Skip to main content

Studiare all'estero: italiani, popolo di mammoni?

 |  Redazione Sconfini

 

Trascorrere qualche tempo lontano dal Paese di origine per arricchire la propria formazione viene ormai da tempo considerato un investimento importante a

tutte le età, anche se coloro i quali vivono quest’esperienza sono per lo più ragazzi di età compresa tra i 15 e i 30 anni. Tante sono le destinazioni proposte (dai modernissimi college negli Usa alle prestigiose università europee), e altrettante sono le opportunità che un’avventura come questa è in grado di fornire a quanti vogliano viverla fino in fondo.

 

Le più recenti statistiche dimostrano che l’immersione culturale rappresenta il modo più veloce ed efficace per imparare una nuova lingua in modo fluido, avendo inoltre l’opportunità di conoscere la cultura di un’altra nazione e di intrecciare legami con persone che, seppur diverse tra loro, condividono gli stessi punti di vista e interessi. Vivere per un po’ all’estero rappresenta un’esperienza indimenticabile che, oltre a consentire l’apprendimento di una nuova lingua, presenta tutta una serie di notevoli vantaggi: grazie ad essa, infatti, è possibile sviluppare una maggiore consapevolezza e comprensione verso altre culture, nonché una maggiore capacità di interazione con persone di altre nazioni; si possono cogliere nuove e stimolanti offerte di lavoro, imparando a semplificare la propria capacità di comunicare con gli altri e migliorando il proprio potenziale successo in campo lavorativo; infine, ed è un aspetto di grande importanza, si ha l’occasione di crescere interiormente, imparando ad apprezzare l’arte, il folclore e la cultura di altri popoli, ma soprattutto sviluppando una maggiore flessibilità di pensiero e una migliore capacità di ragionare, contestualizzare e risolvere varie problematiche.

 

Fin qui niente di nuovo – direte voi – ma quanto finora riportato rappresenta solo una porzione, molto teorica, di ciò che vuol dire spendere qualche periodo lontano da casa: Help! ha voluto approfondire la questione attraverso la voce di due ragazzi che hanno lasciato per un po’ l’Italia – alla faccia di quanti definiscono i giovani italiani pigri, mammoni e poco impegnati nello studio! – ricavandone non solo opportunità di apprendimento e di crescita ma anche e soprattutto di divertimento.

 

Manuela, 24 anni, neolaureata in Conservazione dei Beni culturali presso l’Università di Udine, coltiva la passione per i viaggi sin da quando era bambina e, dopo una serie di vacanze più o meno lunghe in diversi Paesi del mondo, ha trascorso nove mesi all’estero nell’ambito del progetto universitario Erasmus. Marcello invece ha 28 anni, si è laureato quattro anni fa in Scienze naturali a Padova e ha vissuto presso una famiglia di Londra per tre settimane durante i mesi estivi, mentre frequentava il liceo classico.

 

Come mai avete deciso di vivere un’esperienza di studio all’estero?

Manuela: “Ho preso questa decisione innanzitutto perché adoro viaggiare e conoscere gente nuova, ma anche perché volevo completare la mia preparazione scolastica: questa esperienza mi ha permesso infatti di imparare una nuova lingua e di applicare a livello pratico molte nozioni apprese durante il primo anno universitario in Italia. Inoltre l’esperienza di studio all’estero mi ha consentito di sfruttare a pieno tutti i servizi che l’ateneo metteva a disposizione per la formazione dei ragazzi: il mio viaggio si inseriva all’interno del progetto Erasmus che, in base a una convenzione stipulata fra le università europee, consente di usufruire di una borsa di studio in parte fornita dall’università cui si è iscritti e in parte finanziata dall’Unione Europea. Inutile dire poi che ritenevo questa esperienza estremamente importante anche ai fini dell’arricchimento del mio futuro curriculum lavorativo”.

Marcello: “Ho deciso di partire per l’Inghilterra quando frequentavo le scuole superiori; avevo voglia di imparare bene l’inglese, ma soprattutto avevo intenzione di vivere un’esperienza nuova in un ambiente che non fosse quello in cui sono cresciuto, così da affrontare realtà diverse da quella italiana per misurarmi realmente con me stesso”.

 

Dove avete deciso di svolgere la vostra esperienza all’estero?

Manuela: “Sono stata a Valencia, in Spagna: abitavo in un appartamento in centro con altri due ragazzi, e frequentavo la facoltà di Belle Arti presso l’Università Politecnica della città”.

Marcello: “Io invece sono andato a Richmond, nell’immediata periferia londinese: alloggiavo presso una famiglia del luogo assieme a un ragazzo turco e a uno polacco e frequentavo dei corsi di lingua presso un college di Londra”.

 

altCome mai questa destinazione?

Manuela: “Ho scelto Valencia perché mi interessava moltissimo quello che veniva insegnato nella sua università: lì esiste una forte proiezione a livello europeo per tutto ciò che riguarda il restauro e la fotografia”.

Marcello: “La scelta è stata motivata dalla voglia di perfezionare il mio inglese ma anche dall’intenzione di approfondire la cultura anglosassone, senza contare che Londra e i suoi dintorni rappresentano una meta ideale per visitare luoghi interessanti e conoscere gente nuova”.

 

A quali strutture vi siete appoggiati per organizzare il vostro viaggio?

Manuela: “Avendo aderito al progetto Erasmus ho fatto attenzione all’uscita del bando di concorso, che ho compilato e spedito entro la data di scadenza. A questo punto sono dapprima entrata a far parte di una graduatoria stipulata sulla base della media dei voti conseguiti, del numero di esami sostenuti e di particolari meriti accademici dopodiché, essendo stata proclamata vincitrice, sono stata invitata a rivolgermi al Centro Rapporti Internazionali (CRIN) dell’Università di Udine, dove ho ricevuto tutto l’aiuto e il sostegno di cui avevo bisogno. In questo senso sia gli atenei stranieri che quelli italiani sono estremamente organizzati e forniscono un’ottima assistenza sia a livello didattico che a livello organizzativo”.

Marcello: “Per organizzare la mia vacanza studio mi sono rivolto ad un’associazione di Mestre, il CTS, che ho conosciuto attraverso degli opuscoli pubblicitari arrivati a casa per posta. Si tratta di un’associazione estremamente seria che organizza vacanze studio in diversi Paesi e che dispone di una serie di assistenti molto disponibili che restano con i ragazzi durante tutta la durata della vacanza, ossia per tre settimane, cercando di risolvere tutti i loro problemi dando validi suggerimenti”.

 

Cosa facevate in una vostra giornata tipo?

Manuela: “Mi svegliavo intorno alle 7.30 e dopo essermi preparata scendevo a far colazione nel bar sotto casa in cui per un po’ ho anche lavorato, dopodiché prendevo l’autobus (comodissimo: passa ogni 10 minuti) e mi recavo all’università dove ogni giorno conoscevo un sacco di gente e rimanevo fino a tardo pomeriggio. Era stupendo restare in facoltà durante la bella stagione perché, dal momento che l’università si trova vicino alla spiaggia, trascorrevo la pausa pranzo al mare! Dopo aver seguito i corsi, tempo e studio permettendo, uscivo con gli amici e giravo per la città dove si respira un clima di assoluta libertà e amicizia, perché lì le persone sono estremamente simpatiche e socievoli”.

Marcello: “Trascorrevo la mattinata al college, dove eravamo divisi per classe sulla base del grado di conoscenza della lingua e dove seguivamo lezioni che ci insegnavano soprattutto a leggere e a conversare in inglese. Dopo la pausa pranzo restavamo al college per fare dello sport o per seguire altri corsi, dopodiché eravamo liberi di divertirci! Di solito andavamo a farci un giro a Londra oppure partecipavamo ai giochi organizzati dagli assistenti che ci accompagnavano: una volta hanno realizzato una caccia al tesoro in base alla quale dovevamo trovare gli indizi rivolgendoci alle persone esclusivamente in inglese, e ci siamo divertiti un sacco! La sera invece frequentavamo qualche locale o discoteca della zona, mentre nel fine settimana andavamo a visitare altre città, come Oxford, parchi o musei”.

 

Questa vacanza si è rivelata davvero utile per voi sotto il profilo umano, lavorativo e scolastico?

Manuela: “Certamente. Questa esperienza mi ha consentito di acquisire delle capacità fortemente richieste nel mondo del lavoro e dello studio come la flessibilità, la forza di carattere e la dinamicità. Grazie a questo soggiorno ho imparato a viaggiare e sono diventata una persona indipendente, riuscendo così a riscontrare molti successi in campo professionale e ad essere coinvolta in una serie di importanti iniziative realizzate dalla mia facoltà sia in Italia che all’estero”.

Marcello: “Quest’esperienza mi è servita moltissimo: per esempio, durante gli studi universitari ho ricevuto molti complimenti da parte dei professori per la mia pronuncia, senza contare che la conoscenza della lingua inglese mi ha permesso di affrontare da solo una serie di viaggi interessanti, come quello che l’anno scorso mi ha portato a Hong Kong”.

 

Consigliereste ad un vostro coetaneo un’esperienza come questa?

Manuela: “La consiglierei perché per me si è rivelata formativa soprattutto a livello caratteriale. Sono partita da sola ed avevo tanta paura, tanto che la prima settimana mi sentivo spaesata e triste; poi le persone che ho conosciuto e l’ambiente dell’università mi hanno aiutato a superare la solitudine e ad imparare a coltivare di più la fiducia in me stessa, insegnandomi a crescere e a maturare. Questa esperienza mi ha messo alla prova nella lingua e nel carattere, regalandomi una grande forza d’animo ed una notevole preparazione. Si tratta però di un’esperienza che deve essere più vissuta che raccontata, perché tutti quelli che la affrontano arricchiscono sé stessi in modo molto personale: a Valencia ho conosciuto studenti di ogni parte d’Europa ed ognuno di essi ha provato delle sensazioni personalissime, portandosi a casa un pezzo di Spagna che sarà solo loro”.

Marcello: “Consiglierei un viaggio di questo tipo perché dà l’opportunità di imparare il vero inglese, quello che le persone del posto usano ogni giorno e che è decisamente diverso da quello che si studia a scuola. Pensa che ho imparato a rispondere “salute” ad un inglese che starnutisce solo dopo che sono stato a Londra… e questa è solo una delle cose che ho conosciuto durante quella vacanza. Inoltre credo che un’esperienza come questa dia la possibilità di vivere una situazione nuova che insegna a gestirsi autonomamente, coltivare la propria indipendenza e maturare come persona”.

 

Noi crediamo che questi ragazzi abbiano reso l’idea della fortuna che si ha nel vivere per un po’ da “stranieri”… voi che ne dite? Non avete già voglia di partire?

 

Francesca Fogliato

 


In collaborazione con Help! 

 

  


Altri contenuti in Costume e società

Spumanti: un brindisi frizzante per un nuovo anno brillante

Lo spumante deve la sua nascita ad un editto. Nel 1615 l’ammiraglio Sir Robert Mansel espresse la sua inquietudine al re Giacomo I per la sempre più grande sottrazione di legname alla produzione na...

Coppie sull'orlo di una crisi di nervi

Il numero delle separazioni pronunciate in un anno sta ormai raggiungendo quello dei matrimoni celebrati nello stesso periodo: è una crisi dell’istituzione familiare, è solo una difficoltà di relaz...

Esiste il gelato perfetto?

  “Un intenditore di gelati, nella sua ricerca per la perfezione, su e giù per la penisola italiana, afferma che il miglior gelato si trova a Trieste in una piccola gelateria dall’altro lato della ...

Rispettare il bambino per quello che è

Ricevo sempre più le confidenze di genitori che cercano di dare ai propri figli gli strumenti migliori per la loro crescita e contemporaneamente hanno la paura di non essere all’altezza… Praticamen...

La cavalla con la coda più lunga del mondo: quasi 4 metri

  Sembra uscita da un cartone animato Summer Breeze (brezza d'estate), la cavalla del Kansas che detiene il record della coda più lunga: addirittura 3,8 m. Nessuna extension, nessun trucco. La lung...