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La tutela dei minori

 |  Redazione Sconfini

Sono divorziata da oltre cinque anni e sono affidataria di mia figlia (minore), che pertanto vive con me. Con il mio ex marito ho cercato, vanamente, di mantenere dei rapporti civili nell’interesse di nostra figlia che non desidero abbia conseguenze di carattere psicologico dal fatto che i genitori non vivono più insieme. Purtroppo, nel corso delle visite del padre alla figlia (visite nel corso delle quali la stessa passa il week-end con il padre e così le feste principali ed un lungo periodo durante l’estate) questo si comporta nei confronti della figlia in modo assolutamente inaccettabile sotto ogni profilo in quanto spesso nei suoi confronti è violento, giungendo più di qualche volta ad imporre con la costrizione psicologica e fisica condizionamenti pregiudizievoli per l’equilibrio psicofisico della bambina, che torna a casa visibilmente scossa. Ho invitato a più riprese il padre ad astenersi da siffatti comportamenti che – tra l’altro – non risparmiano né la mia figura di madre, né quella della mia famiglia, nei cui confronti questo si esprime – alla presenza della figlia – con apprezzamenti duramente negativi. Non intendo tollerare ulteriormente siffatta situazione soprattutto e principalmente nell’interesse di mia figlia. Posso ottenere dal Tribunale adeguata assistenza?

Lettera firmata

 

La lettrice deve innanzitutto sapere che entrambi i genitori (anche se separati o divorziati) sono titolari della patria potestà nei confronti dei figli, intendendosi – questa – quale diritto dovere di vegliare e provvedere a favore dei figli affinché questi crescano in maniera adeguata, sia sotto il profilo psicofisico sia sotto il profilo economico e culturale.

È evidente che in questo ambito il comportamento tenuto dai genitori nei confronti dei figli è il caposaldo irrinunciabile affinché l’esercizio della patria potestà possa espletare tutti i suoi benefici effetti che il Legislatore ha previsto ed auspica a favore dei figli: un tanto è più vero e contingente se riferito a figli di genitori divorziati in quanto, proprio per la situazione che gli stessi vivono, devono essere considerati soggetti particolarmente deboli, e come tali degni di particolare attenzione.

La patria potestà, qualora il comportamento di uno o entrambi i genitori non risponda ai canoni richiesti dal Legislatore, può essere dichiarata decaduta a norma dell’art. 330 del vigente Codice Civile. Presupposto affinché sia dichiarata dal Tribunale dei minori la decadenza dalla patria potestà sui figli è l’accertamento di una condotta pregiudizievole del genitore.

Su tale concetto è bene ricordare che ripetute pronunce di vari Tribunali dei Minori hanno chiarito come, nel concetto di condotta pregiudizievole del genitore, bisogna comprendere non solo gli abusi o i maltrattamenti, commessi direttamente sulla persona del minore, ma anche quelli indiretti, perpetrati nei confronti di stretti congiunti a lui cari (quali la visione da parte del minore di ripetute aggressioni – anche psicologiche – alla madre da parte del padre) integrando – questi – un vero e proprio abuso o maltrattamento del minore. È evidente, pertanto, come l’orientamento dei principali Tribunali dei Minori nazionali indichi, senza tema di smentita, come il concetto di condotta pregiudizievole sia ben individuato ed identificabile e soprattutto – nel caso esposto dalla lettrice – perfettamente aderente al suo auspicio di assistenza da parte dell’Autorità Giudiziaria nell’interesse della figlia.

Invito quindi la lettrice a rivolgersi con fiducia al Tribunale dei Minorenni, al quale esporre la delicata ed articolata situazione che la contrappone all’ex marito (padre della minore), con la certezza che da parte di questo vi sarà attenzione massima e conseguenziale pronuncia – qualora ne individui i presupposti – di decadenza della potestà del padre sulla figlia.

Indubbiamente il provvedimento indicato è particolarmente “pesante” per il genitore che lo subisce, ma da questo punto di vista il legislatore non ha dubbi: sopprimere un diritto genitoriale – in caso di indegnità – è sicuramente cosa lodevole se rapportata al prioritario interesse del minore che è quello di usufruire di una crescita psicofisica la più equilibrata e serena possibile.

avv. Marcello Giordano

 

 

 


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