Almeno in una classifica l'Italia sale: peccato sia quella delle tasse
E' sempre difficile giudicare in modo oggettivo l'azione di un governo nazionale. Spesso le scelte politiche che vengono prese possono essere valutate in modo diverso in base alla visione ideologica che i singoli cittadini legittimamente hanno.
Solo in due casi non c'è modo di obiettare ad un giudizio sul lavoro che un governo produce: l'oggettività dei numeri e le promesse elettorali. Durante la campagna elettorale del 2008, il Pdl che sosteneva il candidato premier Silvio Berlusconi aveva elaborato un programma snello composto da 7 missioni, riassunte in 12 pagine. Andare a dimostrare i "risultati" finora raggiunti ci farebbe senz'altro rientrare in analisi a rischio interpretazione partigiana e quindi limitiamoci a sommermarci sulla missione numero 7 intitolata: FINANZA PUBBLICA.
Nel documento si legge testualmente: "Gli interventi attuativi del presente programma saranno comunque progressivamente e responsabilmente realizzati in funzione dell'andamento dell'economia e nel rispetto dei criteri di rigore nella gestione del bilancio pubblico. Non facciamo e non promettiamo miracoli. In ogni caso non metteremo le mani nelle tasche dei cittadini. Non aumenteremo dunque la pressione fiscale. Anzi ci sforzeremo di ridurla. Fermo l'obiettivo di contrasto e di recupero dell'evasione fiscale. Il nostro impegno sarà all'opposto sul lato della spesa pubblica, che ridurremo nella sua parte eccessiva, non di garanzia sociale, e perciò comprimibile. A partire dal costo della politica e dell'apparato burocratico (ad esempio delle Province inutili)".
Divertente, no? Ma non serve fare facili ironie sul "contrasto e recupero dell'evasione fiscale" oppure "riduzione della spesa pubblica" o l'abolizione delle "Provincie inutili". Sono tutti argomenti che possono essere messi in discussione. Soffermiamoci solo sulla parte scritta in grassetto: in ogni caso non metteremo le mani nelle tasche dei cittadini. Non aumenteremo dunque la pressione fiscale. Anzi ci sforzeremo di ridurla.
Se avete notato il programma elettorale è letteralmente sparito dalle tv e dai programmi di approfondimento televisivo. Ed ecco perché: proprio oggi l'Istat ha comunicato che tra i 27 Paesi dell'Unione Europea, l'Italia ha guadagnato altri due posti nella classifica dei paesi con la pressione fiscale più alta.
Nel 2008 (ai tempi di queste promesse elettorali) l'Italia era settima, alle spalle di Danimarca, Svezia, Belgio, Austria, Francia e Finlandia. Nel 2010, grazie al lungimirante Governo Berlusconi IV (che avrebbe dovuto abbassare le tasse), l'Italia si è lasciata alle spalle la Finlandia e ha agganciato la Francia al quinto posto, con una pressione fiscale del 43,2%. Ovviamente è il record assoluto, più alto anche del 1997 anno della vituperata Eurotassa (43,1%).
Naturalmente, solo per humana pietas non facciamo il paragone con i Paesi Scandinavi che ci precedono nella classifica degli stati più esosi sui livelli di welfare che riescono a garantire o sull'efficienza e trasparenza che contraddistinguono le rispettive pubbliche amministrazioni.
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