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Canoni di locazione: gli aumenti ammissibili

 |  Redazione Sconfini

 Sono il conduttore di un grande foro commerciale di proprietà di una società facente capo essenzialmente ad un unico imprenditore che è anche amministratore unico di questa società. Pago regolarmente il canone d’affitto secondo gli accordi presi al momento della stipula del contratto (di 6 anni), che scadrà tra un anno e mezzo.

Facendo riferimento all’art. 32 della Legge n. 392 del 1978, il proprietario dei muri del foro commerciale mi ha chiesto un aumento extra spiegandomi che serve ad avvicinarsi al nuovo affitto mensile che andrò a pagare quando rinnoveremo il contratto (che rinnoveremo senz’altro perché la posizione e la disposizione dell’immobile è ottima per la mia attività). Una specie di avvicinamento “morbido” alla nuova rata di affitto. Lo può fare? Ho letto l’articolo citato della legge e non mi sembra chiaro. 

La risposta a questa domanda è sì, ma in pratica no. Per capire meglio la situazione ricordiamo il contenuto dell’articolo di legge correttamente segnalato dal nostro lettore. L’art. 32 della Legge 392/78 (che disciplina i contratti di locazione di immobili urbani adibiti ad uso abitativo e ad uso diverso da quello di abitazione), recentemente modificato nella forma ma non nella sostanza con la Legge 27/02/2009 n. 14, sancisce quanto segue:
«Le parti possono convenire che il canone di locazione sia aggiornato annualmente su richiesta del locatore per eventuali variazioni del potere di acquisto della valuta. Le variazioni in aumento del canone, per i contratti stipulati per durata non superiore a quella di cui all’art. 27, non possono essere superiori al 75% di quelle, accertate dall’ISTAT, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche nei contratti di locazione stagionale ed a quelli in corso al momento dell’entrata in vigore del limite di aggiornamento di cui al secondo comma del presente articolo».
La legge, quindi, è chiara. È possibile che il canone di locazione sia aggiornato annualmente su richiesta del locatore, ma questo deve comunque sempre avvenire nei limiti degli aumenti ISTAT e tenendo conto che non si deve superare il 75% dell’inflazione. Se l’inflazione ad esempio aumenta dell’1%, l’aumento del canone di locazione non può superare lo 0,75%. Consigliamo quindi al nostro lettore di fare due calcoli e vedere se l’aumento richiesto dal proprietario rientra in questi limiti. Se l’aumento è troppo alto il locatario ha diritto a non versare nulla di più di quanto finora pagato.
Ma anche se l’aumento rientra nei limiti, in soccorso del lettore giunge la sentenza n. 5349 del 5 marzo 2009 della Corte di Cassazione, sezione III. In questa importante e chiarificatrice sentenza si premette la libertà nella determinazione dei canoni delle locazioni non abitative ma si aggiunge che la libertà dell’aggiornamento prevista dall’art. 32 della Legge 392/78 e successive modifiche, che abbiamo sopra riportato, deve obbligatoriamente manifestarsi in sede di conclusione del contratto e non per effetto di nuovi accordi stipulati nel corso del rapporto. Quindi è possibile predeterminare l’importo del canone in misura variabile ma questo deve avvenire in sede di apertura del rapporto tra locatore e locatario. Ciò perché, spiega la Cassazione, la posizione del conduttore è indubbiamente più debole rispetto a quella del locatore, a causa degli oneri e delle diseconomie normalmente inerenti l’esigenza di spostare la sede dell’attività. Ovviamente viene fatto salvo l’adeguamento ISTAT, che comunque è abitudinariamente presente nei contratti di locazione.
Per tutti questi motivi consigliamo al nostro lettore di illustrare questi aggiornamenti giuridici piuttosto recenti al proprietario dell’immobile, il quale probabilmente in buona fede ha interpretato a suo vantaggio un articolo di legge che lascia spazio a dubbi interpretativi (non a caso dissolti solo in Cassazione) ma che tutelerebbe troppo poco il conduttore.

foto: Cash


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