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Il disastro economico del Coronavirus. I dipendenti pubblici facciano la loro parte

 |  Redazione Sconfini

Lo scoppio della pandemia da Covid19 non è certo colpa di qualcuno in particolare, sebbene con un po' di prevenzione in più e un ancor maggiore anticipo del lockdown (arrivato comunque presto) si poteva far meglio.

Le risorse però, come ben sappiamo da un trentennio, caratterizzato da una drammatica doppia spirale viziosa di sprechi e tagli alla Sanità, sono molto limitate e così il Governo si è dovuto arrangiare cercando di salvare capra e cavoli. Seppur largamente insufficienti rispetto al crollo di Pil e della produzione della ricchezza che investirà il Paese portandolo nei prossimi mesi alla più grave, profonda, inedita e storica depressione socioeconomica e finanziaria degli ultimi 75 anni, sono stati messi in campo provvedimenti veramente poderosi per limitare i danni allo scopo di evitare che scoppino guerre civili o che la malavita penetri ulteriormente nell'economia nazionale. E nonostante ciò, non è detto che l'obiettivo sarà centrato.

E' realistico pensare che la fase più restrittiva del lockdown finirà a inizio maggio, durando quindi esattamente 2 mesi. Fino a questo momento per tutti i cittadini italiani il costo psicologico è stato spaventoso, così come le limitazioni alle elementari libertà personali. Tuttavia si è giustamente scelto che debba prevalere il diritto alla salute e si è imboccata questa strada. Fin qui il peso del lockdown è stato ripartito tra tutti. Certo, non siamo propriamente nella stessa barca, perché chi ha una villa con giardino (e a breve potrà usare la piscina) non è nelle stesse condizioni della famiglia numerosa che vive in un bilocale. Diciamo che c'è chi sta sulla barca e chi sulla scialuppa di salvataggio, tuttavia questa situazione è solo una versione elevata alla potenza delle nostre vite di tutti i giorni.

C'è però un peso, quello economico, che non è stato minimamente gestito al momento se non per evitare atti violenti. In questa fase, al netto dei disoccupati e beneficiari di reddito di cittadinanza, per i quali la vita non è finanziariamente cambiata molto, si sono 3 principali modelli di lavoratore quarantenato:

1) I pensionati e i dipendenti pubblici. I primi non hanno perso nulla, mentre i secondi stanno rinunciando solo ai buoni pasto vedendosi accreditare il 100% dello stipendio anche restando a casa. Si tratta di una categoria straordinariamente avvantaggiata sul piano finanziario in questo periodo: 0 costi (shopping, ristoranti, parrucchiere, neppure la benzina per andare a lavoro), stipendio pieno, rischio nullo. Nel nostro ragionamento sono i nostri olandesi/tedeschi.

2) Il dipendente privato che è messo in cassa integrazione. Si tratta di una categoria intermedia, colpita parzialmente dal lockdown dal punto di vista economico, che ha visto scendere mediamente del 20% il proprio stipendio. Il taglio è parzialmente compensato anche qui dai minori costi. Nel nostro ragionamento sono i nostri francesi.

3) l titolari di azienda o partita iva, artigiani, professionisti, edili, piccoli imprenditori del turismo, chi lavora nei servizi del B2B e nella ristorazione, ma aggiungiamoci anche chi lavora in nero. Con i costi (tasse, affitti, bollette, commercialisti, rate di Equitalia) che vengono al massimo rimandati ma non cancellati e che anzi seguitano ad accumularsi, si sono visti obbligati a chiudere le attività e abbassare le saracinesche da un giorno all'altro. Un trauma che si somma a quelli comuni a tutti gli altri. Per loro 600 euro (non ancora accreditati) per aprile e relativi al mese di marzo e 800 euro (forse) per maggio e relativi al mese di aprile. Si tratta di una media di 700 euro in due mesi per persone che sono abituate a percepire redditi molto molto più alti ma che soprattutto dovranno usare tutti quei soldi (e altri aggiuntivi) per pagare i debiti che nel frattempo accumuleranno. Nel nostro ragionamento sono gli italiani/spagnoli. Sono quelli che di fatto lavorano per permettere il giusto e legittimo guadagno dei primi (i dipendenti pubblici), ma senza i quali questi fortunati lavoratori sono a loro volta destinati a finire in miseria in pochi mesi.

In nome della tanto decantata solidarietà che abbiamo richiesto all'Europa (e che parzialmente abbiamo ottenuto) è urgente un immediato ricorso a un principio solidaristico interitaliano.

Ad eccezione dei sanitari (e molto parzialmente di chi si occupa di sicurezza) è assolutamente necessario che tutti i 17.800.000 di pensionati e i 3.321.605 dipendenti pubblici (fonte) rinuncino in toto ai loro stipendi e vengano per 2 mesi pagati 700 euro esentasse per i mesi di maggio e giugno a partire dai membri del governo, dai parlamentari e dai politici regionali.

La spesa pensionistica ammonta a 204 miliardi di euro l'anno che, diviso per il 17,8 milioni di pensionati (fonte) significa 11.460 euro l'anno in media a pensionato (955 euro al mese). Qua la forbice tra pensioni d'oro e pensioni sotto i 750 euro (addirittura il 61%) è enorme ma in questa fase poco importa. Contano i grandi numeri.

La retribuzione media annua del vastissimo e variegato comparto del pubblico impiego nel 2017 era di 34.491 euro in 13 mensilità ovvero poco meno di 2.700 euro lordi al mese. Con questo "coronabond" in salsa italiana che stiamo prefigurando in questo nostro umile ragionamento lo Stato potrebbe risparmiare la bellezza di circa 17,82 miliardi di euro (255 euro x 2 mesi x 17.800.000 pensionati + 2000 euro x 2 mesi x 3.321.605 dipendenti) in due mesi, utilizzandoli immediatamente già a fine maggio per consentire al terzo gruppo una ripresa delle attività più rapida e protetta anche perché il fatturato impiegherà diversi mesi a tornare ai livelli pre epidemici.

E' doloroso, ci saranno veementi proteste, ma tutti sappiamo che è la soluzione più equa. Altrimenti bene fanno gli olandesi a chiuderci la porta in faccia e godersi il loro staterello off shore che si sta arricchendo con il lavoro degli altri Paesi.

 


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