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Come bisogna educare i propri figli?

 |  Redazione Sconfini

Come aiutare il bambino a diventare una persona sicura di sé? Qual è la strada migliore da percorrere per il raggiungimento di un obiettivo così importante? Queste sono solo alcune delle domande che i genitori si pongono nel crescere i propri figli.

 

Il modo di essere di un bambino è strettamente collegato alla storia delle relazioni che ha vissuto, sopratutto quelle famigliari. Negli ultimi decenni abbiamo vissuto dei cambiamenti culturali e sociali che hanno portato inevitabilmente a dei cambiamenti all’interno della famiglia, dove sono mutati gli approcci educativi. Dalla famiglia patriarcale basata su una forte struttura gerarchica, dove il gruppo più anziano governava la vita di tutti, siamo giunti ad una famiglia ristretta composta dai genitori e uno o due figli. In questa nuova famiglia le dinamiche relazionali sono totalmente diverse. Mentre nella famiglia allargata tutto era basato su regole rigide, i ruoli femminili e maschili erano ben distinti e le decisioni venivano prese dal gruppo degli adulti, ora tutto diventa più stretto. Genitori e figli si trovano a vivere a stretto contatto e hanno spazi non solo fisici ma anche mentali ridotti.

 

I dubbi e gli interrogativi che si pongono i genitori al giorno d’oggi sono veramente molti. I professionisti che operano nel settore dell’infanzia e dei giovani sono a disposizione per aiutare i genitori a risolvere quesiti e a migliorare il rapporto con i propri bambini. Il pedagogista clinico non offre alle numerose domande delle risposte preconfezionate: infatti, per capire un bambino ed aiutarlo a crescere, bisogna prendere in considerazione il contenuto e la qualità delle relazioni che lo legano alla sua famiglia e al suo ambiente. Si tratta quindi di comprendere un gioco di rapporti che si influenzano a vicenda.

 

L’adulto deve essere innanzitutto in grado di empatizzare con il proprio bambino, di sintonizzarsi con il suo stato d’animo e di comprendere la natura delle sue richieste e delle sue emozioni. Tutto ciò inizia già nel periodo prima della nascita del bambino, ovvero nel periodo prenatale. Da numerose ricerche emerge che il modellamento e l’attaccamento affettivo iniziano già nell’utero, proprio a livello embrionale, attraverso l’interazione di più fattori, stimoli interni ed esterni che gli offrono la possibilità di selezionare e formare una precisa personalità.

 

Insegnare ad un bambino ad avere fiducia in se stesso, un buon livello di autostima e sicurezza nell’affrontare le gioie e le avversità della vita, è l’eredità più preziosa da lasciare all’uomo di domani. Infatti, un bambino sicuro e fiducioso affronterà in maniera positiva le difficoltà che inevitabilmente incontrerà sul suo cammino. Ma come fare tutto ciò?

 

Ogni bambino ha un suo modo irripetibile di affrontare la vita. Non si tratta quindi di insegnare esclusivamente nozioni e abilità tecniche. Molto dipende dal modo di parlare con lui, dagli sforzi che gli adulti fanno per vedere il mondo con i suoi occhi, dalla capacità di comunicare amore e fiducia nelle situazioni difficili, dalla relazione armoniosa che si è creata fin dal momento in cui è nato. Con uno sguardo, un sospiro, un aggettivo, una frase pronunciata in un momento sbagliato possiamo involontariamente provocare reazioni di paura, rabbia ed insicurezza. Inconsciamente, spesso è proprio il genitore a trasmettere insofferenza e sfiducia etichettando il bambino come fifone, pasticcione, bugiardo, timido, egoista…

 

Dobbiamo sempre ricordare che ogni bambino è una persona speciale. Ognuno è diverso, raggiunge le tappe e le conoscenze in momenti diversi, ha gusti e desideri diversi rispetto agli altri bambini, insomma è una persona unica con una propria personalità ed un proprio vissuto. È importante valorizzare le capacità dei figli, dar loro fiducia, rispettare le loro aspirazioni, arricchire il loro mondo affettivo e renderli così sicuri di sé.

 

Fin dai primi giorni di vita è importante che i genitori instaurino un rapporto armonioso con il proprio bambino. La pedagogia clinica offre il suo contributo attraverso tecniche corporee che vengono utilizzate nell’arco di tutta la vita. Le tecniche mirano a sviluppare nel bambino una personalità equilibrata ed un’attitudine flessibile verso sé stesso e la realtà che lo circonda. L’obiettivo è quello di offrire ai genitori un sostegno emotivo e pratico, ma soprattutto aiutarli ad instaurare una relazione di qualità con il proprio bambino. Una relazione che esprime attraverso l’ascolto, il contatto tattile, visivo e mimico, l’amore, il sostegno fisico, emotivo e spirituale. I benefici fisici delle tecniche corporee sono numerosi: sono utili nell’alleviare le coliche, nell’aiutare il bambino a dormire meglio, nel stimolare il suo appetito e nel far diminuire il pianto.

 

Le tecniche corporee danno la possibilità di instaurare una relazione intima con il proprio bambino. Si tratta di una forma sincera e spontanea di relazionarsi con l’altro attraverso il donare e il ricevere. Attraverso una serie di movimenti il pedagogista clinico favorisce l’interazione tra bambino e genitore, rafforza il legame d’attaccamento che è sostenuto da una serie di elementi e sensazioni: visivi, mimici, tattili, olfattivi. Il canale preferenziale di comunicazione con il bambino è quello tattile grazie al quale si rinforzano i sentimenti di autostima e di rispetto. Questi movimenti hanno anche la funzione di stimolare la percezione dell’organismo del bambino, di chiarirne i confini e la sua dimensione in relazione allo spazio in cui si muove. Infine, contribuiscono a far sentire il bambino a suo agio con il corpo e a sviluppare così la sua autopercezione, che si maturerà con l’esperienza del contatto e del movimento.

 

dott.ssa Martina Cirilli, pedagogista clinico,

dott.ssa Francesca Simoni, pedagogista clinico, dirigente regionale Anpec-FVG

 


In collaborazione con Help! 

 

 


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