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I conti correnti cointestati

 |  Redazione Sconfini

 

Alcuni anni or sono, ho acceso un conto corrente bancario cointestando lo stesso a me e ad un mio cugino, a firma disgiunta. Ciò ci ha permesso di operare su detto conto in massima libertà e fiducia. Purtroppo recentemente

mio cugino è mancato ed ora sono preoccupato, e mi chiedo: poiché dopo tale evento ho continuato ad operare sul conto corrente indicato, gli eredi di mio cugino possono contestare tali operazioni ritenendomi responsabile nei loro confronti?

Lettera firmata

 

Devo innanzitutto chiarire al lettore come la regolamentazione in conto corrente di una pluralità di rapporti con l’istituto di credito ad opera di due (o più) soggetti intestatari senza ripartizione specifica delle quote, con firma disgiunta e con facoltà identiche, pone il problema di stabilire quali siano i limiti del potere di disposizione di ciascuno degli intestatari. Si tratta di verificare se ciascuno dei titolari del conto possa disporre anche oltre la quota formale di spettanza, e che cosa accada delle operazioni eventualmente compiute oltre i limiti di tale quota prima del decesso e successivamente all’apertura della successione in rapporto all’altro intestatario.

 

Poiché le operazioni compiute sul conto corrente presuppongono l’autorizzazione della banca di traenza, si tratta altresì di stabilire se vi sia una responsabilità, fonte di obbligazione risarcitoria, dell’istituto di credito per le operazioni compiute dall’intestatario superstite oltre i limiti della quota astratta di spettanza prima della morte di uno dei due titolari e successivamente alla stessa, prima della formale comunicazione da parte degli eredi del defunto.

 

La Suprema Corte con diversi interventi sulla questione ha precisato come i rapporti interni fra i correntisti non sono regolati dall’art. 1854 del Codice Civile, che attiene ai rapporti fra questi e la banca, ma dall’art. 1298, comma 2, in forza del quale nei rapporti interni l’obbligazione in solido si divide fra i diversi debitori o tra i diversi creditori (salvo che risulti sia stata contratta nell’interesse esclusivo di alcuno di essi), per quote uguali salvo che non risulti altrimenti.

 

Mentre, pertanto, non vi è dubbio circa il potere di disposizione del conto anche oltre la quota paritaria al medesimo facente capo, da parte del contestatario durante la normale operatività del conto medesimo, anche successivamente al decesso dell’altro titolare, il cointestatario superstite conserva tale potere di disposizione sull’intero saldo attivo fino a che l’erede dell’intestatario defunto non abbia espressamente comunicato all’istituto di credito la propria opposizione.

 

Di regola, il contratto di conto corrente bancario evidenzia, nella finalità obiettiva di deresponsabilizzare la banca per gli atti di disposizione compiuti dal cointestatario superstite successivamente alla morte dell’altro titolare, l’obbligo della banca di richiedere il concorso fra cointestatario ed eredi del defunto quando anche uno solo di questi ultimi abbia espresso opposizione.

 

Successivamente all’esercizio dell’opposizione è facoltà della banca inibire operazioni eccedenti la quota del cointestatario o anche, secondo una prassi diffusa anche connessa con il “peso negoziale” del correntista, opporre rifiuto al compimento di ogni operazione sul conto, mentre nessun rifiuto della banca potrebbe apparire legittimo in ordine agli atti dispositivi antecedenti all’opposizione dell’erede da parte del cointestatario superstite, rimanendo del tutto irrilevante la mera conoscenza dell’istituto in ordine al decesso dell’intestatario, prima dell’esercizio dell’opposizione.

 

altIn conclusione, per il solo fatto che il lettore attesti che dopo la morte del cugino egli abbia potuto operare senza alcun problema sul conto cointestato, si dimostra inequivocabilmente come la banca non sia venuta a conoscenza non (si badi bene) della morte del cointestatario bensì di una volontà esplicita degli eredi di inibire al lettore cointestatario superstite ulteriori operazioni sul conto; ed, in effetti, solo ed unicamente da quest’ultimo momento (si riafferma: la comunicazione ufficiale da parte degli eredi di inibire ulteriori operazioni sul conto corrente contestato) vi è coinvolgimento in responsabilità solidale tanto del lettore quanto della banca, ma sempre sulla base del presupposto che il primo abbia operato post mortem del cugino in eccedenza rispetto alla quota lasciata dalla legge alla sua disponibilità e pari al 50% del saldo risultante al momento del decesso del cugino.

 

La prassi bancaria poi in pratica opera di volta in volta in maniera diversificata, proprio in considerazione di particolari rapporti fiduciari intercorrenti con il lettore o – in senso contrario – optando per un “congelamento” prudenziale di ogni operazione di conto corrente non appena si è venuti a conoscenza della dipartita del cointestatario.

 

Si tratta – si ribadisce – di prassi e non di obblighi di legge che al contrario risultano essere quelli prima indicati, e che responsabilizzano questa – la banca – solo ed unicamente una volta ricevuta la comunicazione ufficiale da parte degli eredi del cointestatario defunto del loro intendimento di non autorizzare operazioni di sorta e riguardanti la quota di spettanza del defunto.

 

Marcello Giordano, avvocato

  

  
In collaborazione con Help!

 

 


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