Mezzo tfr in busta paga? Ci guadagna solo Renzi (e le banche)
Dopo la diabolica mancia pre-elettorale da 80 euro, Renzi pare fiutare aria di elezioni e se ne inventa un'altra per prendere all'amo qualche altro milione di morti di fame.
"Mettiamo metà del tfr in busta paga". L'idea è così rivoluzionaria che gli stessi economisti stanno calcolando gli effetti di questa nuova mossa, che puzza tanto di ennesimo voto di scambio. Per arrotondare (sempre per eccesso ovviamente) si dice che finiranno in busta paga 100 euro in più al mese.
Serviranno a rilanciare i consumi, dicono. Come per gli 80 euro, che infatti non sono serviti a niente al punto che siamo l'unico Paese Ocse con Pil negativo per due trimestri consecutivi, in recessione tecnica perenne e con la disoccupazione giovanile che ha ampiamente sfondato il 44%.
Questi ipotetici 100 euro sono comunque già di proprietà dei lavoratori, che non li incassano per poter godere del tfr quando chiuderanno il loro rapporto lavorativo con l'azienda presso cui sono dipendenti. Quindi già far passare come un regalo del governo i 100 euro che l'azienda accantona per te per quando non sarai più produttivo è già paradossale. Naturalmente la regola varrebbe solo per i dipendenti privati. Lo Stato si guarda bene dallo scucire soldi.
E cosa significa per le aziende? Un aggravio di uscite "cash" mensili che in molti casi porterebbe alla chiusura per crisi di liquidità. Ma in fondo chi se ne frega? Un pugno di voti val bene qualche partita iva in meno, così riduciamo gli introiti per l'erario e saremo costretti ad aumentare ancora le tasse.
Inoltre verrebbero a mancare nelle già asfittiche casse dell'Inps ben 3 miliardi di euro l'anno. Ovvero: le pensioni pubbliche e quelle complementari sono a rischio. Ma in fondo chi se ne frega? Un pugno di voti val bene qualche pensionato buttato in strada perché non riesce più a pagare l'affitto. Così la domanda cala e si abbassano ulteriormente i prezzi.
Comunque, a prescindere che al momento di andare in pensione il lavoratore si ritroverebbe con metà tfr perché il resto l'ha speso, chi ci guadagna veramente?
1) Le banche: finanziando alle imprese l'anticipo renziano che certamente non accetteranno un tasso di interesse calmierato.
2) Il fisco: perché il tfr normalmente viene sottoposto a una tassazione agevolata mentre non è conosciuta l'aliquota in caso di accreditamento della metà in busta paga. Ad ogni modo, qualsiasi sia l'aliquota, il Fisco incasserà prima (e forse in più) il valore dell'imposta.
La beffa finale? Oltre che l'aumento dello scaglione di reddito c'è l'alta probabilità che molti lavoratori si ritrovino con un reddito superiore ai 26mila euro (attuale tetto massimo per avere il bonus irpef e che quindi perdano gli 80 euro "regalati" da Renzi in cambio di 100 euro già suoi.
Un capolavoro.
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