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Papi e Gheddy un anno dopo

 |  Redazione Sconfini

Sembra passato un secolo e invece è passato solo un anno, da quando i servi di regime travestiti da commentatori e giornalisti incensavano le grandi capacità diplomatiche di Berlusconi a livello di rapporti con la Libia.

 

Ricordate? I cavalli berberi, i cerchi di fuoco, le 500 ragazze avvenenti che dovevano convertirsi all'Islam, la tenda beduina nel centro di Roma, il baciamano all'inventore del Bunga Bunga?

Due vecchi arrapati, uno con i capelli di plastica e tre chili di cerone in faccia, l'altro con gli occhiali da sole tipo rock star al tramonto e vestito come un venditore di tappeti, avevano tenuto sotto scacco l'informazione italiana per interminabili giorni.

A leccare il culo al sanguinario dittatore non erano però solo i "soliti" servi di regime (tipo quelli del Giornale che parlavano di "inizio di una nuova era", ma anche i comunisti di Repubblica parlavano di "svolta con Tripoli" e titolarono "Gheddafi leader della Libertà"). A chiedere la carità all'assassino nord africano c'erano anche la Confindustria, il solito "genio" D'Alema che ha invitato Gheddafi in pompa magna alla Fondazione Italianieuropei (ribattezzata Beduinieuropei per l'occasione), Napolitano "Da Gheddafi parole di grande moderazione sull'Africa" e tutti i tromboni dei tg di regime e del Corriere. Per non parlare del lungimirante e profondo come sempre Frattini, ministro degli esteri a sua insaputa: "Chi non capisce l'importanza di questa alleanza è prigioniero del passato. Noi guardiamo al futuro".

NOI eravamo allibiti da questa alleanza (e abbiamo le prove 1 - 2 - 3) e forse eravamo quelli che meglio guardavano al futuro.

LORO hanno iniziato a bombardarli pochi mesi dopo la promessa di "rivederci presto". E pensare che erano quelli che avevano fatto aumentare il prestigio dell'Italia all'estero.

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