Le controversie tra consumatore e venditore
Recentemente ho sottoscritto un contratto d’acquisto di un appartamento con la formula della multiproprietà. Poiché la prestazione promessami in contratto è risultata, in realtà, del tutto difforme e quindi non di mio gradimento, ho comunicato a mezzo raccomandata a/r il mio recesso. Per tutta risposta... la società venditrice mi ha citato in giudizio innanzi il Tribunale di Milano in forza di una clausola inserita nel contratto (francamente da me non opportunamente valutata e sottoscritta in assoluta buona fede), che prevede l’indicazione del Tribunale competente a dirimere eventuali contenziosi solo da parte del venditore. Detta clausola presuppone per me un disagio economico non indifferente in quanto dovrei domiciliarmi presso uno studio legale di Milano, quando sarebbe per me molto più agevole poter discutere la causa innanzi il Tribunale di Trieste, ove io risiedo. Posso in qualche modo ottenere l’annullamento di detta clausola e quindi costringere il venditore a discutere la questione nella mia città?
Lettera firmata
Per poter rispondere adeguatamente al quesito posto dal lettore, bisogna ricordare innanzitutto che in Italia i cosiddetti “contratti del consumatore” sono stati introdotti con la legge 6 febbraio 1996, n. 52, che ha dato attuazione alla direttiva europea n. 13 del 1993 riformando il Codice Civile al Capo XIV bis e ss. e istituendo una tutela del contraente-consumatore. Il consumatore viene individuato dall’art. 169 bis, comma 1, C.C. nella “persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta”.
Il nostro Codice all’art. 1469 bis, primo comma, individua una serie di clausole, estensibili per analogia, che si presumono vessatorie fino a prova contraria, la cosiddetta lista grigia. Il medesimo articolo al comma 3, punto 19, prevede in particolare l’abusività delle clausole che hanno per oggetto (o per effetto) di stabilire come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore.
La logica della norma in esame, infatti, risiede nella necessità di tutelare il contraente più debole (il nostro lettore) nei confronti della controparte (la società venditrice) che ha interesse a radicare eventuali giudizi nel luogo ove ha la sua sede legale. In tal modo, infatti, quest’ultima non solo economizza i propri costi di gestione, ma scoraggia, di fatto, l’instaurazione di cause da parte del consumatore, costretto a sostenere oneri e difficoltà maggiori in città diverse da quella di residenza.
Già prima dell’introduzione della normativa citata, l’art. 1341, secondo comma, C.C. disponeva l’inefficacia delle clausole poste a carico dell’aderente che sancivano deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria, se non approvate per iscritto.
Invero una interessante sentenza della Suprema Corte (Cassazione Civile, Sez. Unite, 1° ottobre 2003, n. 14669) ha evidenziato come la disposizione dettata dall’art. 1469 bis, terzo comma, n. 19, C.C. s’interpreta nel senso che il legislatore, nelle controversie tra consumatore e venditore, abbia stabilito la competenza territoriale esclusiva del Giudice del luogo della sede o del domicilio elettivo del consumatore, presumendo vessatoria la clausola che individui come sede del foro competente una diversa località.
La disputa dottrinaria e giurisprudenziale in ordine alla portata dell’art. 1469 bis, terzo comma, n. 19, C.C. si è così risolta a favore del consumatore con la sentenza sopra indicata, accordandogli una maggiore protezione nelle controversie del tipo indicato dal lettore. Infatti, questi potrà far dichiarare immediatamente l’inefficacia della clausola derogatrice del foro esclusivo, indicata dalla società venditrice.
Concludendo: in presenza di un contratto stipulato tra un venditore ed un consumatore contenente la clausola abusiva derogatrice del foro del consumatore, quest’ultimo può procedere, anche in via giudiziale, per farla dichiarare inefficace con conseguente riconoscimento del foro esclusivo presso la propria residenza o il domicilio eletto.
Prima di intraprendere l’azione giudiziale, però, è opportuno inviare al venditore una diffida stragiudiziale, invitandolo a rimuovere spontaneamente la clausola abusiva in applicazione dell’art. 1469 bis, terzo comma, n. 19 C.C.; invito, pertanto, il lettore ad agire senza indugio nei termini suggeriti.
avv. Marcello Giordano