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Chi l'ha vista: cercasi sinistra disperatamente!

Il nostro Paese, che si definisce democratico, in realtà della democrazia (quella vera) attraverso i suoi comportamenti dimostra averne un’idea piuttosto confusa. L’affermazione non è gratuita tant’è che cerchiamo ora di dimostrarne la fondatezza.

 

Rimanendo a livello europeo, ancora oggi un significativo esempio di vera democrazia, intesa nella sua accezione più alta ovverosia come sistema politico che permette un confronto costruttivo e paritetico fra la compagine al governo e le altre al di fuori di esso, lo si trova sicuramente in Inghilterra, ove da sempre si accetta (coltivandone con perseveranza il vero senso) il concetto di dualismo quale sinonimo di una compagine al potere che viene costantemente “controllata” nel suo vissuto giornaliero dalla compagine dell’opposizione.

 

Che il sistema funzioni lo dimostra l’età plurisecolare di questo, e soprattutto la capacità dello stesso di cavalcare gli eventi socio-storici anche più traumatici, serrando sempre e comunque le file, e ritrovando ogni volta (quale araba fenice) nuova linfa e nuova vitalità. In una realtà di siffatta altissima valenza etico-socio-politica, non sono mancate, non mancano, e non mancheranno di certo nel futuro, contrapposizioni spesso molto accese, ma mai (dicesi mai) degenerate nella chiassata di piazza, nell’attacco personale al singolo soggetto politico, in un assalto all’arma bianca finalizzato platealmente a delegittimare tutto e tutti.

 

Ad ogni modo è proprio l’Inghilterra (e non solo essa) a dimostrare con i fatti come l’opposizione, se correttamente gestita e vissuta, è linfa vitale non solo e non tanto per l’ottenimento di risultati in campo socio-politico sempre e comunque impostati all’equità, ma – cosa ancora più importante – caratterizzati daalt trasparenza di intenti sì da poter avere anche la capacità di anteporre sempre e comunque gli interessi del Paese a quelli di più o meno consistenti centri di potere particolari.

 

Sin dai tempi della Costituente il nostro Paese, una volta data prova di incommensurabile saggezza e spirito lungimirante allorquando è stato capace di riunire intorno ad un tavolo tutte (dicesi proprio tutte) le variegate realtà politiche che riemergevano dalle ceneri di un nefasto conflitto mondiale, generando il testo costituzionale che ancora oggi dimostra tutta la sua intatta “freschezza” per quanto attiene l’attualità e la sempiterna validità dei principi cardine che lo contraddistinguono, bisogna ammettere che – sedutosi sugli allori – non ha saputo esprimere sul campo altrettanta concretezza e coerenza con quanto stabilito nel nostro “testo sacro” legislativo.

 

Spieghiamo meglio il nostro concetto: all’indomani della fine del conflitto mondiale il nostro Paese conosceva una realtà socio-politica caratterizzata da non più di una decina di partiti politici che concettualmente esprimevano, in una variegata alternanza di sfumature e distinguo (non sempre chiare all’elettorato), una realtà di destra, una realtà di sinistra ed una realtà meno significativa ma non per questo meno presente: quella di centro. Il centrismo invero era allora (ed è tuttora) la classica espressione politica di quel principio del dico e non dico, sono e non sono, che permette ad una nutrita schiera di politici di avere una collocazione partitica spesso non immediatamente accertabile e/o distinguialtbile. Nel tempo in effetti (ma soprattutto in quest’ultimo decennio) la nostra Nazione (o meglio la nostra compagine politica in tutta la sua variegata realtà) si è resa conto di quanto nefasto sia il fenomeno della polverizzazione politica, che sicuramente ora ha raggiunto l’apice: un apice sicuramente negativo al quale si sta (con fortune alterne) cercando di porre rimedio con “sbarramenti” più o meno consistenti.

 

La realtà delle ultime elezioni politiche ha dimostrato inequivocabilmente come la maggioranza del nostro Paese si identifichi in una compagine chiaramente di destra, senza se e senza ma, dove la definizione destra ha una sua connotazione ben precisa, tale da non prestarsi ad interpretazioni che portano a “sfumature” variegate quanto inconsistenti. Di un tanto ha preso atto tutta la compagine politica che si riconosce storicamente e culturalmente nel concetto di sinistra, che ha chiamato a raccolta i suoi sostenitori cercando di coagularne la loro essenza e la loro stessa ragion d’essere in un’unica realtà tale da potersi finalmente contrapporre con chiarezza identificativa e di intenti alla compagine di destra al governo.

 

Ed è così che, all’indomani dell’inizio del nuovo governo Berlusconi, tutto lasciava presupporre – come logico corollario – che il suo oppositore naturale sarebbe stato il partito democratico voluto, capeggiato e vissuto visceralmente dal suo capofila Walter Veltroni. Tutto il Paese plaudeva al desiderio di dialogo fra i due, non mancando addirittura alcuni segni significativi di tale propensione, ma – come purtroppo troppo spesso capita nel nostro Paese – agli entusiasmi iniziali immediatamente fanno da contraltare le prime cocenti delusioni con il contestuale ritorno alle vecchie e mai sopite “baruffe chioggiotte”.

 

Il resto è storia di questi giorni: destra e sinistra nuovamente si contrappongono inconciliabilmente, e sul vento del dissidio soffiano gli estremi delle due compagini e quel centro che si arroga da sempre (ma senza costrutto) il compito autoaffidatosi di ago della bilancia. È così che Veltroni ha “lasciato la partita” sbattendo la porta, affermando praticamente: “Basta farsi del male”. Da parte della destra si ostenta un’asettica indifferenza, ed ecco che la sinistra da sempre in cerca di una sua nuova credibile identità, annaspando nell’incertezza più totale, trova “logico” eleggere quasi “sul campo” il braccio destro di Veltroni: Dario Franceschini, il quale “coerente” con quel malinteso senso di “fare opposizione”, dimentico di tutte le “lezioni” che l’elettorato ha dato a questa sinistra, che cosa “partorisce” per prima cosa? Un rinnovo feroce ed intransigente di un’opposizione riferentesi non ai programmi, non alle proposte alternative e men che meno alla proposta di collaborazione vera e non di facciata, ma al contrario ad una trita e ritrita serie di affondi alla persona di Berlusconi, reo (termine quanto mai appropriato) di ogni nefasta realtà – nessuna esclusa – che questo Paese sta vivendo, senza domandarsi se effettivamente dette realtà siano frutto o comunque derivazione della politica Berlusconiana o non piuttosto la sgradita eredità di un sistema globalizzato che ormai planetariamente tutto investe e tutto travolge.

 

Conclusione: con Franceschini la sinistra non si rinnova né come volto fisico (Franceschini di certo non è una novità), né come volto politico. Infatti la sinistra persevera nella sua interpretazione di concetto di opposizione come sinonimo di negazione sempre e comunque da contrapporsi a qualsiasi agire del governo in carica.

 

Stando così le cose, cos’è attualmente la sinistra nel nostro Paese, qual è la sua valenza, qual è la sua ragion d’essere? La domanda la si pone ovviamente ai suoi sostenitori, ma si ha la tragica consapevolezza che proprio questi sono i primi a non saperlo. Peccato che i tempi di Don Camillo e Peppone siano ormai affidati all’immaginario collettivo, che li colloca in un ambito senza tempo permeato da un idealismo semplice ed efficace di cui oggi si sono perse senza speranza le tracce, impoverendo senza speranza eticamente il nostro Paese.

Mr. Cljmax

 


In collaborazione con Help! 

 

 


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