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Tradimenti: lo squilibrio perfetto

 |  Redazione Sconfini

"E dunque confessa apertamente il tuo peccato; perché il negarlo in ogni suo punto con giuramento, non potrà smuovere mai né soffocare questa certezza che mi strazia".

(Otello a Desdemona, dall'"Otello" di William Shakespeare, 1605, Atto Quinto, Seconda Scena)

 

Le statistiche lo confermano. Negli ultimi anni il numero medio dei rapporti sessuali sta progressivamente alzandosi. Si fa più sesso, quindi, ma... fuori dalla coppia.

 

Fino a relativamente pochi anni fa il tradimento non era un atto privato, che nasceva e finiva all'interno della coppia: se era la donna a tradire, si parlava addirittura di crimine. In Italia, un tradimento femminile poteva persino rendere legittimo il delitto d'onore, ovvero consentire al marito di poter "lavare nel sangue" il torto subito, attraverso l'uccisione della moglie e/o dell'amante di lei. Diversa invece era la posizione dell'uomo che, da sempre, usufruiva della possibilità di una doppia morale sociale e familiare, per cui non era importante essere fedele, ma "sembrarlo". Se poi si veniva a sapere che tradiva la moglie con una o più amanti, o con prostitute, la cosa non faceva che accrescere la sua reputazione di "maschio".

 

Oggi, invece, tradimento e infedeltà sono ormai diventati il pane quotidiano di molti giornali, e fiumi d'inchiostro sono stati già versati per spiegarci che il tradimento, oltre ad essere un bene di largo consumo, è una vera necessità biologica. Un'eredità dei nostri progenitori che rappresenta il trionfo della natura sulla cultura, dato che le avventure extraconiugali esistono anche là dove sono ancora punite con la morte.

 

Non credo, tuttavia, che l'essere umano sia comunque destinato ad essere tradito. Certamente il tradimento corrisponde ad un momento drammatico del rapporto di coppia, ossia al momento in cui uno dei due acquista l'amara consapevolezza di avere fatto affidamento sulla persona sbagliata. Come sempre, però, dietro ogni delusione si nasconde un'illusione. L'illusione precedente determina il pericoloso convincimento, talvolta un po' infantile, che possa esistere l'unione assoluta. Il tradimento del proprio compagno o della propria compagna mostra come tutto ciò che appare perfetto e che conferisce senso alle cose può, all'improvviso, avere fine. Il tradimento della coppia conduce alla conoscenza di questa realtà e quindi, in fondo, alla profonda solitudine e separatezza degli esseri umani.

 

Sono altresì in totale disaccordo con quelle teorie che considerano i tradimenti come atti "evolutivi" e "pedagogici", che aiutano il processo di crescita e di maturazione dell'individuo e della coppia. Il tradimento determina, al contrario, situazioni in cui il rapporto di coppia viene falsato e confuso. Lungi dall'aiutare, può soltanto infrangere il processo di crescita dell'individuo traditore e generare nel tradito una serie di ulteriori inganni, di rancori o di vendette che si pongono come reazione al trauma e alla sofferenza procurati dal primo tradimento.

 

Essere infedele significa inosservanza della parola data e degli impegni presi. Nella vita di coppia significa anche non conoscere i valori su cui si basa un rapporto serio e i doveri che ne derivano: fiducia, stima, sincerità, rispetto reciproco, fondamentali per una buona relazione. Purtroppo, oggi si sta facendo sempre più largo la paura dei rapporti stabili e definitivi e, in un clima di ansiosa anarchia emozionale, si tende con allarmante frequenza a considerare un valore la provvisorietà e quasi un diritto l'esercitare l'infedeltà. La fedeltà è una scelta adulta e volontaria, ma si deve essere allenati al dominio di sé, al duro lavoro quotidiano fatto di scelte, chiarimenti, sublimazioni e inevitabili mediazioni.

 

Se è vero che infedeli si nasce, fedeli si diventa anche se con molta difficoltà. Le statistiche, impietoso confronto con la realtà che ci circonda, suggeriscono infatti che circa il 70% dei maschi italiani (dati Asper) desidera tradire la propria compagna o lo ha già fatto. Secondo la stessa fonte, per l'universo femminile le percentuali sono di poco inferiori, ma con un andamento a parabola che vede il punto più basso nella seconda adolescenza (solo l'11% delle ventenni ammette tradimenti) e quello più alto intorno ai 50 anni con il 58% di scappatelle extraconiugali.

 

Ma perché si tradisce? Come suggerisce la psicoterapeuta fiorentina Roberta Giommi nel suo ultimo libro Tradire, lo si può fare "per svago, per gioco, per esercitare la seduzione, per voglia del nuovo, perché si è corteggiati, per cambiare vita, per far dispetto al partner, perché si sta cercando l'amore, perché qualcuno ha trovato il filo del nostro labirinto e ne ha penetrato i segreti mostrandoci quello che non sapevamo di essere. Si può giocare l'infedeltà o esserne travolti, viverla come antidepressivo, come antidoto contro l'invecchiamento, come risposta ad una disparità del desiderio sessuale all'interno della coppia".

 

Eccesso di erotismo e di passioni come espressione della debolezza dell'essere, quindi. Non solo. Trovo piuttosto riduttiva l'immagine del tradimento come fatto edonistico, liberatorio e catartico. Tradiscono coloro che non riescono a manifestare e a convogliare nel rapporto di coppia tutte le parti del loro essere come quelle afferenti al sesso, all'amore, alla tenerezza, all'affetto, al piacere, all'allegria e al senso della continuità; coloro che hanno bisogno di una paradossale affermazione di sé attraverso gli schemi nevrotici della compensazione; coloro che impauriti dalla prospettiva di una dipendenza psicologica o sessuale scelgono l'infedeltà per ritrovarsi, per sentirsi fedeli a se stessi; coloro che in modo immaturo e opportunistico tendono a creare quello che potremmo definire come "lo squilibrio perfetto".

 

Esiste in ognuno di noi un profondo parallelismo tra la dimensione intrapsichica e quella relazionale. Sia l'unione che il tradimento manifestano qualcosa che avviene sempre all'interno della psiche dell'individuo e che spesso diventa addirittura manifestazione di una collusione di coppia nella quale si stabilisce che ci siano un "cattivo" e un "buono", una "vittima innocente " e un "vile fedifrago". Credo, tuttavia, che chi si fa tradire faccia a sua volta qualcosa per rompere il "patto". Generalmente il tradito si veste del ruolo di vittima, trasferendo tutte le colpe e le responsabilità sull'altro, ma la mia esperienza di lavoro clinico con le coppie m'insegna che il tradimento avviene tra due persone che partecipano entrambe alla costruzione della situazione extraconiugale e che spesso il tradito "incoraggia", consciamente o inconsciamente, il fatto fraudolento, così come spesso il traditore a sua volta ne "incoraggia" la scoperta, ma attenzione, non come richiesta implicita di perdono generata dal senso di colpa bensì come desiderio di punizione, altrimenti non si spiegherebbe perché i traditori si facciano scoprire lasciando in giro tanti indizi.

 

La rivelazione al partner è ancora una volta il modo che ha il traditore per segnalare la non sopportabilità della doppiezza all'interno della propria dimensione intrapsichica. D'altra parte, la rivelazione o la scoperta del fatto potrebbe anche non nascondere la ricerca di una punizione, quanto piuttosto una vendetta nei confronti della persona tradita, mirata a evocare nel partner la sofferenza e il dolore, per scuoterlo dall'indifferenza che ha creato la "collusione" e favorito il tradimento.

 

Certo è che la verità produce quasi sempre degli effetti devastanti. Una volta scoperto il tradimento, il primo sentimento ad affiorare, spesso in modo aggressivo, è la rabbia, una rabbia furibonda, cieca e violenta generata dalla profonda ferita narcisistica che si produce e che può condurre direttamente alla rottura della coppia. Il secondo sentimento è invece il desiderio di vendetta che, pur appartenendo alla categoria dei sentimenti umani, non consente però alcuna elaborazione del tradimento. Subito dopo subentra solitamente una fase depressiva con possibili contraccolpi sull'autostima. La persona tradita può sentirsi svalutata e svuotata perché prende consapevolezza che ha subito una perdita, che non è soltanto quella della fiducia nella persona amata ma è anche la perdita della parte di sé che le aveva affidato. Se in questa fase la coppia si rompe significa che le basi su cui poggiava erano troppo fragili o false. Arrivati a questo punto, però, è sempre necessario fare una scelta: l'infedeltà può andare al servizio della coppia, per cercare di ricostruirla su basi nuove, più sane e più mature, oppure aprire definitivamente una crisi che risolve il conflitto di coppia con una separazione.

 

Resta assodato che se non si è in grado di poter maturare o capire le proprie debolezze per altre vie, lo si può sempre fare attraverso il dialogo, il confronto, una psicoterapia... senza ricorrere al tradimento. A nulla, infatti, sono valse le numerose rivoluzioni sociali, culturali o sessuali. Rispetto all'esclusività dell'affetto e della sessualità nelle coppie stabili di qualsivoglia tipologia, il tradimento si digerisce molto difficilmente.

 

L'ultima alternativa, per concludere con un po' d'ironia, la suggerisce il comico Paolo Rossi: "Negate tutto! Anche se vi trovano in evidente flagranza, negate sempre! Dite: No, questa ragazza era qui sotto la mia porta e mi ha detto: Scusi, ho la malaria, se si stende un attimo sopra di me sono sicura che guarirò!".

dott. Filippo Nicolini, psicologo

 

 

 

 

 

 

 

 


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