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Barbiere, un mestiere senza tempo

 |  Redazione Sconfini

 

Immaginate di camminare nelle vie rumorose e trafficate della città. Improvvisamente un salto nel tempo e nello spazio. Uno scenario inedito e inaspettato vi accoglie, allontanandovi dal

chiasso e dal contemporaneo fragore cittadino. Ecco quello che accade quando si entra in una particolare barberia triestina. Barberia. Già il termine suona antico, tanto quanto il mestiere che il vocabolo indica. Un’idea nata così: se il barbiere continua da duecento anni a questa parte a compiere lo stesso lavoro grazie ai soliti attrezzi, cioè rasoio e forbici, perché non comunicare anche attraverso un contesto ambientale il sapore antico della professione?

 

Così l’ha pensata Marcello Micheluzzi quando ha concepito il progetto di Caddy Barber Shop, in via Giulia 63 a Trieste. Di fatto quando si entra in questa barberia ci si trova catapultati nella ricostruzione suggestiva e fedele di una strada americana degli anni Venti del secolo scorso. Per intenderci, uno spazio con il quale abbiamo familiarizzato guardando i film dedicati ad Al Capone, agli anni del proibizionismo statunitense. Seduta a un tavolino, la figura di un gentleman, che, seppur consapevoli della finzione, per educazione si finisce sempre per salutaltare; la vetrina di un panettiere e le finestre di un virtuale appartamento si affacciano su questo piccolo angolo di strada con tanto di lampione. Non potevano poi mancare i tipici mattoni rossi. Un richiamo all’architettura di quel periodo che ha fatto scuola nel mondo intero. Un esempio è visibile anche a Trieste il cui primo grattacielo, progettato da Antonio Berlam nel 1928 e di proprietà delle Assicurazioni Generali, si differenzia dagli altri edifici di corso Cavour grazie al colore che rimanda a quell’architettura d’oltreoceano che suggestionò non poco quella mondiale.

 

Ma tornando al nostro piccolo e inconsueto spazio di via Giulia, il contesto storico estetico viene ulteriormente sottolineato dalla scelta della musica di sottofondo, rigorosamente jazz. Immersi quindi in questo ambiente ci si può accomodare, in uno spazio separato da quello scenograficamente esterno, su poltrone che un tempo hanno ospitato i nostri nonni per fruire dello stesso servizio. Le poltrone, in pelle rossa, sono infatti originali e datano 1954 e danno ugual soddisfazione ai clienti di oggi come a quelli di ieri. Dall’ambiente si può allora prendere spunto per scoprire la storia di questa professione ormai entrata nella tradizione e nell’immaginario collettivo.

 

A raccontarcela è proprio Marcello: “In molti hanno cercato di attribuirsi la paternità dell’origine di questo mestiere, di fatto esso nasce in epoca napoleonica. L’insegna cilindrica e rotante conserva infatti tutt’oggi, e in tutto il mondo, i colori bianco rosso e blu. Negli accampamenti delle legioni di Bonaparte vi erano due tende: la prima veniva individuata grazie a un vessillo bianco e blu. Si trattava dell’infermeria dove i soldati potevano trovare chi prestava loro le prime cure. Accanto a questa vi era la tenda indicata da un’insegna rossa. Il richiamo al sangue è evidente e proprio in questa operava il chirurgo che usava lame, taglienti come rasoi. Ma non solo: anche i film western ci hanno fatto sapere che il barbiere non solo tagliava barbe e capelli ma faceva anche il dentista, la poltrona del barber shop si prestava, all’epoca, anche a questo non secondario utilizzo. Era il negozio del barbiere inoltre a essere l’unico ad avere l’acqua calda. Dalla bacinella l’acqua veniva versata nella vasca dove chi voleva poteva concedersi il lusso di un bagno caldo. L’acqua non veniva mai sprecata. Con l’aggiunta della soda essa rimaneva a disposizione per un ulteriore cliente e, per quanto torbida, era comunque un’acqua pulita e consentiva, secondo i parametri dell’epoca, di uscirne più candidi di prima”.

 

Curiosità e storia a parte, è interessante scoprire che nonostante siano trascorsi più di due secoli il mestiere è rimasto immutato, e lo conferma il proprietario del Caddy Barber Shop: “Con le forbici, con il rasoio e con il pettine da sempre si accorciano e si acconciano i capelli e si regolano barba e baffi. Certo oggi la tecnologia ci offre strumenti nuovi, elettrici, ma la sostanza non è mutata”. E oltre al fattore tempo, è suggestivo pensare che il barbiere lavora allo stesso modo in tutto il mondo. “Cambiano i gusti e le mode – evidenzia Marcello – ma di fatto il barbiere tunisino lavora esattamente come quello francese e come quello peruviano”.

 

Da queste e altre riflessioni è nata l’idea di ricreare un ambiente rétro. L’anziano fa un salto nella sua giovinezza, il giovane vede ciò che i suoi nonni hanno visto. E l’uomo di mezza età può incrociare con lo sguardo quel seggiolone alto dove, quando era piccolo, la mamma lo faceva sedere per fargli accorciare i capelli. E ci si può lasciar andare, sospesi per un attimo nel tempo che scorre ma che con benevolenza ha lasciato immutato qualcosa.

T.B.

 

 In collaborazione con Help!

 

 


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