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Come riconoscere un neo pericoloso

 |  Redazione Sconfini

La bella stagione ripropone, col piacere dell'esposizione rituale al sole, l'invito alla moderazione e alla prudenza da parte dei dermatologi. "Esporsi al sole è un'abitudine sempre più diffusa, motivata da un'immagine estetica socialmente vincente ed evocativa, che non è da demonizzare - spiega il dottor Alessandro Gatti, specialista dermatologo alla Clinica Dermatologica dell'Università di Trieste - ma non va sottaciuta la raccomandazione di esporsi gradatamente, evitando le dosi eccessive di raggi soprattutto se si hanno alcune caratteristiche fisiche che rendono vulnerabili a scottature ed eritemi". 

Il modello di esposizione più rischioso è quello intenso e intermittente da parte di soggetti dalla carnagione chiara che non si abbronza mai, con occhi chiari e capelli biondo-rossi. L'abbronzatura - data dalla melanina, pigmento che fa da scudo al DNA cellulare cutaneo - è un meccanismo di difesa che per essere efficace ha bisogno di tempo e di gradualità. Se si eccede con la quota di esposizione, la prima evidenza è il danno estetico che deriva dalla disidratazione e dal foto-invecchiamento precoce cutaneo. "L'esposizione cronica al sole e l'abitudine sempre più frequente dell'abbronzatura permanente - afferma Gatti - inducono, in un certo numero di persone, lesioni precancerose chiamate cheratosi solari o senili, ed epiteliomi basocellulari e spinocellulari, carcinomi quasi esclusivi delle persone anziane e delle zone di cute esposte al sole. Queste forme tumorali, meno aggressive e pericolose dei melanomi, si curano con l'asportazione chirurgica radicale o in casi particolari con terapie alternative".

 

I tumori maligni della pelle sono frequenti e in aumento: in Italia si osservano circa 135 nuovi casi (7-10 casi di melanoma) ogni 100.000 abitanti. Esistono molti tipi di neoplasie maligne: fra le più aggressive abbiamo appunto i già citati melanomi, che derivano dalla trasformazione tumorale dei melanociti (cellule che, producendo la melanina, determinano il colore della pelle). "Il melanoma può derivare dalla degenerazione maligna di un neo preesistente - sottolinea il dermatologo - ma in almeno il 50% dei casi insorge su pelle sana".

 

Quali sono i fattori di rischio per lo sviluppo del melanoma? "Si può affermare che esistono soggetti che presentano una o più caratteristiche che li possono esporre ad un maggior rischio di sviluppare questa neoplasia maligna", risponde il dottor Gatti, che prosegue elencanaltdo quali sono tali caratteristiche: "Incapacità di abbronzarsi appartenendo al fototipo 1 (soggetti con pelle chiara, capelli biondi o rossi, occhi chiari, che non si abbronzano e si scottano sempre quando si espongono al sole), presenza di efelidi (lentiggini), precedenti scottature nell'infanzia e nell'adolescenza, modificazione evidente e progressiva di un neo, comparsa di un nuovo neo in età adulta, soggetto già trattato per melanoma, familiarità per il melanoma, un numero di nei displasici maggiore di 8 (nei con un diametro superiore a 5 mm e di forma e/o colore irregolare), elevato numero di nei (più di 100)".

 

Queste caratteristiche riaffermano l'importanza di una corretta conoscenza della propria epidermide derivata dall'autoesame e dall'attenzione ai cambiamenti che si possono determinare nel tempo. "L'autocontrollo - ammonisce lo specialista - è una pratica raccomandata per tutti, dall'adolescenza in poi, e consiste nell'esplorare con cura la cute di viso, collo, cuoio capelluto, dorso, schiena, arti. È importante che i genitori responsabilmente proteggano la pelle e il capo dei bambini, particolarmente sensibili avendo il sistema immunitario ancora immaturo e vulnerabile. In generale, insomma, l'abitudine alla cautela è indispensabile in ogni fase della propria vita".

 

Il neo o nevo, come si indica con linguaggio medico, è normalmente una formazione benigna, data da un addensamento circoscritto di melanociti, congenito o acquisito precocemente o tardivamente. La presenza sulla pelle di nei è quindi normale: di solito sono macchie scure, tondeggianti, piane o rilevate, di pochi millimetri di diametro e crescita lenta e graduale, che non subiscono danno e degenerazione da sfregamento meccanico.

 

I programmi di prevenzione e di diagnosi precoce hanno dimostrato che l'autoesame, ovvero la conoscenza di sé, della propria pelle e la gestione responsabile delle proprie abitudini di vita, contribuiscono a individuare eventuali degenerazioni nelle fasi di sviluppo iniziale. Distinguere innanzitutto i nevi comuni da un melanoma significa riconoscere e segnalare a un dermatologo le modificazioni sospette di recente insorgenza. "Il messaggio da dare riassunto con le prime lettere dell'alfabeto nella sigla ABCDE - precisa Gatti - è che ciò che deve allarmare il paziente è la comparsa di una lesione nuova, asimmetrica, dai bordi irregolari e frastagliati, dai colori a varie tinte distribuiti nella macchia in modo non uniforme, dalla dimensione superiore ai 6 mm, che sanguina o che non guarisce; questa lesione presenta un'evoluzione progressiva, in quanto tende ad allargarsi e crescere rapidamente. In ogni caso di variazione inattesa, è buona regola sottoporre il problema a uno specialista, in particolare se la lesione in questione presenta una o più caratteristiche dell'ABCDE".

 

Quali le fasi della diagnosi? "La visita dermatologica - spiega lo specialista - consente l'osservazione diretta delle macchie scure sospette che, con l'anamnesi del paziente, possono consentire di identificare la natura della lesione. L'esame clinico è il primo livello della diagnosi: consente di escludere la neoplasia o di avviare il paziente a un'indagine più accurata. Avvalendosi dell'epiluminescenza con il dermatoscopio, ovvero uno strumento dotato di lenti che a contatto con la pelle e con una goccia di olio ingrandisce l'immagine e visualizza le caratteristiche non visibili ad occhio nudo o con la semplice lente d'ingrandimento, si facilita la diagnosi sempre più precoce, orientando lo specialista verso l'asportazione chirurgica quando vi sia anche solo il dubbio diagnostico di malignità della displasia, in quanto una diagnosi certa può basarsi solo sul riscontro istologico. Qualora la lesione non venga asportata, è possibile seguirne l'evoluzione nel tempo, grazie alla possibilità del computer, collegato al videomicroscopio, di registrare e di archiviare le immagini in epiluminescenza".

 

Il melanoma è curabile? "Il melanoma - sottolinea Gatti - è un tumore aggressivo che colpisce in particolare le persone tra i 40 e 60 anni. L'asportazione chirurgica delle lesioni "a rischio" previene lo sviluppo dei melanomi". "Se il melanoma è diagnosticato in fase precoce, quando ha uno spessore sottile e non ha ancora sviluppato la capacità di produrre metastasi, la guarigione definitiva - conclude Gatti - è raggiunta praticamente nella quasi totalità dei casi".

Ignazia Zanzi

 

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