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Rabbia silvestre: la situazione epidemiologica

 |  Redazione Sconfini
Dall’ottobre del 2008 la rabbia è ricomparsa in Italia: il primo focolaio è apparso nel territorio del Comune di Resia (UD), a seguito dell’evolversi dell’epidemia che interessa i Paesi dell’Est limitrofi (Slovenia e Croazia). Nel corso del 2009 e l’inizio del 2010 l’epidemia si è diffusa in direzione Sud- Ovest, comprendendo il Friuli Venezia Giulia, il Veneto (in particolare la provincia di Belluno), fino ai casi più recenti riscontrati nella Provincia di autonoma di Trento. Dal 2008 ad oggi sono stati diagnosticati 211 casi di rabbia in animali, di cui 55 in Friuli Venezia Giulia, 153 in Veneto e 3 nella Provincia autonoma di Trento.


La rabbia è una malattia infettiva acuta (causata da un virus, Lyssavirus) a esito letale che colpisce il sistema nervoso centrale dei mammiferi, incluso l’uomo. È una zoonosi, cioè una malattia che dall’animale infetto può essere trasmessa anche all’uomo. I cani ed i gatti sono i principali responsabili del mantenimento dell’infezione, mentre erbivori, insettivori ed onnivori sono generalmente il punto finale della catena infettiva. La specie animale in causa dipende da alcuni fattori: abituale convivenza con l’uomo, attitudine ad assalirlo, possibilità di infliggere ferite più o meno profonde, capacità di produrre ed eliminare notevoli quantità di saliva, possibilità di attenuare o virulentare il virus. Sono descritti casi da inalazione di particelle virali in grotte frequentate da pipistrelli infetti da parte di speleologi, o casi in pazienti sottoposti a trapianto di cornea praltelevata da donatori deceduti per rabbia misconosciuta.


Non esiste una cura per la rabbia, ma solo la prevenzione, che si basa sulla vaccinazione pre-esposizione e sul trattamento antirabbico post-esposizione da effettuare nel più breve tempo possibile dopo il presunto contagio, ad esempio in caso di aggressione da parte di un animale sospetto. La vaccinazione pre-esposizione si applica a chi svolge attività professionali “a rischio specifico”, come veterinari, guardie forestali, guardie venatorie.


Come ricordato in premessa, la rabbia colpisce solo i mammiferi: selvatici (soprattutto volpi e tassi, faine, erbivori selvatici) e domestici (cani, gatti, furetti, bovini, equini e ovicaprini). Nei casi dichiarati di rabbia, prevalentemente sono stati interessati gli animali selvatici: per lo più le volpi, che rappresentano il principale serbatoio della malattia, ed alcuni caprioli e tassi. Tra gli animali domestici riscontrati postivi ci sono cani, gatti, un cavallo ed un asino.


Le autorità veterinarie nazionali e locali hanno messo in atto tutte le misure sanitarie necessarie al controllo della diffusione della malattia. Nell’Ordinanza Ministeriale del 26 novembre 2009, sono stati disposti i seguenti provvedimenti: obbligo di vaccinazione antirabbica dei cani e degli altri animali da compagnia sensibili al seguito di persone che si recano nelle zone interessate; obbligo di vaccinazione dei cani di proprietà e degli animali domestici sensibili condotti al pascolo nelle zone interessate; limitazione della circolazione dei cani, ivi inclusi quelli utilizzati nella pratica venatoria; campagne di vaccinazione orale delle volpi, mediante vaccino addizionato a specifiche esche distribuite sul territorio interessato dalla malattia e in un’ampia zona di protezione circostante; intensificazione del monitoraggio degli animali selvatici nel territorio.


Un animale con la rabbia presenta modificazioni del comportamento: l’animale selvatico perde la naturale diffidenza verso l’uomo e tende a muoversi anche nelle ore diurne; gli animali normalmente mansueti presentano fenomeni di aggressività; si possono osservare difficoltà nella deambulazione, paralisi ed infine morte. Ecco pertanto gli ammonimenti cui attenersi: evitare qualsiasi contatto con gli animali selvatici e con qualunque animale sconosciuto anche se si mostra socievole; non adottare animali selvatici come animali da compagnia; condurre il proprio cane sempre al guinzaglio o utilizzare per le altre specie l’apposito trasportino; in ogni caso, altsegnalare al veterinario eventuali cambiamenti del comportamento abituale o atteggiamenti insoliti nel proprio cane o gatto; se un animale selvatico si comporta in modo strano, è utile segnalare il fatto ai veterinari delle Aziende sanitarie locali, alla Polizia locale o provinciale oppure al Corpo forestale; se nelle zone interessate dalla rabbia è segnalata la presenza di esche che contengono il vaccino per le volpi, non rimuoverle e non toccarle.


Per vaccinare il proprio animale contro la rabbia basta recarsi presso un veterinario libero professionista o il servizio veterinario dell’Azienda sanitaria locale, avendo cura di portare con sé il libretto sanitario o il passaporto per la registrazione dell’avvenuta vaccinazione. È importante ricordare che tutti i cani devono essere identificati e regolarmente iscritti all’anagrafe canina regionale. Prima di portarlo in vacanza o presso i territori interessati da questa malattia, l’animale dev’essere vaccinato da almeno 21 giorni e da non oltre gli 11 mesi per vaccini con la validità di un anno, mentre per quelli con validità indicata di 24 o 36 mesi, si considerano rispettivamente i 23 e i 35 mesi. È importante rispettare tali periodi poiché l’animale potrebbe non essere sufficientemente protetto dall’infezione sia immediatamente dopo la vaccinazione (sviluppo della risposta immunitaria) o molto tempo dopo (perdita della risposta immunitaria).


Nel caso si venga aggrediti e morsi da un animale sensibile alla rabbia in territori a rischio, rivolgersi immediatamente al Pronto soccorso per le cure del caso e, se indicato dal medico, per il trattamento vaccinale antirabbico post contagio. È importante anche seguire attentamente alcune regole cautelative, tra le quali lavare subito la ferita per almeno 15 minuti con abbondante acqua e sapone, questo per ridurre il rischio di infezione. Inoltre, se possibile, identificare l’animale morsicatore: nel caso si tratti di un cane o di un gatto o altro animale domestico, questo verrà sottoposto a sorveglianza per 10 giorni dai Servizi Veterinari delle Aziende sanitarie locali, per verificare l’eventuale comparsa dei sintomi della malattia.

 

Ignazia Zanzi

 


Esche vaccinali: le raccomandazioni


L’esca vaccinale è di colore scuro, ha la forma di un parallelepipedo ed è distribuita allo stato di congelamento. Al suo interno l’esca ha un blister che contiene il vaccino in sospensione, ben racchiuso in una capsula immersa in una matrice composta da grasso animale e farina di pesce. Inoltre, l’esca contiene un marker, costituito da tetraciclina che si deposita nelle ossa e consente, tramite la sua ricerca, di evidenziare il grado di assunzione da parte delle volpi. Per la produzione delle esche vaccinali si utilizza il vaccino vivo attenuato.


Se si trovano delle esche vaccinali, si raccomanda di non spostarle, lasciandole nel luogo dove sono state posizionate. In caso di contatto diretto con il vaccino, si deve contattare immediatamente il medico, che deciderà se procedere con la vaccinazione post-esposizione. Se le mucose (cavità orale, naso, congiuntiva), ferite o abrasioni vengono a contatto con il liquido vaccinale, è necessario lavare la parte esposta con acqua e consultare il medico. Anche in caso di contatto con la cute, la zona interessata deve essere lavata abbondantemente con acqua e sapone.


Nel caso si rinvenissero esche nelle vicinanze delle abitazioni e soprattutto nel caso in cui animali domestici dovessero accidentalmente venire in contatto con queste, è necessario portare le esche alla sezione territoriale dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie al fine di verificarne l’integrità. Nelle strade e nei sentieri di prossimo accesso ai siti di deposizione delle esche, sono stati posizionati cartelli per informare dell’avvenuta distribuzione delle esche.

 


In collaborazione con Help!

 


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