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Dove sono finiti i miei capelli?

 |  Redazione Sconfini

Nelle stagioni di transizione (autunno e primavera) la caduta di capelli spesso aumenta perché l’uomo conserva una manifestazione ancestrale propria di altri mammiferi pelosi: la muta.

La capigliatura è a metà strada fra natura e cultura, fra pelle e vestiario. È un ornamento che rappresenta qualcosa di visibile e qualcosa di nascosto: un vestiario naturale, fondamentale ed enfatizzato, perché prolunga ed estende il nostro corpo al suo estremo superiore con propaggini che divengono fonte di condizionamenti ideativi, ideologici ed emotivo-affettivi. Un ornamento ritenuto immutabile in quanto vivo ma in realtà modificabile perché tagliabile, acconciabile e tingibile, che si fa mezzo di comunicazione di messaggi non verbali, strumento di relazione, investibile di significati particolari, sociali, religiosi, magico-mistici. La capigliatura è nel contempo oggetto che influenza la mente e terreno dove la mente estrinseca le sue fantasie fino a turbamenti profondi, “psicopatologizzando” talvolta i problemi che ad essa si riferiscono.

 

L’attività fisiologica dei capelli prevede una nascita, un periodo di crescita più o meno lungo, e infine la morte stessa del capello. Non è definibile un loro numero preciso che contraddistingue la normalità perché la caduta dei capelli dipende anche dalla quantità di quelli presenti sul cuoio capelluto. Per non andare incontro a calvizie, è necessario che tutti i capelli che cadono siano sostituiti. Anche se cadono solo dieci capelli al giorno, lo spettro calvizie può materializzarsi se ne vengono sostituiti di meno. Nei periodi aprile-maggio e settembre-novembre, grazie alla diversa esposizione solare e alla conseguente influenza ormonale, si attiva un processo sincronizzato di caduta con aumento del numero di capelli perduti. È un fatto fisiologico che non è causa di calvizie definitiva e che non deve allarmare.

 

La caduta dei capelli non è più da considerare fisiologica e normale se un numero rilevante e pronunciato non viene rimpiazzato e se magari si vivono condizioni psicofisiche difficili. Shock emotivi, periodi di super attività (studio, responsabilità professionali, difficoltà familiari, problemi di relazione), attività sportive o professionali faticose e non associate a regimi alimentari compensativi, superlavoro e malattie debilitanti possono essere la causa di una caduta straordinaria. Se si interviene sulle cause del fenomeno con trattamenti generali consigliati da uno specialista dermatologo, si possono riportare le condizioni alla normalità in un tempo relativamente breve e con elevate probabilità di successo. Diversa è la condizione di alopecia ovvero quando si rende molto evidente e duratura la diminuzione della qualità (colore, spessore) e della quantità dei capelli o la loro scomparsa in diverse zone del capo.

 

L’alopecia può essere definita in vari modi: androgenetica, se riguarda i capelli delle zone frontali e superiori del capo; areata quando si manifesta con chiazze prive di capelli che possono essere localizzate in ogni regione del cuoio capelluto; totale, con scomparsa dei capelli su tutto il capo; universale se riguarda i peli di tutto il corpo. Il defluvium telegenico è l’evento che si manifesta con un incremento del numero di capelli che cadono da tutto il cuoio capelluto: non è una vera e propria malattia bensì la manifestazione esterna di uno stress fisico o psicologico, una malattia, una cura farmacologica, una dieta sbagliata o estrema; i capelli appaiono opachi, sottili, untuosi.

 

L’alopecia è frequente soprattutto fra gli uomini. Qual è la forma più diffusa?

“La principale forma di alopecia maschile – risponde la dottoressa Majda Cossutta, specialista dermatologa – è quella ereditaria o alopecia androgenetica (AGA). I vari stadi del fenomeno vengono classificati in base alla scala di Hamilton: vanno dalla semplice stempiatura alla calvizie ippocratica. Anche il padre della medicina occidentale, il greco Ippocrate, ne era affetto, come attestano le sue effigi marmoree, facendoci capire che non si tratta di un problema per così dire moderno e solo attuale ma che accompagna l’homo sapiens da sempre”.

 

Anche se ancora non totalmente chiarite e conosciute, quali sono le cause più definibili?

“La causa sta nell’ipersensibilità geneticamente determinata dei follicoli piliferi (dove nascono i capelli) all’azione del diidrotestosterone, forma attiva del testosterone. Nei follicoli sensibili il diidrotestosterone innesca il fenomeno di miniaturizzazione che porta a un rimpicciolimento del follicolo, il quale produrrà man mano, di ciclo in ciclo, capelli sempre più sottili fino a non riuscire a produrre nulla di più grande di un pelo quasi invisibile a occhio nudo, il cosiddetto pelo velo, come ne abbiamo milioni su tutto il corpo”.

 

Nella donna la calvizie è meno frequente e diffusa. Quando e come si presenta?

“Nella donna l’AGA non è mai così grave come nel maschio. Nella maggior parte dei casi si sviluppa dopo la menopausa. Può manifestarsi prima se la donna ha ereditato la predisposizione da entrambi i genitori o se è affetta da problemi endocrini (ovaio policistico); in questi casi è opportuno eseguire adeguati e approfonditi accertamenti di laboratorio. Un’altra condizione frequente nelle donne è la perdita di capelli a tre mesi dal parto e quella per carenze nutrizionali, a cui molte sono spesso soggette per eccessiva perdita di ferro con il sangue mestruale”.

 

I capelli prima di cadere ci avvisano: si indeboliscono progressivamente, si assottigliano, perdono consistenza. Quasi mai cadono bruscamente. Quando c’è il sospetto di eccessiva perdita di capelli, quindi, è bene rivolgersi con sollecitudine allo specialista…

“La diagnosi è essenzialmente clinica ed è ancora più semplice da quando abbiamo a disposizione il dermatoscopio, che ci permette di valutare lo stato dei follicoli piliferi e dei capelli senza strappare capelli come invece avviene per il tricogramma”.

 

Quali sono le più attuali soluzioni terapeutiche?

“Gli antichi egizi risolvevano il problema delle calvizie con le parrucche; attualmente la moderna farmacologia ha trovato rimedi molto efficaci, a condizione però che siano usati adeguatamente, con regolarità e continuità. Due molecole sono a disposizione e precisamente la finasteride e il minoxidil; per la donna la terapia può avvalersi di particolari pillole anticoncezionali a base di antiandrogeni. La finasteride è un farmaco ben conosciuto e studiato, già da tempo usato per la cura dell’ipertrofia prostatica. La sua azione è quella di impedire la formazione del famigerato diidrotestosterone inibendo l’azione dell’enzima che lo produce. Non vi sono ripercussioni sulla vita sessuale in quanto l’enzima inibito è quello che lavora nella ghiandola prostatica e nei follicoli piliferi e non in altre parti dell’apparato genitale maschile. Nelle donne in età fertile colpite, fortunatamente meno di frequente, da alopecia androgenetica, per precauzione, questo farmaco non va mai usato. Se l’assetto ormonale è nella norma si ricorre al minoxidil in lozione. Tale farmaco è stato usato agli inizi per la cura dell’ipertensione arteriosa grave; si è poi osservato e verificato che faceva crescere a tutti i pazienti capelli e peli. Così è stata sfruttata questa sua “virtù” in lozione in modo da focalizzarla solo su zone in cui è ben accetta la trasformazione di peli folletto in fusti più consistenti. Come per la finasteride l’azione del minoxidil sul follicolo pilifero è efficace e dura fino a quando lo si usa in quanto la programmazione del destino biologico del capello è già avvenuta. Smettendo la terapia ci si ritrova esattamente al punto in cui si sarebbe stati se non si fosse fatto nulla. Nei casi di alopecia androgenetica inveterata i farmaci non hanno possibilità di invertire il ciclo del follicolo: in queste situazioni il trapianto chirurgico di follicoli dalla nuca, che non sono sensibili all’azione miniaturizzante del diidrotestosterone, può essere una soluzione. Il risultato va poi mantenuto con il minoxidil e la finasteride”.

 

In quali altre forme si può presentare la calvizie?

“Con sempre maggiore frequenza si osservano situazioni particolarmente stressanti favorevoli o concausa della perdita di capelli. Lo stress cronico aumenta la produzione degli ormoni della ghiandola surrenale e questi sicuramente non fanno bene ai follicoli piliferi. La psiconeuroimmunoendocrinologia è una branca relativamente giovane della medicina che sta studiando proprio le connessioni tra situazioni psicologicamente sfavorevoli e l’insorgere di malattie, in particolare quelle autoimmuni come l’alopecia areata, dove la perdita di capelli avviene a chiazze rotonde e la pelle si presenta liscia e senza un pelo. Per cause ancora sconosciute i linfociti provocano l’infiammazione che distrugge i capelli. A volte, però, l’infiammazione può interessare anche i peli del corpo e allora bisogna avere molta pazienza e costanza prima di poter risolvere il quadro patologico”.

Ignazia Zanzi

 

IL CICLO VITALE DEL CAPELLO

 

Il capello è una complessa struttura, un organo in miniatura composto da elementi costitutivi e strutture accessorie. La parte esterna, il fusto, è un filamento cilindrico formato da cheratina, una proteina fibrosa. La parte interna al cuoio capelluto è la radice, che termina con il bulbo, ingrossamento tondeggiante racchiuso nella cavità detta follicolo pilifero. Alla base del follicolo c’è la papilla germinativa, vero centro vitale del capello: i numerosi vasi sanguigni portano ossigeno ed elementi nutritivi, assicurando che il fusto del capello cresca e si allunghi all’esterno. Satelliti e collegate ai capelli si trovano le ghiandole sebacee che producendo sebo (sostanza oleosa che forma un sottile velo nutritivo e riparatore e protegge dalle aggressioni esterne) in forma fisiologica li rende morbidi e lucidi.

 

I capelli nascono, vivono e muoiono. Le fasi della loro esistenza sono tre: crescita, riposo e caduta.

- Fase di crescita ANAGEN: le cellule del bulbo si moltiplicano, formano cheratina e il fusto cresce; è la fase più lunga (2-3 anni nell’uomo, fino a 6 nella donna) e la durata tende ad accorciarsi con l’invecchiamento.

- Fase di riposo CATAGEN: le cellule cessano la moltiplicazione e il bulbo risale verso la superficie. La durata è di 2-3 settimane.

- Fase di caduta TELOGEN: il capello definitivo aspetta di essere espulso e di far posto a uno nuovo; il bulbo, a riposo per circa 3 mesi, tornerà a proliferare, riformando il capello con una nuova fase anagen.

Queste fasi interessano una parte dei capelli in modo che, in condizioni fisiologiche, in una persona giovane e sana, che possiede circa 100.000 capelli, siano in equilibrio il numero di capelli persi e quelli compensati, mantenendo una chioma folta e fluente.

 


In collaborazione con Help! 

 

 


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