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Reddito minimo garantito: la soluzione M5S per rilanciare l'economia

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Il cosiddetto reddito di cittadinanza, che i parlamentari 5 Stelle hanno orientato verso il "reddito minimo garantito", potrebbe essere realtà anche in Italia. PD volendo ovviamente.

Essendo nel programma del PD, infatti, quasi certamente il disegno di legge dei grillini sarà respinto dagli esponenti democratici, massimi specialisti nel rimangiarsi la parola (e calpestare programmi ed elettori).

Vediamo cos'è e come funziona la soluzione pentastellata a quello che è il più grave dei problemi italiani: la mancanza di liquidità nelle mani delle fasce più deboli della popolazione (disoccupati, laureati in cerca d'occupazione, stagisti, lavoratori costretti al part-time, parabubordinati, lavoratori a progetto, esodati) che Costituzione alla mano avrebbero merito e diritto a una vita dignitosa che invece lo Stato nega loro. Il reddito minimo, come forma evoluta di welfare esiste praticamente in tutta Europa (Francia, Germania, Gran Bretagna, Olanda, Belgio, Lussemburgo, Austria, Svezia, Danimarca dove si arriva a 1.300 euro a testa, Spagna, Portogallo, persino l'Ungheria dal 2009 e Norvegia) tranne che in Italia e Grecia. Dal 1992 l'Europa ci chiede un sostegno al reddito garantito a tutti i cittadini ma l'Italia non ne vuole sapere.

La ragione pricipale di questo assurdo blocco consiste nell'immediata perdita da parte di gran parte della classe padronale (editori, industriali, professionisti di varia risma) di una schiera di schiavi disposti a divorarsi tra di loro pur di avere un lavoro sottopagato. Risultato? Oltre il 40% di disoccupazione giovanile, record mondiale nel mondo cosiddetto sviluppato. Questa contrarietà veniva mascherata con la paura di trovarci orde di lavoratori in nero o con milioni di nullafacenti che prendono il sole in spiaggia pagati dallo Stato. Paure che hanno un fondo di verità naturalmente ma che con opportuni correttivi posso essere facilmente disinnescate.

La proposta del M5S prevede infatti un sostegno al reddito di 600 euro al mese di contributo massimo a chi non lavora ma vorrebbe lavorare e a chi pur lavorando non arriva a questa soglia. L'importo sarà calcolato in base al nucleo familiare ma viene erogato individualmente. Non c'è un limite di tempo, ma si perde il diritto al reddito minimo garantito se si rifiutano 3 lavori congrui (in base al curriculum) alle competenze del cittadino. Costo dell'operazione? 19 o 20 miliardi secondo i grillini compresi i costi di ricreazione di una macchina burocratica e amministrativa depauperata in questi ultimi anni.

Il passaggio fondamentale sarà quello di tornare a far funzionare i centri dell'impiego, che dovranno essere coordinati direttamente dal ministero del Lavoro.

Le coperture, garantiscono, le hanno trovate ma ora non sono note: probabile che si tratti di aggredire le pensioni d'oro, le spese militari, le grandi opere, i redditi altissimi, lotta all'evasione fiscale e quella alla corruzione.

Si faccia però attenzione a un dettaglio fondamentale. Questi 20 miliardi non sono un costo fine a se stesso. In larghissima parte rientrerebbe nelle casse dello stato perché dare a 10 milioni di italiani 600 euro al mese significa che quei 600 euro al mese sarebbero spesi nel mercato locale, nei negozi di arredamento, nelle riparazioni, nei piccoli lavori edili, nell'acquisto di cibo, nello svago, nell'affitto di abitazioni, nell'acquisto di capi d'abbigliamento, in ristorante ecc. con una ricaduta estremamente positiva per il Pil e soprattutto per i bilanci delle aziende italiane dentro le cui casse finirebbero gran parte di questi 20 miliardi che si trasformerebbero poi in 10/12 miliardi di imposte che sarebbero in breve retrocesse allo Stato.

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