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Chi sono io?

 |  Redazione Sconfini

E' scontato e ovvio: c’è un universo maschile e uno femminile. Per molti aspetti divisi e diversi su: dinamiche mentali e sentimenti, prospettive, aspirazioni, priorità e criteri di giudizio.

Ognuno di noi ha la prova quotidiana su come il proprio sesso d’appartenenza concordi, più o meno in armonia, con le visioni del mondo esterno e del proprio mondo interiore. In un’alchimia dinamica e mutevole, antitetica “all’altra metà del cielo”.

Per alcuni individui, il sesso del proprio corpo è invece percepito come “sbagliato”, il modo di vedere il mondo è tipico del sesso opposto. Questi sono i transessuali o individui che vivono una condizione psicologica complessa, tipica dei “disturbi dell’identità di genere” (Dig). Condizione poco comune, ma nessuno conosce esattamente quanto rara.

Per un transessuale le caratteristiche fisiche del proprio corpo differiscono dal suo sesso reale, cioè mentale. Persone del tutto normali sotto il profilo biologico e anatomico che vivono con la convinzione intima e persistente di appartenere al sesso opposto. “La consapevolezza del disagio, doloroso e a volte per molto tempo represso – afferma il dottor Giovanni Papa, chirurgo plastico del Cedig di Trieste – si rende manifesta soprattutto nell’adolescenza, quando di fronte al modificarsi dei tratti somatici e al rendersi così evidenti le caratteristiche sessuali primarie e secondarie, non si riesce a superare la crisi della strutturazione della propria identità psicologica e a trovare un equilibrio interno col corpo esterno”. “Il soggetto – continua il chirurgo plastico – si trova di fronte alla drammatica consapevolezza della differenza tra identità somatica e quella desiderata e sentita. Molti, che si orientano nell’uso di abbigliamento e attività lavorative consone all’identità psichica e subiscono la palese ostilità o diffidenza del contesto sociale (quando non familiare o scolastico), sviluppano nel tempo forme di autosvalutazione, ansia, depressione. Fortunatamente non tutti i vissuti sono uguali: alcuni hanno il sostegno umano e psicologico della famiglia e quando arrivano da noi sono supportati da madri, sorelle, compagne, amici che condividono con loro il lungo iter del quale la riattribuzione chirurgica del sesso è una tappa fondamentale, indispensabile”.

Una mente femminile in un corpo maschile, donne biologiche che alloggiano una mente maschile: nessuno sa per certo quale sia la causa del transessualismo e i ricercatori non valutano questa condizione nella dicotomia salute-malattia mentale. Alla condizione di transessualità si accompagnano, secondo recenti studi, strutture cerebrali più simili a quelle del genere psicologico rispetto a quelle del sesso fisico.

Essere transessuali non è una scelta di vita trasgressiva e non significa essere omosessuali senza un equilibrio sessuale. “Il processo di riattribuzione del genere sessuale – precisa Papa – è una scelta dolorosa, l’ultima ma unica possibilità per placare il disagio e dare un esito ad una ricerca interiore difficile, accompagnata da un rigoroso aiuto professionale psicologico che accerta il disturbo di genere, esclude turbe psichiatriche o altre patologie. I transessuali non sono omosessuali, e non provano piacere o emozione a travestirsi, ma mimetizzano il corpo, percepito estraneo e goffo”.

Ma quanto è diffuso il disturbo? Da quando c’è la legge che regolamenta le varie fasi dell’iter di riattribuzione chirurgica ( legge n° 164 del 1982) e da quando socialmente c’è più tolleranza verso queste condizioni, molti sono i soggetti che scelgono di intraprendere questa via. “È l’unica – sottolinea Papa – che, a dispetto di pregiudizi e discriminazioni di cui possono essere ancora oggetto, da loro una soluzione”.

Il Cedig di Cattinara a Trieste, coordinato dall’urologo professor Trombetta, è uno dei più accreditati centri di riferimento per interventi di questo genere in Italia. “C’è una lunga lista d’attesa – afferma Papa – e i soggetti che qui si rivolgono, sia per la conversione andro-ginoide che gino-androide sono molti, quasi tutti provenienti da altre regioni. La conversione da uomo a donna ha come riferimento il reparto di Urologia diretto dal professor Belgrano. Per la riattribuzione sessuale da donna a uomo l’UCO di Chirurgia plastica, in collaborazione tecnica e operativa con il Burlo Garofolo, opera per la fase demolitiva ossia la mastectomia e isterectomia, con il supporto professionale del ginecologo professor Guaschino e dell’endocrinologo professor Fabris. Per i soggetti che, oltre alla fase demolitiva delle caratteristiche sessuali femminili (percepita come primaria), accedono anche alla fase neocostruttiva del neopene, è stata messa a punto una tecnica unica al mondo che coinvolge durante un unico intervento chirurgico tre specialisti. Oltre all’asportazione di utero e mammelle, si procede a un’addominoplastica per rendere l’addome femminile più teso e maschile, e con il lembo cutaneo asportato si ricostruisce il neopene. L’orifizio uretrale si lascia nella sede primaria femminile e si corregge in un secondo intervento”.

L’intervento chirurgico irreversibile è una fase di un iter diagnostico molto accurato e rigoroso. Prima di accedere all’intervento chirurgico sia demolitivo che neocostruttivo, il soggetto deve sottoporsi a colloqui psicologici e controlli endocrinologi. A questi seguirà la somministrazione di ormoni. Molte organizzazioni o gruppi di supporto aiutano e affiancano i transessuali in questa esperienza, anche se il percorso non è sempre uguale. “In ogni caso – rileva in conclusione Papa – prima che avvenga l’intervento chirurgico è necessario aver vissuto un periodo di tempo nel nuovo ruolo di genere (test di vita reale) e avere l’approvazione di relazioni mediche e psicologiche”.

La legge n°164 prevede che, con domanda al Presidente del Tribunale di residenza, è possibile chiedere la rettifica del sesso anagrafico a seguito di “intervenute modifiche dei caratteri sessuali”. Il giudice, accertate le condizioni psicosessuali del richiedente, autorizza l’intervento e, verificata la modificazione sessuale, emetterà sentenza di rettifica del sesso con conseguente annotazione nel registro dello stato civile.

Ignazia Zanzi

 

 

 

 

 


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