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Il silenzio è d’oro, ma c’è qualcuno che se lo ricorda?

Non vi è dubbio che il nostro tempo sia caratterizzato da una globalizzazione dell’informazione e soprattutto da una polverizzazione della parola che ci raggiunge, ci informa e – ahimè! – ci tedia quotidianamente senza sosta da quando iniziamo la nostra giornata a quando la terminiamo.

Siffatta realtà viene indicata dai media e dai cosiddetti opinionisti, dai cultori del costume, dai sociologi (e chi più ne ha più ne metta), come una conquista dell’umanità la quale grazie ad essa dovrebbe (il condizionale è d’obbligo!) meglio conoscersi, meglio compenetrarsi, abbattere le diffidenze e vivere in serena piena consapevolezza la unicità del proprio genere.

 

Ma è veramente così? Ovviamente la verità sta nel mezzo, ridimensionando non poco ciò che teoricamente si afferma.

Non vi è dubbio che l’uomo dotandosi della parola si è garantito un’evoluzione che lo mette al vertice della catena animale, ma è pur vero che detta facoltà, oggi più che mai, grazie (ma meglio sarebbe dire a causa) della estrema raffinatezza tecnologica raggiunta dai mezzi di comunicazione, genera spesso danni maggiori dei benefici che indubbiamente determina. In buona sostanza non si può non constatare come la parola, da tramite per obiettivi nobili e condivisibili, oggi di fatto è molto più spesso vera e propria “arma” fuorviante per l’umanità intera.

 

Tutto ciò è sicuramente generato da due circostanze ben precise.

Da un lato ci sono carta stampata e televisione che, venendo meno al principio deontologico di dare informazione obiettiva e finalizzata unicamente alla conoscenza di ciò che realmente accade, optano, al contrario, diuturnamente allo scoop, a colpire allo stomaco, a fare sempre e comunque audience. Detti media per sopravvivere hanno bisogno di fare business, creando così presupposto per danaro che crea altro danaro, attraverso la figura più emblematica della società odierna in campo informativo: lo sponsor, che non è – si badi bene – necessariamente il semplice e scontato produttore di bibita gassata piuttosto che di detersivo miracoloso, bensì lobbies potenti e silenti che intessono i loro interessi in ambienti asettici e distanti dalla società reale, ma perché tali capaci di influenzare l’informazione fino al punto di crearla dal nulla arrivando alla verità virtuale.

Dall’altro, c’è la propensione socialmente trasversale di erogare consigli, massime di vita, giudizi, sentenze alla società intera, sulla base di una presunzione (tanto radicata quanto spesso infondata) di capacità personale e culturale ad un tanto.

 

Tutto ciò è sotto gli occhi di ognuno di noi, tant’è che non vi è giorno che non si debba assistere a veri e propri sermoni socio-politici da parte di cantanti, rampogne ai più alti rappresentanti della Chiesa da parte di presentatori televisivi, dotte disquisizioni di carattere etico-filosofico, da parte delle più disparate categorie, sull’essenza della politica del nostro Paese e sulle motivazioni che muovono questo a legiferare in una certa maniera piuttosto che in un’altra, su certe materie piuttosto che su altre.

 

Tutto ciò, indubbiamente, determina nell’uomo della strada (tutti noi) propenso a voler capire prima di sentire, a voler autonomamente giudicare prima di accettare supinamente, un’estrema sensazione di disagio, quasi di fastidio. Così quest’uomo inevitabilmente è indotto a fermarsi per riordinare le idee, auspicando per sé e per tutta l’umanità che lo circonda un unico grande obiettivo: la riscoperta del silenzio inteso come spazio meditativo in cui l’uomo riesce nuovamente a dialogare con il suo spirito senza condizionamenti di sorta.

 

Indubbiamente la società consumistica un tanto non lo desidera, o quantomeno non permette sia desiderato, in quanto la materialità prevarica la spiritualità, e la logica del consumo fine a sé stesso fagocita senza remore il desiderio dell’uomo di poter riflettere e ritrovare sé stesso, generando così decadenza, in quanto una società che non sappia talvolta tacere, nutrendosi al contrario del costante cicaleccio all’interno del quale ci si arroga il diritto di disquisire su tutto ed il contrario di tutto, certamente è destinata ad irreversibile involuzione ed oscurantismo.

Mr. Cljmax

 

 

 

 

 

 

 


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