Tulipano pazzo
Il tulipano, il cui nome deriva dal turco “tülbent” (turbante) per la somiglianza con i lineamenti del tipico copricapo turco, è originario della Turchia e delle zone più orientali fino alle colline prospicienti la catena Himalayana. I Turchi ritenevano il tulipano come un portafortuna, tanto che si facevano ricamare il fiore negli indumenti intimi indossati durante le battaglie, nonostante la loro religione vietasse di raffigurare animali o fiori. I primi bulbi arrivarono in Occidente nel 1554, allorché Ogier Ghislain de Busbecq, ambasciatore dell’Imperatore austriaco Ferdinando I alla corte di Solimano I il Magnifico, decise di portarne alcuni a Vienna.
Da qui, negli anni successivi, il tulipano si diffuse in Inghilterra e poi in Olanda, dove in poco tempo scoppiò un’autentica tulipanomania che tutt’oggi, anche se in maniera più “moderata”, è presente; basti pensare, infatti, che l’Olanda è la patria dei bulbi con più del 90% del commercio mondiale. All’epoca il successo fu così strepitoso che il tulipano divenne oggetto di una passionale esaltazione collettiva che mise in moto, oltre al moltiplicarsi degli esperimenti per riuscire ad ottenere nuovi colori e dimensioni, un mercato dai prezzi esorbitanti; la gente era disposta a spendere cifre inverosimili pur di riuscire ad entrare in possesso di un bulbo.
Venivano continuamente battute aste e molte persone ingenue rimasero travolte dall’onda speculativa, che inghiottì non solo le classi più benestanti ma anche contadini ed operai (si scommetteva anche sui colori che sarebbero sbocciati dai bulbi); fiorai e coltivatori si riunirono in congregazioni che si scambiavano i bulbi durante la notte; perfino grandi pittori come Rembrandt e Vermeer furono colpiti dal fascino di questi fiori, tanto da raffigurarli in molte nature morte o sfondi di quadri allegorici, come simbolo del lusso e della vanità. Si pensi che nel 1633 i bulbi di tulipano erano venduti secondo l’unità di misura utilizzata dagli orafi (“aas”), e non al pezzo!
In pochi anni, però, la smisurata e gonfiata crescita raggiunse un tale limite che nel 1637 il sistema speculativo non resse e si verificò un grande crollo dei prezzi, gettando nella povertà i più sprovveduti investitori. Il tulipano, che si era preso il lusso di far ammattire mezzo mondo, rimaneva in Europa per continuare ad essere ammirato ogni anno, con l’arrivo della primavera, quando apre le sue splendide corolle per seguire la luce del sole.
Secondo una vecchia leggenda popolare, il tulipano è nato dalle gocce di sangue disperse da un giovane suicidatosi per amore e, per questo motivo, è poi diventato il fiore simbolo delle dichiarazioni d’amore. Il mondo ottomano importò in Europa l’antica usanza orientale di comunicare messaggi amorosi in un linguaggio cifrato che utilizza i fiori come simboli, anche se l’elaborazione dei significati da attribuire a ciascun fiore è frutto della cultura occidentale. A partire dall’Ottocento e fino ai primi decenni del Novecento si moltiplicarono i manuali che spiegavano quale fosse il fiore più adatto per trasmettere un qualsivoglia messaggio. Il libro più importante, che ha dato via ad un genere letterario di grande successo in Europa e negli Stati Uniti, è stato pubblicato nel 1819 a Parigi: “Le langage des fleurs” di Charlotte de Latour. Molti altri autori, poi, hanno scritto nuove versioni del linguaggio dei fiori, affinché ognuno potesse trovare il fiore giusto da accompagnare ai propri più intimi messaggi, non solo d’amore: un fiore per ogni sentimento.
Per quanto riguarda il tulipano, ecco alcuni dei significati più comuni che gli sono stati attribuiti: dichiarazione d’amore (tulipano rosso), amore senza speranza (tulipano giallo), begli occhi (tulipano screziato), modestia (tulipano violetto).
A.V.