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Referendum: tra pessimi testimonial, due voci da tenere in considerazione. Smuraglia e Di Matteo

 |  Redazione Sconfini

La pessima, ondivaga, contraddittoria, propagandistica, violenta, falsissima e imprecisa campagna referendaria che sta coinvolgendo gli elettori chiamati ad esprimersi sul DDL Boschi il prossimo 4 dicembre è tale perché il livello dei principali opinion leader santificati e riproposti allo sfinimento dal mainstream è grottesco.

Sul fronte del NO personaggi odiati tipo D'Alema, beceri tipo Salvini o Calderloli e impresentabili come Brunetta e Berlusconi, che pure pochi anni fa proposero una riforma costituzionale ispirata alla P2 e quindi pressoché identica al testo Boschi, nettamente bocciata soprattutto dal popolo di centrosinistra. Il quale però ora, poiché la proposta arriva dalla sua parte, sembra entusiasta di votarla. Effetti collaterali del berlusconismo che ha trasformato l'elettore informato in tifoso inebetito.

Sul fronte del Sì oltre agli scontati Renzi e Boschi, gli altri padri putativi della Riforma: Verdini, Monti, Napolitano, Fornero e altri personaggi che hanno contribuito fattivamente assieme ai precedenti alla rovinosa caduta economica dell'Italia negli ultimi quindici anni. Tutto questo lasciando fuori il re del viscidume: Benigni, uno che ha fatto i soldi (anche) decantando la Costituzione più bella del mondo e ora si rimangia tutto per qualche comparsata in tv. E senza contare la finanza globale (cercate la lettera di JP Morgan contro le Costituzioni troppo socialiste), la Troika, la Germania, Confindustria e le multinazionali.

Leggendo questi nomi, da entrambe le parti, verrebbe voglia di vomitare e dar fuoco alla scheda elettorale. Invece c'è ancora speranza di ritrovare la retta via. Basterebbe fidarsi di personaggi immacolati, integerrimi, che hanno rischiato o rischiano tutt'oggi la vita per lo Stato e il Bene Comune. Se Zagrebelski vi sembra troppo "difficile" e lontano da seguire, oltre che poco avvezzo allo strumento televisivo provate a sentire le ragioni del presidente nazionale dell'ANPI Carlo Smuraglia e il pm anti-mafia Nino Di Matteo.

Secondo Smuraglia (classe 1923), partigiano combattente 8^ armata della divisione Cremona, presidente dell'Associazione Nazionale Partigiani Italiani: "Nel nostro statuto c'è l'obiettivo la difesa della Costituzione e questa è una riforma che vuole stravolgere il suo spirito"; "del governo non ci interessiamo, nel 2006 vincemmo il referendum e Berlusconi è rimasto"; "Abbiamo perso molto tempo per una riforma fatta male"; "Il Senato è svirilizzato, con pochi componenti che non sono elettivi ed eletti non si sa come; inoltre c'è una legge che prevede che i professori universitari vadano in aspettativa se eletti mentre sindaci e consiglieri regionali farebbero il doppio mestiere, a mezzo tempo"; "Come si può incoraggiare la partecipazione aumentando da 50mila e 150mila le firme per le leggi di iniziativa popolare"; "Leggere il nuovo testo, specie dell'art. 70, fa venire il fiatone e siamo in piena crisi dell'ortografia".

Anche il pm Nino Di Matteo ci va giù pesante: "Ho giurato fedeltà alla Costituzione, non obbedienza al Governo o a persone che hanno rivestito indegnamente incarichi istituzionali"; "L'unico vero, rivoluzionario cambiamento è quello di non cambiare, ma di applicare la Costituzione"; "C'è il rischio concreto di uno sbilanciamento verso il potere esecutivo rispetto agli altri due, legislativo e giudiziario"; "Una riforma scritta da un Governo che non ha legittimazione morale per modificare la Costituzione in considerazione del fatto che la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima la legge elettorale al momento in vigore".

Perché queste due figure si ergono al di sopra di tutte quelle prima citate, anche sopra il Movimento 5 Stelle? Perché a differenza di tutti gli altri non hanno nessun vantaggio politico o personale dalla vittoria del NO, non avranno poltrone, né soldi in più, né speranze di migliorare il proprio status istituzionale. Non sono rottamabili e hanno già ampiamente dimostrato di mettere consapevolmente a rischio la loro vita per l'Italia (e la sua Costituzione).


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