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Federalismo fiscale: le ragioni del sì

 |  Redazione Sconfini

Il 21 maggio scorso il Senato ha approvato la legge sul federalismo fiscale. “Una legge delega destinata a modificare radicalmente l’assetto economico del Paese”. Così nelle parole di Massimiliano Fedriga, deputato delle fila della Lega Nord, eletto in Friuli Venezia Giulia. Vediamo di capire insieme al rappresentante parlamentare in cosa consiste il cambiamento e quali saranno le conseguenze direttamente percepibili dal cittadino.


Quali saranno i vantaggi principali per il cittadino portati da questa legge?

“Finalmente si riuscirà a capire chi spende e quanto viene speso. Gli sprechi saranno pagati dai territori responsabili e non verranno più inseriti in un calderone nazionale. Gli amministratori locali si dovranno prendere le loro responsabilità, dando modo agli elettori di trarre le loro conseguenze”.


Quali meccanismi sono stati individuati per giungere alla trasparenza nella gestione dei fondi?

“Nella Legge n. 42/09 abbiamo introdotto un meccanismo completamente diverso per ripartire e per assegnaaltre i fondi alle diverse Regioni: ovvero la spesa standard che va a sostituire la spesa storica. Finora infatti chi più spendeva, indifferentemente dalla qualità dei servizi offerti al cittadino, riceveva più soldi. Con questo nuovo meccanismo vengono invece stabiliti a livello nazionale i costi standard per i servizi e ogni Regione percepirà fondi proporzionati alla popolazione di riferimento di quel determinato territorio”.


In pratica cosa potrà accadere?

“Per esempio oggi il bambino che frequenta l’asilo nido in Emilia Romagna costa 6mila euro all’anno, mentre nel Lazio 16mila. Ipotizziamo che venga stabilito che il costo standard sia di 8mila euro per bambino. L’Emilia Romagna potrà spendere i duemila euro in più per erogare altri servizi, mentre la Regione Lazio dovrà riuscire a coprire la spesa suppletiva autonomamente oppure troverà lo stimolo a ottimizzarla. Il costo unitario sarà comunque uguale per tutte le regioni”.


E se una regione è povera?

“La legge delega sul federalismo fiscale non viene meno al principio di sussidiarietà. Le regioni che non hanno sufficiente capacità economica, magari perché in una zona difficile con poca attività imprenditoriale, potranno infatti attingere a un fondo di solidarietà nazionale (fondo perequativo), i cui soldi però andranno soltanto a compensare l’eventuale gap creatosi tra gli introiti tributari del territorio e la spesa standard. Ma niente di più e niente di meno”.


Quali saranno le conseguenze per gli amministratori regionali?

“Grazie a questa legge, gli amministratori responsabili che lasceranno un buco di bilancio, causando danni alla popolazione, non potranno più ricandidarsi. Il che significa che non potranno più verificarsi casi come quelli di Napoli e di Catania”.


Perché il federalismo fiscale?

“Come Lega, crediamo fortemente nel federalismo fiscale perché lo Stato non può più andare avanti così, in quanto rischia di non essere competitivo a livello europeo. I tagli alla spesa e la ristrutturazione dell’amministrazione pubblica che questo governo stanno attuando possono senz’altro migliorare la situazione, ma non risolverla. Lo Stato deve cambiare radicalmente organizzazione per riuscire a rimettersi in pista, altrimenti la situazione è destinata a diventare sempre più difficile. Detto questo è chiaro che noi non possiamo fermarci al federalismo fiscale: si deve infatti giungere a una revisione costituzionale, in modo tale da combinare l’assetto finanziario con quello organizzativo. E in questo contesto mi sembra corretto ricordare che già nel 2006 la Lega Nord aveva promosso un referendum per la riduzione del numero dei parlamentari, una proposta che è ritornata attuale”.


Quali competenze verranno assegnate alle Regioni?

“Su questo stanno riflettendo il ministro per la semplificazione normativa Calderoli, il capo del Governo e il ministro per il federalismo Bossi. È comunque importante comprendere il principio in base al quale se diamo competenze economiche alle Regioni, dobbiamo dar loro anche glalti strumenti amministrativi per poterle utilizzare e prendersi conseguentemente le responsabilità. Se è giusto infatti che chi sbaglia paghi, è altresì giusto che chi sbaglia, lo faccia perché effettivamente ha commesso un errore e non perché è stato spinto a compiere scelte errate da qualcosa di imposto che di fatto gli toglie la libertà di scelta”.


Un esempio?

“Se vengono affidate alle Regioni competenze in materia di istruzione, è giusto che siano le stesse Regioni a poter organizzare l’assetto scolastico in relazione alle esigenze del territorio, in modo tale da proporre un’offerta formativa che permetta agli studenti di far trovare lavoro senza che siano obbligati a spostarsi. Oggi è il ministero che attiva i vari indirizzi e i vari istituti scolastici; a mio avviso, se si danno una competenza e una responsabilità economica alla Regione, allora dovrà essere la Regione stessa a decidere anche che cosa attivare. Cosicché a fine mandato i cittadini potranno valutare l’efficacia delle decisioni prese, di fatto, autonomamente. Relativamente alla scuola, ferma restando un’istruzione corredata da una cultura complessiva, sono convinto che riuscire a creare una rete tra istituzione e territorio non possa che rappresentare un vantaggio sia per gli studenti, che potranno seguire un’istruzione spendibile sul territorio, sia per l’imprenditore, che potrà confrontarsi con l’amministrazione regionale indicando le figure professionali utili alle attività del territorio stesso, ponendo così rimedio al problema della migrazione lavorativa. In ambito locale, penso per esempio allo studio delle lingue: perché non introdurre lo studio della lingua slovena? Non avere l’opportunità di imparare la lingua di Lubiana vuol dire perdere competitività”.


Quali saranno, invece, le competenze che rimarranno allo Stato centrale?

“Le competenze che non verranno certamente delegate alle Regioni sono quelle proprie dei ministeri della Difesa, dell’Interno e degli Esteri. Tuttavia alcune competenze di quest’ultimo, penso potrebbero andare alle Regioni. In particolare per ciò che concerne la parte turistica, in una sorta di rapporti con l’estero regionali. Visto che il turismo è già di competenza regionale, è un peccato non poter fare area. Soffermandoci sulla nostra Regione, si potrebbe creare uno sportello unico per Friuli Venezia Giulia, Carinzia e Slovenia, costituendo, tra l’altro, un sistema unico tra l’aeroporto di Ronchi dei Legionari e quello di Lubiana, in modo tale da garantire alla popolazione un’offerta turistica complessiva. E per quanto riguarda i rapporti commerciali, pur non sostenendo come Lega la realizzazione di un’euroregione, penso sia opportuno pensare ad accordi commerciali e di servizi tra la nostra Regione, l’Austria e la Slovenia”.


Quando i decreti attuativi, che secondo quanto stabilito dovranno essere emanati entro due anni dall’entrata in vigore della legge, inizieranno a divenire realtà?

“Ci si sta già lavorando e credo che entro il 2009 inizieremo a votarli in Parlamento”.


Perché si è scelto un arco di tempo di sette anni per l’entrata a regime del federalismo fiscale?

“Merito del ministro per la semplificazione normativa è aver portato avanti un cambiamento graduale per far reggere la riforma anche alle amministrazioni locali. Perché cambiare da un momento all’altro avrebbe voluto dire mettere in difficoltà tutte le regioni e ancor più quelle già in crisi. Abbiamo inoltre voluto fare una riforma fortemente condivisa per non creare polemiche né forzature. Per questo abbiamo scelto un tempo di sette anni per l’entrata in vigore del federalismo fiscale a pieno regime affinché si possa veramente cambiare lo Stato. L’alternativa era attuare un’inutile misura spot. La politica portata avanti in questa occasione dalla Lega in materia di federalismo fiscale è stata differente da quanto fatto in passato con la devolution. In particolare si è cercato il dialogo anche con l’opposizione. È stato un grande merito del ministro Calderoli essere riuscito a rapportarsi e a confrontarsi con tutti. Non per niente l’Italia dei valori ha votato a favore mentre il Pd si è astenuto”.


E la nostra regione?

“Innanzitutto devo ringraziare Calderoli perché quando gli abbiamo segnalato i problemi che potevano sorgere, in quanto regione a statuto speciale, si è attivato per salvaguardarci specificamente. E non solo: è lo stesso ministro a portare il Friuli Venezia Giulia come esempio positivo per le regioni a statuto ordinario. Ci sono realtà regionali speciali, come la Sicilia e la Val d’Aosta, che prendono di più di quanto spendono, a differenza nostra, e che presentano alcune spese difficilmente giustificabili. Noi invece, che fra le regioni speciali siamo tra quelle che prendono di meno, siamo quasi forzatamente tenuti ad essere tra le migliori”.

Tiziana Benedetti

 


In collaborazione con Help!

 


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