Skip to main content

L'Europa: unita nelle diversità

 |  Redazione Sconfini

La nostra generazione, figlia dell’Europa unita e della globalizzazione, ha bisogno più di ogni altra di essere bi-tri-quadrilingue.

In ogni ambito professionale la competenza linguistica rappresenta la conditio sine qua non per accedere al mondo del lavoro e cogliere tutte le opportunità offerte in ambito comunitario. Conoscere più lingue consente di spostarsi, alimentando così la mobilità sul mercato del lavoro, che aiuta a creare nuovi impieghi e stimola e determina la crescita degli individui e delle comunità. A tal fine, anche i programmi di studio e gli scambi interculturali per gli studenti ed i giovani europei sono numerosissimi, ad esempio i programmi Erasmus a livello universitario e per i giovani imprenditori alla prime armi, desiderosi di crescere e formarsi all’interno della cornice europea. Inoltre grazie al principio della libera circolazione di persone tra gli Stati membri e con gli accordi stabiliti dal trattato di Schengen, viaggiare è divenuto molto più semplice.
Molte barriere sono state abbattute, l’ultima è rappresentata dal multilinguismo e dalla capacità di comunicare ed esprimersi in più idiomi. Oggi più che mai, nell’ambito della multiculturalità, la competenza linguistica significa integrazione. Nella nostra Europa, in espansione e sempre più variegata, la comprensione reciproca è essenziale poiché la lingua è lo strumento principale contro la discriminazione e mezzo per lo scambio di contatti transculturali. L’Unione europea riconosce infatti, il diritto all’identità e promuove la libertà di ogni cittadino di parlare e scrivere nella propria lingua, continuando però a proseguire l’obiettivo di unità tra gli Stati membri. Come ha detto Leonard Orban, commissario europeo per le Politiche linguistiche ed il multilinguismo: “La capacità di comunicare in varie lingue costituisce un grande vantaggio per le persone, le organizzazioni e le imprese. Promuove la creatività, rompe gli stereotipi culturali, incoraggia le idee originali e può aiutare a sviluppare prodotti e servizi innovativi”.
Nell’Unione europea ci sono 23 lingue ufficiali per 27 Paesi. Esse sono in numero inferiore rispetto agli Stati membri perché la Germania e l’Austria parlano la stessa lingua, la Grecia e Cipro hanno in comune il greco ed anche Belgio e Lussemburgo condividono il francese, il tedesco e l’olandese con i loro vicini. Le prime quattro, ovvero italiano, francese, tedesco e olandese, furono le lingue utilizzate nel 1950 dalla Comunità europea del carbone e dell’acciaio, che ha rappresentato il primo passo nella formazione dell’attuale Ue.
Ogni volta che un nuovo Paese entra a far parte dell’Unione, la sua lingua nazionale diviene anche lingua ufficiale dell’Ue. La lingua madre più diffusa è il tedesco, e non l’inglese! Infatti il 18% degli abitanti dell’Ue parla il tedesco, mentre l’inglese, il francese e l’italiano sono parlati dal 12-13% circa della popolazione. L’inglese, tuttavia, è parlato dal 38% dei cittadini come prima lingua straniera, seguito a distanza dal tedesco e dal francese con il 14% e poi dallo spagnolo e dal russo al 6%. Al contrario però, solo il 34% degli irlandesi ed il 38% dei britannici sostiene di conoscere una seconda lingua ad un livello sufficiente da permettere di sostenere una normale conversazione. Comunque, qualunque sia il proprio livello, il principio fondamentale è che tutti i cittadini ed i loro rappresentanti eletti hanno gli stessi diritti ad accedere all’Ue e comunicare con le istituzioni e le autorità nella loro lingua.
Il bisogno di acquisire una competenza multilingue assoluta ed operativa nel proprio vissuto quotidiano è da considerarsi un bisogno primario nell’ambito della crescita della Comunità europea. Alcuni Paesi dell’Unione sono già ad un punto molto avanzato nella formazione linguistica sin dalla scuola primaria. I Paesi scandinavi sono leader perché il loro eccellente sistema scolastico ha puntato già da tempo sulla necessità di essere multilingue; del resto nei Paesi storici dell’Unione si è sempre puntato molto sul mantenimento della propria lingua madre come un valore indubbio da tutelare e da mantenere senza però proiettarsi in un futuro culturalmente più ricco che ci permetta un’unione reale, culturale, intellettuale e sociale. Non stupisce quindi che le migliori competenze linguistiche si trovino in Paesi relativamente piccoli o la cui lingua ha diffusione limitata al di fuori dei propri confini.
Sfortunatamente la scuola italiana non è ancora in grado di competere e fornire quella formazione d’eccellenza necessaria al perfetto apprendimento di una o più lingue straniere. Stiamo addirittura pensando di introdurre come materia di insegnamento i dialetti locali, quando è storia recente l’unificazione linguistica della nazione. Ancora oggi nel nostro Paese la gamma di lingue straniere parlate è limitata e non ci si può accontentare di una lingua franca come l’inglese, che seppur importante, non è sufficiente.
Un obiettivo ambizioso dell’Ue è costituito da “lingua madre più due”. Si tratta di un’attività continua di apprendimento linguistico esteso a tutti i livelli di istruzione, a partire proprio dalla scuola. L’insegnamento dovrebbe iniziare molto presto, con classi poco numerose, insegnanti con una formazione specifica ed un piano di studi che permetta di dedicare a tale attività un numero di ore sufficiente. Anche le nostre scuole dovrebbero cogliere e rispondere a questa sfida, offrendo la possibilità di studiare più lingue e dovrebbero altresì assumere e formare più insegnanti, ipotizzando una proficua collaborazione tra zone frontaliere. Lo scambio intereuropeo di insegnanti madrelingua per la docenza, potrebbe essere uno strumento di scambio tra gli Stati e di formazione professionale e culturale per i giovani insegnanti. Troppo spesso le lacune linguistiche sono frutto di un insegnamento di scarsa qualità e di poca pratica sul campo. Anche dai recenti servizi dei telegiornali sugli italiani in vacanza all’estero, la frase di riferimento è spesso quella di un noto film comico con Paolo Villaggio: “Io no speak English”. Insomma il gap da recuperare è grande, rimbocchiamoci le maniche, o meglio apriamo i dizionari.

foto: Ravi Sharma


Altri contenuti in Costume e società

Zucconi ignora il funzionamento di Google Adsense. In compenso è un guru in dentiere e Rolex

Nella mortificante campagna diffamatoria antigrillina che agita i culi sulle dorate poltrone dei vecchi marpioni del giornalismo (si fa per dire) italiano, la figuraccia di Vittorio Zucconi vince p...

Il "Va pensiero" delle Trote

Che la celeberrima aria del "Va pensiero" fosse diventata forzatamente e senza alcuna ragione storica o culturale l'inno della Padania è un fatto incontestabile. Forse però l'errore degli storici,...

Dizionario Italiano-Berlusconiano. Indicazioni utili per gli interpreti del G8

Il G8 è alle porte. L'interesse per il nostro Paese da parte della stampa internazionale è al massimo. Berlusconi è sempre nel centro del mirino per la sua vita privata e gli scandali che lo stanno...

La nostra vita in una tazza di caffè

Da quando l’uomo è comparso sulla terra si è posto le domande per eccellenza: chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo. E diverse sono state le strade percorse per trovare le risposte. Tra queste ...

Ignazi si nasce

Quella specie di asino scalciante giornalisti che di "mestiere", oltre a inorgoglirsi di essere un (ex?) fascista, fa il Ministro della Guerra, ha superato se possibile ancora una volta se stesso. ...