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Gastrite: quel continuo fuoco nello stomaco

 |  Redazione Sconfini

 

Gastrite è un termine medico usato molto spesso per indicare generalmente un insieme di disturbi gastrici e digestivi che includono, in forma generica, mal di

 stomaco, acidità, cattiva digestione, sensazione di gonfiore addominale.

 

La definizione scientifica corretta, in realtà, è molto più restrittiva: significa infiammazione della mucosa gastrica ed è la conseguenza di un danno prodotto da cause specifiche, endogene o esogene. Considerata effetto, se non addirittura sinonimo, di uno stile di vita sregolato e logorante, di uno stress emotivo e lavorativo, questa diffusa patologia, a fronte di una diffusione numericamente importante nella popolazione adulta e anziana, si può fortunatamente avvalere negli ultimi decenni di tecniche diagnostiche e terapie farmacologiche mirate che, unitamente alla prevenzione primaria, si sono dimostrate molto efficaci e in molti casi risolutive e che complessivamente hanno “rivoluzionato” la prognosi, che in passato trovava solitamente una soluzione chirurgica.

 

“Le gastriti – ammette il dottor Fabrizio Briganti Piccoli, chirurgo generale ed endoscopista alla Casa di cura Salus a Trieste – sono molto diffuse e in forme variabili proprio perché i fattori che contribuiscono a determinarle sono molteplici. Hanno infatti un’incidenza nella popolazione adulta, dopo i 50-60 anni, del 50%, con una prevalenza negli uomini rispetto alle donne ormai esigua perché le cause quali lo stile di vita caratterizzato da stress emotivo e ritmo quotidiano accelerato, le abitudini alimentari errate che determinano sovrappeso, obesità e diabete, l’abitudine al fumo, l’abuso di alcolici e superalcolici, bibite gassate e caffè, e non ultimo il danno iatrogeno di farmaci in trattamenti prolungati con FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei, ndr) e acido acetilsalicilico, sono presenti nella quotidianità delle donne come degli uomini”. “Un altro fattore – prosegue il chirurgo – può essere correlato con queste patologie infiammatorie di varia severità: è la presenza nella mucosa gastrica dell’Helicobacter pylori, un batterio spiraliforme, con habitat negli strati più profondi del muco delle cellule parietali, molto diffuso e doalttato di alta variabilità e virulenza. Quando questo batterio è presente, non diagnosticato e non eradicato con appropriata terapia antibiotica, la gastrite può assumere una cronicizzazione che può evolvere in un 10% dei casi in un’ulcera gastrica o duodenale; ulteriore complicanza è che l’ulcera gastrica potrebbe trasformarsi in una forma metaplasica e poi neoplastica”.

 

L’infezione da Helicobacter pylori (batterio scoperto nei primi anni Novanta) è presente in tutto il mondo anche se la sua frequenza è attualmente molto più elevata nei Paesi in via di sviluppo rispetto a quelli occidentali. Può rimanere nello stomaco dell’ospite anche per tutta la vita di quest’ultimo: molti dati di prevalenza confermano che sotto i 5 anni di età la prevalenza è bassa (intorno al 5%) mentre in età adulta si passa al 20%, per arrivare oltre i 50 anni al 30-50%. L’infezione è un processo dinamico che dipende da fattori ambientali e genetici: il principale serbatoio è l’uomo e il contagio sembra avvenga per contatto diretto, probabilmente per via orale o attraverso le feci.

 

Quali sono i sintomi digestivi che possono far supporre alla gastrite?

“La sintomatologia, non specifica, della forma acuta – risponde il dottor Briganti Piccoli – in genere dovuta a uso di farmaci antidolorifici e antinfiammatori, a disordinate abitudini alimentari e stili di vita stressanti, può presentarsi con dolore (compare a digiuno e migliora mangiando) ed acidità. Questo quadro non deve allarmare in modo ingiustificato il paziente ma deve portarlo tempestivamente dal proprio medico di fiducia, per valutare con lui il cambiamento di alcune personali abitudini alimentari e di stile di vita favorenti la patologia, alcune possibili predisposizioni o familiarità, ed instaurare il primo livello di terapia farmacologica che consiste in antiacidi, H2-antagonisti, ed inibitori della pompa protonica (IPP) e nell’effettuare la ricerca dell’HLO. La diagnosi viene eseguita partendo dall’anamnesi del paziente e dall’esame obiettivo dello stesso, basandosi sulla scorta dei sintomi lamentati, sulla sua storia pregressa, senza ricorso ad alcuna indagine strumentale invasiva. Se dopo un certo tempo la sintomatologia non recede, s’impone una diagnostica mirata. Questo approccio è fondamentale per un intervento tempestivo nella prima fase acuta della malattia, per prevenire la possibile evoluzione in gastrite cronica caratterizzata da interessamento della regione antrale. Quando è sintomatica, la gastrite cronica si presenta con difficoltà digestiva, dispepsia, gonfiore addominale, eruttazione, bruciore retrosternale. Le cause più frequenti di progressione e cronicizzazione sono l’infezione da Helicobacter pylori, l’alcool e il fumo”.

 

Quali metodi utilizza la diagnostica mirata e di laboratorio ai fini di una diagnosi certa?

“Si avvale di metodi più o meno invasivi, modulabili secondo il caso e l’anamnesi del paziente: la ricerca dell’avvenuto contatto con l’Helicobacter pylori e la visualizzazione endoscopica della mucosa del primo tratto gastroenterico mediante esofagogastroduodenoscopia o EGDS (sono le attuali videoendoscopie, meno invasive e meglio tollerate grazie al minore calibro e alla migliore flessibilità dell’endoscopio). La stessa indagine endoscopica può essere completata da biopsia o prelievo di tessuto per la ricerca di eventuali lesioni mucose (gastriche o duodenali) macroscopicamente sospette, al fine di una migliore classificazione anatomo-patologica. La ricerca del batterio può seguire anche un metodo non invasivo su campione fecale (efficace nel 96% dei test effettuati) oppure su prelievo ematico, o mediante Breath test”.

 

Qual è la terapia e come può evolvere la gastrite cronica se non adeguatamente curata?

“La terapia farmacologica, basata su IPP, se tempestiva e attuata con scrupolo, porta alla guarigione della stragrande maggioranza delle diverse patologie gastriche. Laddove il paziente risulti positivo all’Helicobacter pylori, verrà attuata la specifica terapia eradicante antibiotica, associata alla terapia che riduce la secrezione di acido da parte dello stomaco. Questa profilassi porta alla remissione e guarigione della sintomatologia. La localizzazione dell’infiammazione non è da sottovalutare per scongiurare la modificazione della mucosa fino alla formazione dell’ulcera gastrica o duodenale: come già evidenziato, il 10% dei pazienti positivi all’Helicobacter pylori potrà sviluppare un’ulcera gastrica o duodenale. In una piccola percentuale, infine, la gastrite potrebbe peggiorare: le eventuali complicanze quali stenosi o emorragie, lesioni preneoplastiche, ossia lesioni displasiche che potrebbero evolvere in neoplasie, dovranno essere controllate a breve e lungo termine”.

 

Il ricorso alla chirurgia è quasi completamente scongiurato?

“Rispetto a 30 anni fa, le malattie gastriche infiammatorie finiscono con minore frequenza sul tavolo operatorio. Il normale protocollo diagnostico-terapeutico, se tempestivo e mirato, evita le complicanze che più frequentemente imponevano il trattamento chirurgico, come la stenosi infiammatoria e l’emorragia gastrica. L’eradicazione definitiva dell’infezione batterica è la condizione che, oltre a scongiurare le recidive (a meno di reinfezione, rara ma possibile), presuppone la non trasformazione in displasia e successiva eventuale cancerizzazione. Alcuni pazienti con gastriti croniche ben curate potranno ripresentare i sintomi ma con un decorso sostanzialmente benigno della malattia, quando adeguatamente monitorata con controlli periodici”.

 

Quali sono le raccomandazioni per la prevenzione primaria e per recuperare una buona qualità digestiva?

“Valgono le regole che prevedono un’alimentazione equilibrata, sobria, senza eccessi (soprattutto per alcool e fumo), per prevenire obesità e diabete. La dieta quotidiana, non necessariamente restrittiva e ipocalorica (se non per altre particolari esigenze) dovrebbe non essere costituita da pochi pasti sovrabbondanti ma equilibrati e regolarmente distribuiti in colazione e spuntini, pranzo e cena, con varietà di alimenti facilmente assimilabili e non troppo elaborati. Da non sottovalutare l’uso prolungato di farmaci antinfiammatori ad effetto lesivo sulle mucose. Bisogna poi ridurre le fonti di stress lavorativo ed emotivo e i ritmi quotidiani, privilegiando le attività motorie e sportive. Quando in caso di malattia gastrica venga pianificata la terapia farmacologica, se ne deve osservare la posologia soggettiva con scrupolo, protraendola nel tempo a discrezione del medico curante. I farmaci sono efficaci e con scarsi effetti collaterali”.

Ignazia Zanzi

 


In collaborazione con Help!

 

 


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