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Riaperto il processo per la strage di via D'Amelio

 |  Redazione Sconfini

"Un amico mi ha tradito, un amico mi ha tradito". Sono queste le drammatiche parole pronunciate da Paolo Borsellino nel suo ufficio di Marsala poche settimane prima della sua morte, alla presenza di due giovani colleghi (un uomo e una donna). Queste parole, messe a verbale dalla Procura di Caltanissetta, sommate alle nuove rivelazioni di Gaspare Spatuzza, che si è recentemente autoaccusato di aver fisicamente portato l'autobomba in via D'Amelio il 19 luglio 1992, e agli inquietanti e crescenti sospetti sulla trattativa tra Stato e Mafia che coinvolgono persone "esterne" a Cosa Nostra e servizi segreti deviati, hanno contribuito in modo significativo alla riapertura ufficiale del processo sulla strage in cui perse la vita il giudice Borsellino. Tutto da rifare o quasi, insomma: ora è caccia aperta agli uomini dello Stato che avrebbero imbastito una trattativa con gli uomini di Riina (ma anche questo è un assunto che deve essere meglio verificato) ovvero politici forse, ma sicuramente personaggi dei servizi segreti. Per questo motivo il procuratore capo Sergio Lari e al suo vice Domenico Gozzo hanno chiesto una raffica di richieste ai capi dei servizi segreti, il vecchio Sisde e il vecchio Sismi, per "l'identificazione" di almeno una dozzina di agenti segreti coinvolti in "operazioni sporche" in Sicilia.

Ma è caccia aperta anche all'amico traditore di Borsellino. Dato per certo che Borsellino non aveva amici mafiosi, può trattarsi di un uomo delle istituzioni, un politico, un uomo proveniente dal mondo della Polizia, da qualche Procura o qualcuno dei servizi segreti. In ogni caso un nome, o un ruolo, destinato ad aprire nuovi scenari.

Nel frattempo saranno forse liberati esponenti di Cosa Nostra che si erano autoaccusati (obbligati da chi? Questa è un'altra delle domande cui i giudici devono dare una risposta) della strage: Vincenzo Scarantino e uomini del clan "Guadagna" per esempio. Ufficialmente è una revisione del processo, ma in realtà sembra proprio che si debba ripartire daccapo, per motivi tecnici addirittura in un'altra Procura, forse a Messina (a causa di un procuratore - Giovanni Tinebra - che aveva già presieduto a Catania, dove dovrebbe rifarsi il processo, e che è stato procuratore capo a Caltanissetta quando si avviarono le indagini sulla strage Borsellino).

Sarà classificato top secret, intanto, il famigerato "papello" che dovrebbe consegnare Massimo Ciancimino oggi ai magistrati di Palermo. Chissà se un giorno scopriremi i veri mandanti occulti delle stragi che sconvolsero la Sicilia in quella maledetta estate del 1992.


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