vedersi riconosciuto il diritto all’acquisto) resterà condizionata al passaggio in giudicato della sentenza di accoglimento, retroattiva al momento della trascrizione della domanda, nel senso che solo in caso di rigetto, per mancanza dei suoi propri presupposti, la scelta del curatore potrà produrre il suo effetto di far cadere il bene nell’attivo fallimentare.

In termini pratici, il promissorio acquirente (nel nostro caso il lettore) che abbia iniziato una causa per sentire pronunciare sentenza che tenga luogo del contratto non concluso, se ha trascritto la propria domanda nei registri immobiliari, può dormire sonni più tranquilli: se sopravviene il fallimento della controparte, il curatore subentrerà nella posizione processuale del fallito, ma non potrà chiedere il rigetto della domanda soltanto esercitando il recesso di cui alla legge fall., art. 72, comma 4.

Si tratta dunque di un notevole passo in avanti in funzione della protezione della posizione del promissorio compratore nel caso di fallimento dell’altro stipulante di un contratto preliminare di compravendita.

In conclusione, si può certamente affermare che sulla scorta della recente “svolta” delle Sezioni Unite, la sentenza che accoglie la domanda di esecuzione specifica di un preliminare non concluso produce effetti soltanto dal momento del suo passaggio in giudicato.

Si deve quindi considerare come trasferito il bene sin dal momento della trascrizione della domanda giudiziale (accolta con sentenza passata in giudicato) impedendo così al curatore, che eserciti la facoltà di recesso dal contratto, di acquisire il bene all’attivo fallimentare.

Da tutto ciò si può dedurre fondatamente che le prospettive per il lettore di vedersi riconosciuto il suo prioritario diritto ad ottenere in piena proprietà l’appartamento oggetto del preliminare sottoscritto sono reali e concrete.

avv. Marcello Giordano

 

 

 

 


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