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25 Aprile, festa sotto attacco. La memoria condivisa è sempre più messa in discussione. Seconda parte.

 |  Redazione Sconfini

Leggi (cliccando quila prima parte dell'articolo.

Il Ministro della Difesa La Russa, ha infatti affermato che "I partigiani rossi meritano rispetto, ma non possono essere celebrati come portatori di libertà". Questa affermazione, che potrebbe forse rientrare all'interno del reato di apologia del fascismo (previsto dalla legge 20/06/1952, n.645 - contenente "Norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione") in quanto viene esplicitamente affermato che il reato avviene anche quando si mettono in pratica azioni che propugnano "la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza...". Queste parole, rientrano però perfettamente nella strategia di affibiare una connotazione univocamente comunista ai partigiani in modo da far allontanare i cittadini che non hanno studiato o non ricordano la storia, dai valori della Resistenza e il motivo per cui si festeggia la Liberazione.

3. Far passare alla gente che i valori della Resistenza sono vecchi e superati. Da alcuni anni, seppur presenti in buon numero, i giovanissimi e i giovani adulti vengono ripresi poco dalle telecamere. Complice anche il fatto che le prime file sono giustamente occupate dagli ormai ottuagenari e centenari che hanno combattuto i nazifascisti, il messaggio è che questa festa è solo una rimpatriata tra vecchie glorie di una repubblica che "deve essaltere modernizzata", che "necessita delle riforme". Tra i giovani meno attenti a questi problemi, cioè la maggioranza assoluta del paese, l'appeal etico e democratico della Resistenza sarà sempre meno sentito e chi vuole riscrivere la storia, entro 10 anni (quando anche gli ultimi partigiani, la memoria viva di quegli anni, non ci saranno più), avrà mano libera.

4. Far finta di non sapere cosa sarebbe successo se la Resistenza non ci fosse stata. Altro modo per delegittimare la guerra partigiana è quello di negare i benefici che ha prodotto. Se l'Italia non si è ritrovata, al termine di una guerra che aveva voluto e perso per colpa di Mussolini, come la Germania o peggio lo si deve esclusivamente alla lotta partigiana che ha permesso all'Italia di essere trattata più benevolmente dai vincitori della guerra. Siamo nel campo delle ipotesi ma è quasi certo che il nostro Paese sarebbe stato occupato e diviso in due, come la Germania: da un lato - centro Sud - controllato dagli Alleati angloamericani e dall'altro - nord est - occupata dai comunisti - quelli veri - della Jugoslavia di Tito o addirittura dal Pcus dell'Unione Sovietica. All'Italia, come alla Germania, non sarebbe stato possibile creare un nuovo esercito e probabilmente avrebbe subito ulteriori mutilazioni di territorio: La Venezia Giulia rimasta, ovvero le province di Trieste e Gorizia, come minimo, finiva in Jugoslavia, mentre una parte del Piemonte e la Val d'Aosta forse sarebbe stata assegnata alla Francia con buona pace dei revisionisti degli anni 2000.

Quali trasformazioni in questa repubblica democratica che abbiamo fin qui conosciuto non sono al momento perfettamente intuibili. Magari l'Italia potrà rinascere ad una nuova vita ancora più democratica (ci accontenteremmo anche del livello di democrazia raggiunto una ventina d'anni fa), pluralistica e moderna. Ma se mancano le basi (la conoscenza e il rispetto dalla storia) per migliorare davvero il Paese, il timore che in realtà ciò che ci spetta sarà ben diverso cresce. Di 25 aprile in 25 aprile.


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