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Prestito: a quali condizioni?

 |  Redazione Sconfini

Dovendo affrontare impegnativi lavori di ristrutturazione del mio appartamento, intendo ricorrere ad un prestito bancario personale. È mia intenzione garantire l’estinzione dell’obbligo assunto con la mia retribuzione quale lavoratore dipendente del settore privato. Desidererei conoscere, se vi sono, quali siano i limiti impostimi dalla legge nell’assumere un siffatto impegno economico. Ringrazio rimanendo in attesa di risposta.  (Lettera firmata)

 

Il ricorso alla cessione in garanzia di quote del proprio stipendio costituisce da sempre uno strumento a cui i lavoratori possono ricorrere per accedere a finanziamenti.

 

Dal punto di vista normativo, fino ad epoca recente ai soli dipendenti delle amministrazioni pubbliche venivano imposti dei limiti alla disponibilità a tale cessione ai sensi del D.P.R. 180/50 dd. 05.01.1950, limite espresso nella misura di 1/5 dello stipendio percepito.

 

Al contrario, per i dipendenti del settore privato ci si doveva riferire unicamente all’art. 1260 e ss. del Codice Civile, derivandone pertanto che per essi non vi era alcun limite alla cedibilità della propria retribuzione.

 

Ultimamente con alcuni interventi legislativi attuati nel periodo 2004-2005, e specificatamente con riferimento alla Legge 80/05 dd. 14.05.2005, anche per i lavoratori dipendenti del settore privato sono state previste limitazioni alla cedibilità della propria retribuzione a titolo di garanzia.

 

Tali condizioni limite si possonalto così sintetizzare:

1) cedibilità della retribuzione non superiore ad un quinto;

2) durata della cessione non superiore a dieci anni;

3) stabilità nel rapporto di impiego;

4) titolarità di uno stipendio o salario fisso e continuativo e del diritto a conseguire un qualsiasi trattamento di quiescenza.

 

A questi capisaldi si aggiungono quali ulteriori limiti in capo al lavoratore:

a) l’obbligo di stipula di un’assicurazione sulla vita e contro i rischi di impiego;

b) la certificazione di sana e robusta costituzione;

c) il non aver superato il sessantacinquesimo anno di età;

d) l'obbligo di non contrarre prestito superiore alla cessione di tante quote mensili quanti sono i mesi necessari per il conseguimento del diritto al collocamento a riposo nel caso in cui al dipendente manchino meno di dieci anni per conseguire la quiescenza;

e) il divieto di contrarre una nuova cessione prima che siano trascorsi almeno due anni dall’inizio della prima, se stipulata per un quinquennio, o almeno quattro anni se stipulata per un decennio, salvo il caso di estinzione anticipata.

 

Per quanto riguarda il datore di lavoro, va ricordato che il dipendente, una volta perfezionato l’accordo con l’erogatore del prestito, dovrà unicamente limitarsi a notificare allo stesso l’operazione ai sensi e per gli effetti dell’art. 1264 del Codice Civile.

 

Il datore di lavoro, pertanto, a decorrere dalla notifica della cessione, dovrà mensilmente trattenere la quota oggetto di cessione dalla retribuzione del dipendente, nei limiti di un quinto della stessa, calcolata sulla retribuzione netta e versata al soggetto cessionario entro il mese successivo a quello cui le quote si riferiscono (art. 29 del Decreto).

 

Pertanto, in conclusione, rispondendo al lettore, vi è da evidenziare come grazie alla nuova normativa in materia egli potrà stipulare un contratto di prestito personale secondo le modalità ritenute più opportune, ma tenendo presente che la garanzia che andrà a prestare a mezzo cessione del proprio stipendio dovrà tenere inevitabilmente presente i limiti che la nuova normativa prevede, con ciò parificando il regime di legge a quello già operativo da tempo nell’ambito della dipendenza pubblica.

 

Marcello Giordano, avvocato

 

 

In collaborazione con Help!

 

 


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