Perché lui pensa al bene del Paese
L'Italia affonda verso una bancarotta ormai praticamente inevitabile. E con lei, almeno dal punto di vista della quotazione in Borsa, anche le azioni del proprietario dei 314 deputati della Camera che il 14 dicembre si macchiarono della responsabilità di non far cadere il "miglior governo degli ultimi 150 anni".
Ieri doveva essere il giorno della svolta per la credibilità finanziaria internazionale del nostro Paese e invece l'unica cosa degna di nota biascicata da un premier esausto oltre che bollito da un pezzo è una sorta di "confessione" in mondovisione del conflitto d'interessi. "Nessuno nega la crisi, tutti dobbiamo lavorare per superarla. State ascoltando un imprenditore che ha tre aziende in Borsa e che quindi è nella trincea finanziaria consapevole ogni giorno di quel che accade sui mercati".
Naturalmente queste parole non le sentirete pronunciare in nessuna altra democrazia al mondo (la carica pubblica è incompatibile con la proprietà di gruppi editoriali come quelli di Berlusconi) da nessun premier. Ma d'altronde neanche Scilipoti, Stracquadanio, Dell'Utri, Cuffaro, Milanese, Papa, Bossi, Maroni e Calderoli potrebbero rappresentare nessun essere umano occidentale.
Comunque, che le cose stiano andando malissimo anche per Berlusconi lo si capisce da due cose.
- Dal fatto che ha rispolverato l'animo piazzista chiedendo in ginocchio in conferenza stampa di acquistare le azioni delle sue aziende.
- Dal grafico pubblicato dal Sole24Ore e visibile qui che riporta l'andamento dei titoli del Cavaliere negli ultimi 8 mesi: MEDIASET al -41,08%, MONDADORI -22,01%, MEDIOLANUM -15,85%.
Perché lui pensa al bene del Paese. Sempre.
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