
Borse, crollo mondiale degli indici
Quando a New York una delle più importanti banche del mondo come Lehman Brothers, forte di un prestigio straordinario e di oltre 100 anni di storia, fallisce da un giorno all'altro, creando decine di migliaia di disoccupati c'è da preoccuparsi.
Quando la Banca Centrale Europea si vede costretta ad immettere nel mercato 100 miliardi di dollari in pochi giorni c'è da preoccuparsi.
Quando il Ministero del Tesoro degli Stati Uniti acquista sulle spalle dei contribuenti i due colossi dei mutui Fannie Mae e Freddie Mac, per evitare loro un fallimento di proporzioni drammatiche c'è da preoccuparsi.
Quando in poche ore in Asia, Hong Kong segna -5,40%, Seul -6,10%, Taiwan -4,89%, Jakarta -4,53% e Bangkok -3,32%, mentre in Europa a Londra l'indice Ftse cala del 3,98% sotto i 5.000 punti, per la prima volta dalla metà del 2005 a 4.997,20 punti; Milano perde il 3,12%, Francoforte cede del 3% e Parigi il Cac 40 scende del 3,11% c'è da preoccuparsi.
Quando sembrano in bilico anche altri colosso della finanza Usa come Aig (salvata in extremis da un nuovo intevento della casa Bianca) e Goldman Sachs c'è da preoccuparsi.
Se anche il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, afferma: "E' la crisi più grave della storia a memoria di economista", c'è da preoccuparsi.
I furbetti, che evidentemente non sono patrimonio tipicamente italiano, hanno esagerato. Hanno deciso che, impacchettando per bene i loro bidoni, potevano vendere al valore come se fosse oro la spazzatura. Ma hanno fallito miseramente. E visto che di furbetti sembra ce ne siano stati parecchi in questi ultimi anni, la lunga coda della crisi dei mutui sub prime, la cui esplosione ha generato il crollo del sistema, è destinata a fare altre vittime eccellenti.
Migliaia di investitori di tutto il mondo, anche se ancora non lo sanno, hanno perso un bel po' di denaro da questo recente fallimento, perché i titoli Lehman erano tra quelli a basso rischio fino a pochissimi giorni fa e quindi erano molto gettonati tra i risparmiatori con scarsa propensione al rischio. Per gli italiani, sempre più poveri e già defratudati dal crac dei bond argentini e dal crollo della Parmalat, gli effetti dovrebbero essere abbastanza marginali, mentre anche le banche del nostro paese sembrano essere solide.
Nel frattempo, preoccupiamoci.