Tecnologia e ricerca, la chiave del futuro
Bionanotecnologie, servizi di sanità avanzata, nautica da diporto, ottica e strumentazione ottica, caffè, utensileria e turismo. Ma anche riciclo, efficienza energetica, edilizia ecocompatibile, prodotti biologici e tessuti tecnologici per impiego ospedaliero e nella protezione civile: sono i settori sui quali i giovani del futuro della nostra regione dovranno puntare per cercare di assicurarsi e costruirsi un avvenire. Settori, in sostanza, dove ricerca scientifica e innovazione giocano un ruolo fondamentale.
È quanto emerso da un incontro organizzato a Trieste dall’Ucid (Unione cristiana imprenditori e dirigenti) che ha invitato Domenico Romeo, già rettore dell’Università di Trieste nonché già presidente dell’Area Science Park, e Roberto Camus, preside della facoltà di Ingegneria di Trieste, a parlare di scienza e innovazione. “Innanzitutto – ha spiegato Romeo – bisogna fare un distinguo: se per ricerca scientifica si intende scoprire cose che già esistono (tranne per quel che riguarda la sintesi di nuove molecole), la tecnologia punta all’utilizzo piuttosto che al possesso di tali conoscenze”. Ed è proprio qui che spesso i due mondi si scontrano: mentre la ricerca punta a divulgare le conoscenze attraverso le pubblicazioni, la tecnologia, spesso promossa e supportata dalle imprese, è gelosa dei risultati raggiunti. Anche se a quanto pare questi due mondi stanno finalmente e lentamente iniziando a parlarsi.
Va inoltre specificato che ci sono vari tipi di innovazione: innovazioni “radicali” di prodotto o processi produttivi (il cui fine è soddisfare nuove esigenze espresse dal mercato o di penetrare nuovi mercati); innovazioni “incrementali” o “evolutive” di prodotti o processi produttivi (per significative modifiche o miglioramenti di prodotti già commercializzati o di tecnologie già utilizzate o di processi produttivi già in atto); innovazioni “organizzative” (per il miglioramento dell’organizzazione e della gestione dei processi produttivi, dei servizi o dei rapporti con fornitori e distributori); “innovazioni di mercato” (riguardano i canali distributivi, il target di clienti o di consumatori finali cui rivolgersi). In ogni caso è importante sottolineare che l’innovazione ha come fine la creazione di valore, concetto che sostituisce quello di profitto, e che implica investimenti e progetti a lungo termine.
> DALL’IDEA AL PRODOTTO
Il passaggio dall’idea al prodotto è piuttosto semplice: a stimolare lo sviluppo delle nuove tecnologie attraverso la ricerca non sono solamente le conoscenze pregresse e i fornitori (di attrezzature, strumenti, software) o le singole imprese che finanziano il tutto, ma pure gli stessi clienti che, implicitamente, richiedono prodotti sempre nuovi. Da qui l’elaborazione di studi, la produzione di prototipi di ingegnerizzazione, la fabbricazione del prodotto venduto attraverso l’attività di marketing. Quindi il consumatore finale, che una volta acquistato il nuovo prodotto ne richiede subito uno nuovo e ancora più all’avanguardia. Insomma, un cane che si mangia la coda.
> TRIESTE CITTà DELLA SCIENZA
Da anni ormai alla nostra città è stato appiccicato l’appellativo di “città della scienza” per la presenza di numerose realtà scientifiche concentrate sul nostro territorio. Ma quante persone è capace di catalizzare questa città della scienza? “Tra Università, Sissa, Laboratorio Elettra e le altre realtà, compresi gli addetti alla ricerca e sviluppo nelle imprese, sono state stimate circa 3.500 persone, per un rapporto pari a 3,8 ricercatori ogni 1.000 persone”, ha rilevato Romeo. Da sfatare le voci che sostengono lo scarso sfruttamento dei Centri di ricerca del territorio per “fare impresa”: in base ad alcuni dati sarebbe infatti emerso come in questi anni vi sia un’elevata percentuale di imprese regionali che stanno investendo sull’innovazione nelle sue più diverse accezioni allacciando rapporti con Dipartimenti delle Università regionali o proprio con questi Centri.
Nel 2008 ben l’85% delle imprese non insediate in Area Science Park o nel Bic hanno instaurato collaborazioni con gruppi di ricerca dell’Università di Trieste. “Università – ha voluto sottolineare Camus – che deve essere considerata una risorsa preziosa non solo dal punto di vista formativo, ma soprattutto per il grande apporto che sta dando in questi anni all’innovazione. I suoi contatti con le realtà economiche e non solo ha creato negli anni importanti occasioni di spin off”. Tra le imprese triestine nate in seno all’Università e oggi indipendenti Es.Te.Co. (per il settore di software di simulazione e ottimizzazione), Lift, O3, Geonetlab, C-Energy, Genefiniti o, per quanto riguarda la promozione di realtà industriali, la Tbs, oggi divenuta realtà internazionale. “Purtroppo – ha concluso Camus – i continui tagli minacciano di mettere a rischio l’intero apparato universitario, con ripercussioni non solo di tipo qualitativo per quanto riguarda la qualità dell’offerta formativa, ma anche la varietà e, soprattutto, la ricerca”.
C.O.