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Social Card: un fiume di denaro sprecato a vantaggio di circuiti di pagamento e Poste

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La Social Card varata dal Governo in questi giorni ha diviso gli italiani.

 

C'è chi parla di una squallida beneficenza a favore di persone per bene, l'ex ceto medio i cui stipendi o pensioni non sono più sufficienti a sbarcare il lunario e che si vergognano di esibire al supermercato o alla posta quando si va a pagare la bolletta la tesserina tremontiana. C'è chi urla a una riedizione del tesserino del fascio.

Ma c'è anche chi difende il provvedimento, perché, se è vero che 40 euro al mese dati ai cittadini più bisognosi sono elemosina è anche vero che per quelle persone incidono per anche il 10% sul bilancio familiare.

Ma la cosa davvero interessante è un'altra: l'oggettivo errore (ma forse voluto) nella scelta dello strumento. La Social Card poteva essere un'idea giusta, concettualmente, ma perché i crediti non sono stati direttamente inseriti in busta paga o nelle pensioni?

I costi del salvifico rettangolo di plastica sono addirittura mostruosi e, come al solito, ad agevolarsi dell'operazione non sono i contribuenti non beneficiari, non sono i beneficiari e non è lo Stato. La Social Card è un affare colossale per il circuito di pagamento scelto dal Governo e per le Poste Italiane.

 

Facciamo un po' di conti sulla base delle dichiarazioni del Ministro Tremonti:

- Costo dell'operazione: 606 milioni di euro entro dicembre 2009

- Beneficiari 1,3 milioni di italiani.

 

Ma quanto costerà la gestione delle Social Card fino a dicembre 2009?

- 0,50 euro per la produzione del tesserino, che moltiplicato per 1,3 milioni di tesserini significa 650mila euro

- il 2% sugli acquisti fatti con la carta presso i dettaglianti, ovvero il 2% dei circa 600 milioni di euro previsti e pertanto altri 12 milioni di euro. Ipotizzando un aiuto dei commercianti si può pensare ottimisticamente di dimezzare questa cifra a 6 milioni di euro.

- Le commissioni di ricarica bimestrali (applicate dalle Poste) sono di 1 euro a ricarica. Anche ipotizzando uno sconto del 90% - come suggerisce Altroconsumo - il costo delle ricariche si aggira sugli 800mila euro l'anno.

- 0,60 euro moltiplicato 1,3 milioni di lettere inviate ai destinatari della Social Card per le spese di spedizione - e non si tengono in conto le spese di gestione da parte della pubblica amministrazione per inchiostro, carta, personale necessario - significano altri 780mila euro sempre a favore delle Poste.


Totale: più di 8 milioni di euro di spese!

Perché questi 8 milioni sono stati regalati alle Poste e ai gestori del circuito di pagamento? Perché non si sono accreditati direttamente i denari - tutti - in busta paga e sulle pensioni?
Questo della Social Card insomma ricorda tanto uno slogan lanciato pochi giorni fa dal Governo e subito caduto nel dimenticatoio per la sua inapplicabilità: lavorare meno lavorare tutti.

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