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Nerone, Galba, Otone, Vitellio come Berlusconi, Monti, Letta, Renzi. Aspettando Vespasiano

 |  Redazione Sconfini

In molti pensano che Renzi, reduce da molteplici scoppole elettorali, sia già sul viale del tramonto. Altri pensano che si tratti di un nuovo Berlusconi da sorbirci per altri 20 anni prima di accorgerci di chi sia veramente.

Se è vero che la Storia spesso si ripete, seppur in toni farseschi, qualora riprendessimo il parallelismo che abbiamo ricordato pochi giorni dopo il suo insediamento con la Roma del I secolo d.C. allora potremmo tranquillamente affermare che per Renzi sia giunta l'ora di fare le valigie.

A quel tempo, si susseguirono in meno di due anni 3 imperatori romani che non passarono certo alla storia come degli illuminati valorizzatori del popolo: nell'anno 68 Nerone (Silvio Berlusconi), erroneamente ricordato solo come un piromane psicopatico, si suicidò a causa delle paranoie alimentate da alcuni cospiratori. Gli successe Servio Suplicio Galba (Mario Monti) il quale, sanguinario e spietato come pochi, fu protagonista della strage di 700 legionari/esodati sul Ponte Milvio, dopo Galba/Monti arrivò Otone (Enrico Letta), politicamente una mezza calzetta però ben introdotta nel Senato grazie alle nobili origini etrusche (vedi lo Zio Gianni e le posizioni filoandreottiane della famiglia). Il povero Otone/Letta non concluse nulla perché nel frattempo in Germania/Toscana veniva acclamato imperatore Vitellio (Matteo Renzi) un avvinazzato dedito al consumo esagerato di cibo e che fece arrivare a Roma, dopo aver sconfitto Otone che si suicidò dopo una sconfitta militare, gladiatori rozzi e stravaganti (i renziani e le renziane). Vitellio durò pochi mesi e finì umiliato, torturato ed esposto al pubblico ludibrio dall'esercito di Vespasiano.

Quest'ultimo prese in mano le redini dell'Impero, riorganizzò l'esercito, promulgò leggi molto moderne per l'epoca, rimosse membri indegni, attivò strumenti di giustizia normativa e sociale, diede pensioni minime ai consolari poveri, fece una guerra senza quartiere agli usurai, abbellì Roma con splendide opere pubbliche che ancor oggi troneggiano nel centro della Capitale tra le quali spicca il Colosseo e diede un forte impulso culturale addirittura in senso "illuminista" a tutto l'Impero.

E i segnali della fine del rozzo Vitellio/Renzi ci sono tutti: sconfitte elettorali, ricatti (niente assunzioni nella scuola se non si fa come dice lui), impreparazione nella gestione di eventi di natura geopolitica, peso risibile all'estero, numeri insufficienti al Senato per governare, leggi sbagliate (Italicum, Jobs Act) che potrebbero ritorcersi contro di lui in qualsiasi momento, numero crescente di nemici interni, ritrovata forza delle opposizioni (M5S su tutti ma addirittura il ritorno della coalizione ultraventennale Lega e Forza Italia).

Seppur fortunatamente meno cruenta, l'evoluzione della storia italiana post-berlusconiana somiglia sempre di più a quella della Roma del 68-70 d.C. Se tutta va bene Vitellio/Renzi e i suoi mercenari coatti saranno presto dimenticati (eliminati da manovre di palazzo o dalle prossime elezioni politiche) e arriverà un novello Vespasiano a rialzare il Paese.

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